-SCONTRO TRA BORGHESIE-
PUTIN E ERDOGAN CERCANO DI INFLUENZARE MERKEL E MACRON PER CONDIZIONARE TRUMP
Giampiero Venturi, analista per “ilgiornale.it” intervistato da Sputnik il 28 ottobre, riguardo il Summit del giorno precedente a Istambul tra Putin, Erdogan, Merkel e Macron con l’intento di trovare un accordo politico comune sulla Siria e sulla sua ricostruzione, afferma che gli europei sostanzialmente non hanno mai svolto un ruolo importante nella guerra in Siria, ma che solo adesso, a guerra finita tentano di inserirsi.
Corrisponde alla nostra analisi. Vale a dire che le borghesie europee, con le loro multinazionali, banche, finanza, ecc. all’inizio del conflitto siriano, pur vedendo un vantaggio a partecipare anche a questa guerra (come a tutte del resto) hanno preferito, per svariati motivi di interesse, a rimanerne fuori o a parteciparvi solo collateralmente. Perché questa guerra civile siriana era stata fortemente voluta dall’allora Segretario agli esteri dell’Amministrazione Obama, Hillary Clinton e i governi europei se n’erano tenuti in disparte.
Poi l’entrata nel sanguinoso conflitto da parte dell’imperialismo russo di Putin, chiamato dal presidente borghese siriano Assad perché la guerra civile si stava evolvendo disastrosamente a sfavore del fronte militare di Damasco, aveva dato la svolta decisiva per la vittoria dell’esercito regolare governativo di Assad.
Alla luce dei fatti, si può dire che in Siria il vero scontro è sempre avvenuto tra le due grandi potenze, americana e russa, che militarmente hanno sempre sostenuto i due (o tre) fronti di belligeranti contrapposti. Le due grandi potenze ne hanno effettivamente determinato l’andamento, gli esiti e gli equilibri, scontrandosi o concordandone la spartizione del paese.
Adesso però che lo Stato Islamico è stato praticamente sconfitto e Putin e il presidente Assad ne vengono riconosciuti praticamente e ufficialmente come i veri vincitori della catastrofica guerra, i due presidenti hanno cominciato ad alzare la posta. Se in un primo momento del conflitto avevano accettato una certa spartizione della Siria, oggi a scontro finito Assad e Putin stanno cambiando posizione. Reclamano oggi che tutto il territorio siriano deva ritornare sotto controllo completo del governo legittimo di Damasco. E per questo si dicono anche disposti a combattere contro i curdi siriani dell’Ypg, che, sostenuti dagli americani pretendono invece com’è noto, una propria area autonoma all’interno della Siria (il progetto confederale del Rojava).
Nel gioco-scontro tra borghesie, Putin e Assad sanno perfettamente che l’Amministrazione di Washington non concederà mai il ritorno al controllo completo di Damasco su tutto il territorio siriano (com’era prima della guerra civile) e quindi neanche il controllo sui curdi siriani del Rojava sostenuti e armati dagli Usa stessi. Perciò i presidenti russo e siriano (assieme a Erdogan) usano la tattica di spingere
al massimo sul loro obbiettivo con minacce, dichiarazioni e mosse varie collaterali per ottenere il più possibile dagli americani a loro vantaggio, com’è consuetudine in queste diaspore borghesi.
Il summit di Istambul del 27 ottobre voluto da Putin e Assad con la collaborazione di Erdogan, invitando la Merkel e il presidente francese Macron come i leader più forti dell’Unione Europea, ma non invitando di proposito il presidente americano Trump, lo si può interpretare senz’altro in questa tattica-pressione di mosse collaterali. E cioè che i tre presidenti organizzatori del summit stanno cercando di influenzare Merkel e Macron con promesse allettanti sulla ricostruzione della martoriata e distrutta Siria del dopoguerra affinchè i presidenti europei a loro volta facciano pressione su Trump a favore delle richieste del governo siriano.
Però portare sulle loro posizioni sia Merkel che Macron, per Putin e Assad sarà un’impresa alquanto disperata. Perché le idee del governo tedesco, ma soprattutto quelle del governo francese sul contesto politico del dopoguerra siriano, sono molto distanti da quelle russo-siriane-turche, non solo per quello che riguarda l’integrità territoriale del paese, ma anche sul ruolo di direzione che lo stesso Assad nel paese dovrà svolgere, che considerato che qualcuno tra i governi occidentali insiste perché lasci il potere.
L’offerta che viene prospettata agli europei in cambio del loro sostegno al fronte russo-siriano-turco per la ricostruzione della Siria è allettante. Si deve pensare che nella tragedia della guerra siriana alcune fonti danno che alcune città come Raqqa siano distrutte all’80%, e che perciò in Siria mancano non solo case e palazzi, ma anche fabbriche, ospedali, scuole, ferrovie, aeroporti e quant’altro.
Il summit di Istambul sembra non abbia dato a Putin e suoi alleati gli esiti sperati. Giampiero Venturi sempre nella citata intervista a Sputnik parla del documento finale come di un risultato di “mera dichiarazione d’intenti” (cosa che anche altre fonti confermano) sottolineando le forti divergenze di posizioni rimaste tra i due schieramenti. Probabilmente sia Merkel che Macron si tengono sul vago prima di prendere decisioni sulla Siria, per non inimicarsi Trump che aggressivamente è molto attivo contro Putin e alleati.
Letto da questo punto di vista, il summit di Istambul può quindi trovare l’interpretazione da noi data.
Il presidente Trump non invitato al vertice, ma molto determinato nelle sue azioni (come dimostra essere), probabilmente non si lascerà intimidire da questo tipo di pressione orchestrata da Putin. Gli Usa sembrano ben decisi a sostenere i curdi dell’Ypg nel loro progetto confederale del Rojava, di lasciar loro una zona autonoma. Le trattative dietro le quinte perciò fervono.