L’INTERNAZIONALISMO DI LENIN IL CAPITALISMO DI STALIN: Chiarezza nella differenza tra politica comunista di Lenin e la politica capitalistica del falso social

ALLEGATO

 

LA DIFFERENZA TRA LA POLITICA RIVOLUZIONARIA DI LENIN  E QUELLA NAZIONALISTA CONTRORIVOLUZIONARIA DI STALIN E’ NOTEVOLE. PER APPROFONDIRE LA QUESTIONE PORTIAMO ALLA RIFLESSIONE DEL LETTORE QUESTO ARTICOLO DEL APRILE 2015.

 

 

Lenin:

“Comunismo possibile solo dopo rivoluzione internazionale”

“ Quando abbiamo iniziato a suo tempo la rivoluzione internazionale, lo abbiamo fatto non perché fossimo convinti di poter anticipare lo sviluppo, ma perché tutta una serie di circostanze ci spingeva ad iniziarla. Pensavamo: o la rivoluzione internazionale ci verrà in aiuto e allora la nostra vittoria sarà pienamente garantita, o  faremo il nostro modesto lavoro rivoluzionario, consapevoli che, in caso di sconfitta, avremo giovato alla causa della rivoluzione e la nostra esperienza andrà a vantaggio di altre rivoluzioni.

Era chiaro per noi, che senza l’appoggio della rivoluzione mondiale la vittoria della rivoluzione proletaria era impossibile. Già prima della rivoluzione e anche dopo di essa pensavamo:  o la rivoluzione scoppierà subito, o almeno molto presto negli altri paesi capitalistici più sviluppati, oppure, nel caso contrario, dovremo soccombere.”

                                                                              Lenin   1921  

Dal punto di vista pratico il comunismo è la società superiore. E’ una società superiore perché i prodotti non vengono più venduti, ma distribuiti tra la popolazione. In questo modo sparisce la ricerca del massimo guadagno, spariscono le classi sociali, sparisce la concorrenza, che è la causa delle crisi economiche e sociali con enormi sprechi di produzione, concorrenza che è la causa delle guerre con ancora più enorme spreco di produzione e soprattutto di vite umane.

Per arrivare a questo bisogna però necessariamente arrivare ad una rivoluzione, perché la borghesia, cioè il padronato, cioè i ricchi, assolutamente si oppongono e si opporranno allo stravolgimento del sistema capitalistico, come  è stato dimostrato nelle due esperienze di governo proletario della Comune di Parigi del 1871  e della rivoluzione bolscevica del 1917.

Dopo la  conquista del potere da parte del proletariato in una nazione, realisticamente parlando, economicamente, non è possibile passare subito  al comunismo, cioè alla distribuzione della  produzione tra la popolazione, perché il mercato nazionale di un paese, in questo caso il paese dove il  proletariato è arrivato al potere, non essendo autonomo nella produzione dei prodotti, è talmente intrecciato con le economie delle altre nazioni che obbligatoriamente deve  commerciare (comperare e vendere)  con esse e deve commerciare anche all’interno del proprio paese. 

Facciamo degli esempi: quando si costruisce un’automobile c’è bisogno del ferro per la carrozzeria, il ferro viene estratto nelle miniere dell’Australia, Brasile e Cina  e la bisogna comprarlo, c’è bisogno dei pneumatici,  i  cui maggiori  produttori sono il Giappone, la Francia e gli Usa e la bisogna comprarli, c’è bisogno del vetro per i finestrini e bisogna comperarlo,  c’è bisogno del carburante per farla viaggiare e quello lo si compera nei paesi arabi, e così via. Altro esempio: per costruire i mobili c’è bisogno del legno, il legno lo si può trovare soprattutto nei paesi nordici o in Africa o in sud America. Per costruire  un frigorifero c’è bisogno dell’acciaio, quindi bisogna comperare il ferro, ecc. ecc,  e così via per tutti i prodotti che usiamo giornalmente.

Questa è la situazione realistica in cui si viene a trovare  un proletariato quando conquista il potere.  Solo in un secondo momento, dopo una rivoluzione a livello mondiale o quasi   sarà possibile passare al comunismo.

I bolscevichi con Lenin,  avevano ben presente questo  quando nel ’17  conquistano il potere in Russia. Infatti nei vari scritti dell’epoca Lenin e i bolscevichi non parlano mai di comunismo in Russia, ma di fase transitoria, con una economia a capitalismo di stato a gestione rivoluzionaria. 

 

Lenin

“ Il nostro capitalismo di Stato si differenzia assai sostanzialmente dal capitalismo di Stato dei paesi che hanno governi borghesi, proprio perché da noi lo Stato non è rappresentato dalla borghesia, ma dal proletariato, che ha saputo conquistarsi la piena fiducia dei contadini ”

Lenin  “Lettera alla colonia russa nel nord America”  novembre 1922

 

La rivoluzione in Russia viene quindi giustamente vista dai bolscevichi come inizio, un inizio  di una rivoluzione internazionale che dovrà portare al

comunismo. Per arrivare alla rivoluzione internazionale è però necessario ricostituire l’Internazionale Comunista, in modo che anche gli altri proletariati delle altre nazioni facciano le rivoluzioni per giungere al potere e  così unire le varie economie a gestione proletaria.

L’Internazionale Comunista viene perciò prontamente costituita dai bolscevichi nel 1919.

Lenin nei suoi testi precisa che se la rivoluzione europea non arriva presto, anche la rivoluzione russa è destinata a soccombere.  

 

Questo dovuto al fatto che, da una parte ci sono  le pressioni esterne delle borghesie internazionali che fanno di tutto per far crollare l’economia russa,  impedendo di vendere  ad essa i prodotti di cui ha bisogno; dall’altra dovuto alle tensioni  e  proteste interne come conseguenza  delle grandi difficoltà economiche in cui versa la Russia rivoluzionaria per la mancanza di prodotti dovuti appunto ai boicottaggi delle altre nazioni borghesi. Senza escludere poi i continui interventi militari armati che le varie borghesie perseguono per far crollare la rivoluzione.

L   La controrivoluzione

Sarà Stalin e la sua cricca ad incarnare la controrivoluzione in Russia, poco dopo la morte di Lenin.  Attraverso lo slogan “ La costruzione del socialismo in un paese solo” verrà abbandonato il concetto di rivoluzione russa come inizio della  rivoluzione internazionale (così da arrivare alla società superiore),  per dichiarare la falsità che il “socialismo” o il “comunismo” già esiste in Russia e che bisognava rafforzarlo. Verrà abbandonato  di conseguenza l’obbiettivo primario di favorire le rivoluzioni proletarie nelle altre nazioni e lentamente verrà sciolta l’Internazionale Comunista.

Togliendo questi punti fondamentali alla politica comunista, di fatto la politica di Stalin e della sua cricca diventa apertamente borghese, in questo caso chiaramente controrivoluzionaria. Dalla gestione proletaria rivoluzionaria temporanea a capitalismo di stato  dell’economa russa di Lenin si passa alla gestione definitiva borghese a capitalismo di stato di Stalin.  In altre parole,  Stalin e suoi seguaci nascondendosi dietro lo slogan del “Socialismo in un paese solo” diventano i nuovi gestori borghesi statali dell’economia russa,  sostituendosi ai capitalisti privati nella direzione degli affari, abbandonando definitivamente l’obbiettivo  di arrivare alla società superiore.   

 

Stalin:

“Teoria del socialismo in un paese solo”

« Prima si considerava impossibile la vittoria della rivoluzione in un solo paese, perché si riteneva che per vincere la borghesia fosse necessaria l’azione comune del proletariato di tutti i paesi avanzati o almeno della maggior parte di essi. Oggi questo punto di vista non corrisponde più alla realtà. Oggi bisogna ammettere la possibilità di una tale vittoria, perché il carattere ineguale, a sbalzi, dello sviluppo dei diversi paesi capitalistici nel periodo dell’imperialismo, lo sviluppo delle catastrofiche contraddizioni interne dell’imperialismo, che generano delle guerre inevitabili, lo sviluppo del movimento rivoluzionario in tutti i paesi del mondo, tutto ciò determina non solo la possibilità, ma l’inevitabilità della vittoria del proletariato in singoli paesi.»

                                                                                                                 Stalin   1925

 

Però la mistificazione, l’imbroglio del “ socialismo in un paese solo” non può cambiare  la realtà delle cose  e cioè che nella Russia  di Stalin tutte le caratteristiche capitalistiche rimangono: il lavoro salariato, lo sfruttamento, i borghesi incarnati nei burocrati del partito finto “comunista”, la concorrenza, il commercio, le banche, gli interessi, i guadagni e non ultimo e meno importante le politiche di espansione e aggressione imperialistica staliniste (con le alleanze con il nazista Hitler prima e le alleanze con le potenze “imperialistiche” nemiche  dopo).

Molti grandi dirigenti bolscevichi, conseguenti nel proseguire sulla via internazionalista comunista (di Lenin)  perderanno la vita nel contrastare la politica controrivoluzionaria borghese di Stalin: da Zinov’ev a Kamenev, da Bucharin a Trockij.

Ma l’esperienza bolscevica e il sacrificio dei dirigenti bolscevichi antistalinisti non sono stati vani.

L’esperienza bolscevica con Lenin ha per noi un incalcolabile valore: ci ha mostrato e ci mostra la via maestra su cui ci dobbiamo dirigere e su cui dobbiamo proseguire. Il sacrificio dei dirigenti bolscevichi antistalinisti è un enorme insegnamento di come noi dobbiamo evitare che un altro Stalin sorga. 

Dobbiamo impedire che nelle nostre fila personaggi come Mao o Castro spaccino “il comunismo o socialismo in un paese solo” cioè il capitalismo di Stato borghese per società superiore cioè per il vero comunismo. Ormai l’esperienza accumulata è enorme e come comunisti scientifici abbiamo chiaro come procedere e cosa bisogna fare e cosa bisogna evitare. Adesso deve essere l’impegno  quotidiano che ci deve far giungere all’obbiettivo.

 

“Der kommunistische Kampf” – aprile  2015


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