
COSA CI RISERVA IL FUTURO
La politica estera che interna di Trump non si differenzia molto in realtà da quella precedente di Biden. Entrambi, perseguendo gli interessi delle grandi multinazionali USA nella concorrenza internazionale sono ora concentrati nel contrastare sia l’ascesa del futuro mastodontico concorrente, l’imperialismo cinese, che nel portare nella catastrofe il concorrente russo, sfruttando la guerra in Ucraina. Per raggiungere questi obbiettivi stanno consolidando, rafforzando l’alleanza militare NATO costringendo paesi europei ad aumentare le spese militari, così da creare un blocco e prepararsi alle future sfide militari, soprattutto contro l’imperialismo di Pechino.
La differenza tra Biden e Trump sta solo nel fatto che, quest’ultimo, Trump, è più radicale, più brutale, nel voler raggiungere velocemente questi obbiettivi, ma la sostanza per entrambi è uguale.
E’ proprio nella conferenza multimperialistica in Svizzera, a Davos, in gennaio, che Donald, proprio subito dopo la sua presa in carico del governo a Washington, rende noto senza mezzi termini tutti i punti cruciali della sua politica. “Aumento dazi doganali contro Cina e Russia e per tutti coloro, anche alleati, che non si sottomettono al suo diktat”; Aumento spese militari NATO al 5% del PIL per tutti i membri UE; Diminuzione al 15% delle tasse alle imprese americane per incoraggiare il ritorno della produzione in USA; Prezzo del petrolio deve scendere drasticamente; Uscita dall’accordo di Parigi sull’ecologia; Drastico taglio dei dipendenti pubblici statali; Espulsione in massa immigrati illegali; Panama e Groenlandia devono diventare territorio degli Stati Uniti.
Tutti queste affermazioni perseguono ovviamente scopi ben precisi. Pertanto è fondamentale analizzarle attentamente, per capire nel caotico mondo capitalistico cosa ci attende nel futuro.
L’AUMENTO DAZI DOGANALI per le merci cinesi importate in America mirano all’evidente scopo di frenare, isolare, mettere in difficoltà l’economia cinese. Economia in forte ascesa ed espansione, destinata a breve a diventare la prima potenza economica del pianeta, sorpassando gli USA. Sorpasso che naturalmente terrorizza l’Establishment americano, e contro cui Washington cerca di mettere in atto tutte le contromisure necessarie per ritardarne il processo. Uno scontro tipico nel perverso sistema interimperialistico, dove i capitalisti cercano di ostacolarsi a vicenda e con tutti i mezzi possibili.
L’innalzamento dei dazi a Canada e Messico hanno lo scopo, come dichiarato in campagna elettorale, di spingere i due paesi confinanti a frenare, impedire, l’accesso di immigrati illegali dai loro paesi verso gli USA. Misura simbolica, di farsa, visto che è comprovato che è impossibile controllare i lunghissimi confini che dividono i tre paesi. Ma Trump applica i dazi lo stesso, come promesso nella farsa elettorale, per tranquillizzare i suoi elettori.
L’aumento delle tasse doganali agli alleati UE persegue invece lo scopo, come noto, di far accettare ai vari governi europei le direttive militari e politiche del governo americano, qual’ora gli alleati non si sottopongano volontariamente.
Anche l’AUMENTO DELLE SPESE MILITARI NATO AL 5% del PIL è una misura in prospettiva, anticinese, non solo antirussa. Confermata anche da diversi media della borghesia. Perché il futuro scontro militare USA-UE contro l’imperialismo CINA viene dato ormai per certo. Non solo dall’analisi marxista, ma anche ormai, come detto, da alcuni media. Intatti l’eco della “svolta militare” (Zeitwende) del governo tedesco ha fatto il giro del mondo perchè la Germania che si è sempre dichiarata “pacifista” e antimilitarista ora si sta super armando. Sconcertando i benpensanti democratici tedeschi, che a questa favola del “pacifismo” e “antimilitarismo” del’imperialismo tedesco ci avevano veramente creduto.
Il PREZZO DEL PRTROLIO DEVE SCENDERE DRASTICAMENTE.

Misura chiaramente antirussa, e dichiarata apertamente da Trump. Con i proventi del guadagno della vendita del petrolio Mosca si finanzia tutto l’apparato statale e adesso anche le notevoli e costose spese militari per la guerra in Ucraina. Se questi proventi dovuti al petrolio dovessero mancare sarebbe la catastrofe per l’Establishment russo. Perché l’intento dell’intervento del governo Usa nella guerra in Ucraina è proprio questo: si è immischiato nel conflitto ucraino per mettere fuori gioco, ancora una volta, il concorrente-nemico Russia - come da sempre scriviamo. Il governo USA poteva astenersi dall’impegnarsi nel conflitto, in Ucraina Washington certamente non ha ne grossi ne diretti interessi da difendere, ma ciononostante ha deciso di intervenire. Per appunto, strategicamente (come nella 1° e 2° guerra mondiale, dove anche in Europa non aveva interessi diretti) eliminare un concorrente.

La domanda è: può Washington determinare il prezzo mondiale del petrolio? Si, certo. Il prezzo del petrolio viene deciso, in sostanza, dall’Arabia Saudita, che ne è il 2° grande produttore mondiale (dopo gli USA). Trump imponendo all’Arabia Saudita di aumentarne l’estrazione, può così farne scendere il prezzo. Ma non solo, Trump per arrivare allo scopo, sta concedendo il permesso ai magnati del petrolio americani perchè ne aumentino notevolmente l’estrazione in USA, altro elemento che contribuirà all’abbassamento del prezzo a livello mondiale.
Da notare che già Obama nel 2015 aveva usato lo strumento della riduzione drastica del prezzo del petrolio ( a 35 $ al barile) per imporre un accordo all’Iran (sostenuto da Russia) di arresto allo sviluppo del nucleare a Teheran. Pertanto, se nel prossimo futuro il petrolio crollerà, Putin e company, senza soldi, non avranno scampo: dovranno arrendersi e ritirarsi dall’Ucraina accettando le condizioni Usa.
PANAMA E GROENLANDIA devono diventare territorio USA. Altra affermazione a sorpresa di Trump. Nella brutale concorrenza interimperialista, il tycoon accusa la
Cina di espandersi troppo in Sud America, considerata dall’imperialismo americano “zona privilegiata di influenza USA”. Accusando che troppe navi cinesi attraversano attualmente il canale di PANAMA. Probabilmente lo stato del Panama non diventerà mai territorio USA, ma con queste minacce lo scopo di Trump è mettere sotto pressione il governo panamense affinché limiti il passaggio di navi cinesi nel canale.

A riguardo la GROENLANDIA l’imperialismo Cina sta mostrando negli ultimi anni un particolare interesse. Questa regione è ricchissima di “terre rare”, minerali indispensabili per l’industria informatica e la transizione ecologica. Sembra ve ne sia nel sottosuolo quantità impressionanti, e già aziende cinesi hanno provato ad insediarsi tramite filiali occidentali. Ma non solo. La Cina ha cominciato ad usare la zona artica (grazie

al disgelo per il riscaldamento globale) per il passaggio delle sue navi verso l’Europa ed il Sud America, accorciando considerevolmente le rotte di viaggio. Con l’acquisto della Groenlandia, Trump priverebbe la Cina di usufruire di questi vantaggi.
DIMINUZIONE DELLE TASSE AL 15% ALLE IMPRESE AMERICANE perché ritornino a produrre in USA. Le grandi aziende americane, come quelle europee,
giapponesi, cinesi, ecc. investono e creano nuove aziende nei paesi poveri in via di sviluppo perché in queste nazioni i costi di produzione sono notevolmente inferiori rispetto ai costi nei paesi altamente industrializzati, e i guadagni di conseguenza estremamente più alti. I salari nei paesi poveri sono notevolmente più bassi, i costi sociali sono praticamente inesistenti, le tasse sono bassissime con la possibilità di poterle evadere senza tanti problemi. Anche i prezzi delle materie prime nei paesi poveri sono molto inferiori rispetto a quelli dei paesi industrializzati. In pratica i profitti degli industriali occidentali in questi paesi sono altissimi. Pertanto è illusorio credere che un taglio delle tasse al 15% incoraggerebbe le aziende statunitensi a trasferire la loro produzione dai paesi a bassi costi agli USA. Questa è pura propaganda elettorale di Trump, senza alcuna base economica realistica.
DRASTICA RIDUZIONE DEL PERSONALE che lavora nello stato. L’idea di Trump sarebbe: riduciamo le tasse alle imprese, e per compensare questa mancanza di entrate finanziarie allo stato diminuiamo il personale statale. Molti in campagna elettorale hanno fatto queste promesse, per prendere voti, ma nessuno poi o le ha applicate oppure applicate in parte. Anche questo suona molto di propaganda, di farsa.
USCITA DAL “Green Deal”, cioè dall’accordo di Parigi sull’ambiente. Trump ha sempre considerato il denaro statale speso per finanziare il miglioramento dell’ambiente, denaro sprecato, che non serve a niente. I notevoli finanziamenti dati dagli stati per incentivare l’auto elettrica non hanno prodotto niente e anche gli alti costi per contrastare “il cambiamento climatico”non sono serviti a nulla, questo il suo parere, confermato tra l’altro anche dai dati e dalla realtà. Trump ha altre priorità, vuole usare questo denaro per gli armamenti, per battere la Cina, per sconfiggere la Russia e per il rafforzamento NATO. In pratica il Tycoon percorre
fermamente le leggi capitalistiche nel battere la concorrenza e eliminare i nemici (come spiegato bene da Marx nel suo “Capitale”).
ESPULSIONE IN MASSA DI IMMIGRATI ILLEGALI. Già il presidente Roosevelt negli anni ’50 aveva applicato questa misura, riportando un milione mezzo di immigrati in Messico. Ma a quanto pare ciò è servito a molto poco, visto che il flusso migratorio verso gli Stati Uniti non si è mai interrotto ed è sempre massicciamente proseguito. Il fenomeno migrazione è una costante inarrestabile nel controverso sistema capitalistico, dove le persone, com’è naturale, sono sempre alla ricerca di una vita migliore. E nessun governo nella storia è stato mai in grado di fermare questo processo. A rallentarlo si, ma a fermarlo no.
IN SOSTANZA, concludendo, se si osserva, NON SI NOTANO GRANDI DIFFRENZE tra le politiche di BIDEN E TRUMP. In questa nuova fase dove lo scontro tra le potenze si è notevolmente acutizzato, entrambi perseguono decisamente una rigorosa politica anti Cina, con tutti i mezzi possibili. Entrambi finanziano e sostengono risolutamente la guerra in Ucraina contro l’imperialismo Russia. Sia Trump che Biden sono per il rafforzamento militare USA-UE Nato, dove Trump addirittura ne vuole portare la quota della spesa al 5%. Anche se i media non lo hanno ampiamente riportato, anche Biden ha proseguito su una rigorosa politica contro gli immigrati, con espulsioni e così via. L’unica differenza tra i due che si può osservare è sulla politica ecologica, che nel brutale e perverso scontro tra potenze è cosa molto secondaria.
IL FUTURO è quindi chiaramente segnato: l’emergere dell’imperialismo Cina con il suo perseguire i propri interessi sul pianeta, e le potenze occidentali che lo contrastano, ha intensificato e segnerà sempre più lo scontro interimperialista. Questo è fisso. I segnali non mancano: l’aumento delle spese militari, l’intensificazioni delle guerre locali, e l’aumento dei dazi doganali lo stanno risolutamente a comprovare. Detto in altre parole: Signori l’epoca della “pace” sta finendo o è già finita.
Tutte conferme del marxismo, di Marx nel “Capitale” e di Lenin nel “Imperialismo”.
A i marxisti il compito di chiarire e organizzarsi per il momento rivoluzionario.