
I capitalisti lottano non solo contro le masse lavorative, ma anche aspramente tra di loro, arrivando fino alle guerre.
TARIFFE CONTRO PIÙ DI 150 PAESI. Trump pretende che le aziende di tutto il mondo che esportano e vendono prodotti negli Stati Uniti trasferiscano la loro produzione e le loro attività negli Stati Uniti - in altre parole, che producano direttamente sul suolo americano.
Ma come vuole costringerle a farlo?

Imponendo tariffe molto alte sulle merci vendute negli Stati Uniti - questa è la sua idea.
In questo modo le aziende avrebbero interesse a produrre direttamente negli Stati Uniti. Secondo il programma del suo governo, esse beneficerebbero anche di una riduzione dell'imposta sulle società al 15%, mentre la popolazione pagherebbe il 45-50%.
REAZIONI DELLE NAZIONI. Allo shock conseguito all’imposizione degli alti dazi, i vari governi hanno reagito con il programmare a loro volta l’innalzamento dei dazi alle merci americane importate nei loro paesi, essendo che anche le aziende statunitensi esportano e vendono i loro prodotti in tutto il mondo. Ma naturalmente prima di passare alle drastiche misure, com’è prassi nel mondo degli affari, i vari governi hanno richiesto all’Ammin. USA di contrattare, per capire quali altre soluzioni possono essere possibili. Con grande soddisfazione ed enfasi dello stesso Trump.
REAZIONE CINA. Solo l’imperialismo Cina non ha chiesto alcun incontro all’Ammin. Trump per una eventuale trattativa, passando subito e drasticamente alle contromisure, innalzando i dazi sui prodotti importati dall’America. E qui con grande disappunto e rabbia dello stesso Trump, che subito ha ulteriormente aumentato i dazi contro la Cina prima al 125% e poi al 145. Provocando la controreazione cinese che non si è fatta attendere, che a sua volta ha innalzato i dazi al 124%.
In pratica il governo cinese non ha accettato di piegarsi al diktat americano, come invece tutti i paesi europei e Giappone e tutti gli altri hanno fatto.

Ma non solo, l’imperialismo di Pechino ha inasprito il conflitto contro gli USA con misure di portata ancora maggiore. Ha venduto sul mercato internazionale una quota consistente di titoli di debito Statale Usa, creando una improvvisa svalutazione del dollaro di quasi il 4% in pochi giorni. Ma non solo, ha poi fermato la vendita, sempre a livello mondiale, delle “terre rare” di cui Pechino ne detiene il monopolio internazionale, e in seguito ha anche stoppato la consegna degli aerei Boeing già orinati negli USA in precedenza.
Reazioni molto dure e pesanti, ma significative da parte cinese, con conseguenze che possono essere del tutto imprevedibili e forse anche catastrofiche.
SVALUTAZIONE DEL DOLLARO. Fortissima è stata lo shock all’interno del mondo affaristico USA per questa conseguenza.
Gli Stati Uniti sono un paese fortemente imperialistico. Significa che ha un fortissimo settore industriale intrecciato ad un altrettanto fortissimo settore finanziario/bancario che operano a livello mondiale (vedere Lenin: “Imperialismo fase suprema del capitalismo”) con una moneta, il “dollaro” impiegato in tutte le transazioni internazionali. Una svalutazione forte del dollaro si trasformerebbe in un disastro per la potente finanza americana.

Se l’introduzione dei dazi alle merci importate può favorire il settore industriale, e in certi settori anche molto, la svalutazione del dollaro causa nel settore finanziario - banche, borsa, multinazionali, ecc. - che hanno affari in tutto il mondo, il panico. Per le quali quindi ciò è assolutamente intollerabile. E’ ovviamente reagiscono.
Devono reagire contro il proprio governo che ha provocato lo scompenso. La minaccia di dimissione del ministro del tesoro Bessent subito dopo il crollo delle borse e conseguente deprezzamento del dollaro, (nell’Ammin. Trump Scott Bessent rappresenta la potente finanza americana, mentre il consigliere di Trump Peter Navarro viene

citato come rappresentante degli interessi dell’enorme settore industriale) è stata la reazione plateale, il segnale della contrarietà della potente finanza americana alla manovra Trump. Costringendolo a sospendere immediatamente i dazi contro tutti i paesi del mondo, escluso la Cina.
Sicuramente Trump prima di intraprendere un tale shoccante iniziativa di così enorme portata aveva consultato e presentato il tutto alla grande industria e finanza, proponendola sicuramente come una cosa facile, certamente con qualche contraccolpo, ma niente di così drammatico, con alla fine grossi vantaggi per gli USA (“Make America great again”) di cui non c’era da preoccuparsi. Ricevendone l’approvazione.

Ma l’inaspettata reazione cinese ha rimescolato le carte. Sta creando enormi problemi in USA evidentemente non previsti, per cui la sospensione per 3 mesi dei dazi, aspettando l’evolversi della situazione. (confermando il noto detto: “Si sa come una guerra comincia, ma nessuna sa come finisce!” e questo vale non solo per le guerre militari, ma anche economiche e commerciali).
INTERDIPENDENZA. Al momento è difficile, impossibile, capire gli sviluppi, se l’imposizione USA dei dazi porterà così grandi vantaggi all’industria americana come Trump afferma (e spera), poiché anche l’industria americana è grande esportatrice di quantità enormi di prodotti, e se i dazi di Trump favoriscono alcune aziende americane all’interno del territorio USA, i dazi di ritorsione degli altri paesi andranno a penalizzare le industrie americane che esportano prodotti in tutto il mondo. Per cui è difficile ora fare una valutazione per capire come le enormi multinazionali penalizzate reagiranno contro il governo.

Non è da escludere che l’intera vicenda si possa trasformare in un boomerang, un flop per Trump.
Secondo poi il “Wall Street Journal” del 16 aprile, “Trump “nella trattativa con i vari governo intenderebbe usare la riduzione dei dazi per isolare la Cina,”. La partita perciò è tutta aperta.
IL CONTROPOLO CINA. L’inaspettata ferma e decisa posizione cinese provocando la svalutazione del dollaro e lo stop alla vendita mondiale delle “terre rare” e lo stop alle consegne Boeing, e chissà quante altre, pone l’imperialismo Cina sulla scena internazionale come contropolo chiaro e netto all’imperialismo USA. Senza possibilità di ritorno.

In pratica il mondo si sta delineando ancora una volta in due blocchi: se ieri era USA contro Unione Sovietica, oggi troviamo da una parte sempre gli USA più nazioni secondarie Europa e Giappone, dall’altra Cina, con nazioni secondarie come Russia, Iran, Venezuela. Con in mezzo paesi enormi come India e Brasile in via di sviluppo, che ancora non hanno peso politico internazionale e non si schierano apertamente con nessuno.
FUTURO DELINEATO. La concorrenza tra i due potenti blocchi segnerà perciò il futuro. Senza alcun dubbio. Sia economicamente, che finanziariamente, ma anche militarmente.
In tutto questo ciò che manca è la voce del movimento proletario. Mancano le organizzazioni rivoluzionarie come soggetto che possono metter fine a tutto questo caos e futuri disastri.
E’ su questo che i marxisti si devono concentrare: ESPANDERE LE ORGANIZZAZIONI RIVOLUZIONARIE. E NON PERDERE TEMPO.
Claudio Piccoli