ARTICOLI DI POLITICA, ATTUALITA'

DEL PROSSIMO GIORNALE

 

 

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      16 novembre 2024 

ALLA RIFLESSIONE DEI COMPAGNI - LOTTA COMUNISTA VISTA DA BERLINO

LA SFIDA DIVENTA EUROPEA !

LOTTA COMUNISTA E IL “DECENNIO CRUCIALE”

LE NAZIONI SI ARMANO,

LA CRISI CATASTROFICA E CON ESSA IL MOMENTO RIVOLUZIONARIO SI AVVICINA!

SOLO LOTTA COMUNISTA E’ FERMA SULLE SUE RIGIDITA'. 

 

 

Per i marxisti è imperativo che se negli appuntamenti catastrofici rivoluzionari le organizzazioni rivoluzionarie non sono sufficientemente estese le rivoluzioni non avvengono.

In questa prospettiva non solo l’analisi e la strategia devono essere corrette, ma anche le tattiche svolgono un ruolo fondamentale per rendere possibile la strategia.  

Essere rivoluzionari significa non essere rigidi ne fissarsi su sistemi tattici, ma osservatori, riflessivi, elastici, interpretare e capire bene le diverse situazioni e problemi per non sbagliare, e poi risolverli. E saper riconoscere e ammettere i propri errori quando è necessario.  “Fermi sui principi, ma massima elasticità sulla tattica” tuona una nota citazione rivoluzionaria. Esatto.

LE DIVERSE TATTICHE GIUSTE.  Le rigidità tattiche non hanno mai aiutato i rivoluzionari, ne sanno qualcosa Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht che hanno pagato con la sconfitta e poi con la vita le loro valutazioni sbagliate. Ne sanno qualcosa Amedeo Bordiga, Onorato Damen, Anton Pannekoek  (Olanda) e Paul Mattick (Germania) ( la famosa “Sinistra Comunista”) che hanno visto, causa le loro rigidità tattiche, le loro organizzazioni sparire.

Per cui oltre all’analisi anche la tattica corretta è fondamentale per sviluppare un partito.

Ce lo hanno dimostrato prima Marx ed Engels con le loro “Lega dei Comunisti”,  “L’Associazione Internazionale dei Lavoratori” (1° Internazionale) e i loro “Socialdemocratici rivoluzionari tedeschi”, e poi Lenin con i suoi “Bolscevichi”, la “Rivoluzione d’Ottobre” e la “3° Internazionale”. Tutti contesti diversi, dove i grandi rivoluzionari hanno saputo cogliere con elasticità le diverse opportunità, usare gli strumenti adatti, capire nel profondo le situazioni.

LA SFIDA EUROPEA.

Adesso tocca a noi, siamo noi in campo.

Esiste Lotta Comunista molto diffusa in Italia. Ma la sfida è ora europea. E urgente.

Le nazioni capitaliste di tutto il mondo si stanno velocemente armando, prefigurando il prossimo scontro interimperialistico. Abbiamo però ancora tempo prima che la catastrofe travolga tutti e tutto e ci trovi impreparati.

Siamo marxisti e quindi sappiamo che con la catastrofe arriva anche il momento rivoluzionario. Ed è a noi anche chiaro che le rivoluzioni sono possibili solo se nelle nazioni i partiti rivoluzionari sono sufficientemente sviluppati per raccogliere l’insoddisfazione e la disperazione delle masse per guidarle alle rivoluzioni.

La realtà ci dice che in Europa mancano i partiti rivoluzionari, quindi dobbiamo fare tutti gli sforzi possibili necessari per installarli.

Per far questo, proprio come insegnano Marx ed Engels e poi Lenin, bisogna saper valutare attentamente le diverse situazioni, mentalità, esperienze, psicologie, e inserirsi con gli strumenti giusti, adatti per agire con efficacia e successo. Solo in questo modo senza rigidità e preconcetti è possibile espandersi. Altrimenti si resta al palo.

LOTTA COMUNISTA è l’unica organizzazione che ha le capacità, la forza, il potenziale per espandere i partiti rivoluzionari in tutta Europa. Ci sta provando, ma non ci riesce.

I circoli europei che si collegano ad essa sono minuscoli circoli occasionali, espressione di una grande organizzazione installata in una nazione, sorti per caso da attivisti stranieri che occasionalmente si sono formati politicamente in Italia. Non sono il frutto di una precisa politica estera di espansione di Lotta Comunista. Il circolo di Atene in Grecia per esempio esiste da diversi decenni (se non ricordo male, se ne parlava alla fine degli anni ’80) così come il circolo di Parigi esiste da parecchio (forse dalla metà anni ‘90?), circoli che rimangono sempre minuscoli. Uguale la situazione  degli altri circoli.

E’ questo il FONDAMENTALE ASPETTO su cui bisogna riflettere e non ignorare: i circoli esteri rimangono sempre MINUSCOLI CIRCOLI.

Forse non tutti sanno che qualche tempo fa degli attivisti di due diversi circoli esteri di Lotta  si sono messi in contatto con me. Si lamentavano non poco perché da loro “le cose non vanno bene” e chiedevano come facciamo noi a Berlino. Ho dato loro le risposte e gli ho mandato il materiale che mi chiedevano. Mi hanno chiesto vivamente di non citare i loro circoli. Dopo di che non li ho più sentiti. Non so se chi mi ha contattato l’ha fatto a nome suo personale o del circolo. La cosa però che li ha particolarmente irretiti è stato quando ho detto che in Italia ufficialmente viene detto che da loro “le cose vanno molto bene”.

IL CIRCOLO DI BERLINO.

E poi c’è il Circolo di Berlino di LC, dove noi leninisti di “Der kommunistische Kampf” operiamo e direttamente in prima persona possiamo vedere, constatare cosa succede. Dove le cose per LC proprio “non vanno bene”.   

Qui Lotta Comunista in tutti questi anni non ha conquistato nemmeno uno (1) di studenti, nonostante arrivino e si succedono uno dopo l’altro gruppi di attivisti mandati dall’Italia. Con il ripetersi sempre delle stesse situazioni dove i ragazzi all’inizio sono entusiasti, per poi non trovando riscontro e adesione delusi abbandonano.

PARTECIPAZIONE DI CURIOSI.

Pastorino nei suoi resoconti annuali regolarmente scrive sul giornale che all’estero i giovani numerosi si rivolgono ai circoli di Lotta Comunista. Così sul giornale di luglio-agosto 2024: “ La nostra riflessione è un’altra: se è stata possibile allora quell’adesione al marxismo, perché non dovrebbe essere possibile oggi, con studenti di Israele o di qualsiasi altra nazionalità? E’ un fenomeno già in corso nelle grandi università europee, da Roma a Parigi, da Milano a Londra a Berlino” (R. Pastorino “Un decennio cruciale”).

Che ci siano giovani che visitino i circoli esteri di LC è indiscutibile. Riguardante la partecipazione però bisogna distinguere una cosa fondamentale: questi giovani 

sono dei curiosi occasionali o sono attivisti? Perché se sono solo dei curiosi occasionali (e in qualche occasione possono anche essere parecchi) ovviamente non rimangono, spariscono subito, non contribuiscono allo sviluppo del partito. Curiosi che in verità visitano un po’ tutte le organizzazioni politiche.

Ed ecco la realtà: “Tutto sommato gira un po’ di gente, il problema è che nessuno rimane” diceva con sincerità una ragazza attivista di uno dei gruppetti succedutosi qui a Berlino.  Anche chi ci ha contattato dai due circoli esteri di LC (come sopra riportato) lamentava un’affluenza di curiosi occasionali, dove nessuno rimane.

Quindi PARTECIPANTI SOLO CURIOSI. Questo l’aspetto cruciale su cui riflettere, che non si può ignorare. Motivo per cui i circoli esteri di LC nei decenni non si sviluppano, rimangono sempre dei minuscoli gruppi.  E spiega  anche il fatto che qui a Berlino LC con il suo metodo non abbia conquistato nemmeno uno (1) di studenti,

La crescita di un partito si misura CON GLI ATTIVISTI, non con la partecipazione di curiosi. A noi questo sembra logico.    

Ritornando all’articolo Pastorino scrive: “La nostra riflessione è un'altra, se è stata possibile allora quell’adesione al marxismo, perché non dovrebbe essere possibile oggi, con studenti di Israele o di qualsiasi altra nazionalità?”  No, non è “possibile”, non funziona così. Le “adesioni al marxismo” non avvengono automaticamente o meccanicamente, ma gli attivisti bisogna saperseli andar a prendere, con gli strumenti idonei, le psicologie e mentalità giuste. Da aggiungere che se poi qualcuno si aspetta che gli attivisti possano venire  “spontaneamente dall’estero” perché Lott. Com. è un grande partito in Italia, è bene che si sappia che Lott. Com. in Europa è totalmente sconosciuta, in quanto i media della borghesia assolutamente non ne parlano. Nessuno sa niente di LC. Questa è la realtà su cui bisogna riflettere, muoversi per svilupparsi.

E che l’espansione di Lotta Comunista sia  “ …  un fenomeno già in corso nelle grandi università europee, da Roma a Parigi, da Milano a Londra a Berlino” (ibidem) riguardante l’estero, per Berlino come abbiamo visto non esiste, e per gli altri circoli le nostre fonti ci dicono, alcune sopra riportate, che questo non corrisponde. Se così fosse, e cioè che l’espansione è “un fenomeno già in corso nelle grandi università europee” nei decenni i circoli esteri di LC sarebbero ora degli enormi circoli, con più circoli nelle capitali europee e altri sparsi per le nazioni.

IL METODO TATTICO SBAGLIATO.

E’ appunto, come da sempre ribadito, il METODO DI IMPORRE STRUMENTI, MEZZI TATTICI USATI IN ITALIA, CHE ALL’ESTERO NON SONO IDONEI, NON GIUSTI, NON CORRISPONDENTI ALLE ESIGENZE DI MENTALITA’ POLITICHE DELLE PERSONE NELLE DIVERSE NAZIONI. Strumenti che nelle diverse nazioni possono essere malvisti o addirittura ripudiati. E’ chiaro purtroppo che Lotta Comunista questo non l’ha ancora afferrato, e non si capisce come mai si ostini a voler a tutti i costi imporre il “metodo italiano” non funzionante, esistendo altri sistemi idonei che possono agire bene.

Non vedere la realtà o non accettarla, è un grande PERICOLO per l’organizzazione rivoluzionaria ! Non vedere i problemi significa non cercarne le soluzioni !

Soluzioni che necessitano ovviamente non di dannose rigidità, ma di riflessioni, ragionamenti, psicologia, elasticità tattica, apertura mentale a tutte le opzioni possibili. E gli schemi quando non funzionano bisogna aver la forza anche di saperli abbandonare.

Se come i grandi maestri del comunismo affermano: “fermi sui principi” ma “massima elasticità sulla tattica”, è proprio così che bisogna procedere.  

Vogliamo sottolineare che a tal riguardo, quando Lenin ha fondato la 3° Internazionale non ha assolutamente imposto ai partiti aderenti di aver “un solo giornale”, che questo giornale doveva essere scritto “solo dai bolscevichi” perché erano i migliori avendo fatto la rivoluzione, e che tutti dovevano sottostare alle direttive dei dirigenti bolscevichi perché superiori. Non avrebbe avuto senso e il tutto si sarebbe trasformato ovviamente in un disastro.

Ai partiti della 3° Internazionale Lenin logicamente ha imposto le corrette posizioni politiche comuniste chiave fondamentali, sui cui tutti dovevano aderire (“fermo sui principi”) ma sulla tattica (“massima elasticità”) con cui procedere, operare, era poi compito logicamente di ogni partito nella propria nazione, come doveva organizzarsi e con quali strumenti operare. E ogni partito doveva occuparsi dei propri giornali, negli argomenti e negli articoli, scrivendoseli. Questa è storia.

NON E’ TROPPO TARDI.  CE LA SI PUO’ FARE!  IL “DECENNIO CRUCIALE”.

E’ vero, le borghesie di tutto il mondo si stanno massicciamente e velocemente armando (esattamente come prima della 1° guerra mondiale) per prepararsi al futuro scontro-disastro. Ed è altrettanto vero che con la catastrofe della guerra si avvicina anche il MOMENTO RIVOLUZIONARIO. Manca però il partito rivoluzionario europeo.

MA C’E’ ANCORA TEMPO.

Lotta Comunista ha forze e capacità più che sufficienti per diffondersi velocemente sul continente europeo. Ma questo diventa possibile se gli attivisti e i dirigenti riescono a liberarsi dagli schemi non idonei, dalle rigidità e dalla fisse. Per impostare e procedere con le necessarie tattiche per espandere i partiti leninisti.

UNIRE LE FORZE PER IL PARTITO EUROPEO, nell’interesso del movimento rivoluzionario. NON PERSONALIZZARE. Il nostro di “Der kommunistische Kampf” a Berlino è ancora un piccolo gruppo leninista, ma tutto formato da ragazzi tedeschi, che grazie al metodo corretto si sta via via espandendo. Se gli attivisti che Lotta Comunista manda qui a Berlino invece di girare a vuoto perdendo tempo prezioso con un sistema inutile si unissero a noi, ora, come già in più occasioni sottolineato, il gruppo leninista berlinese sarebbe un grosso gruppo, con altri gruppi leninisti sparsi per la città e per la Germania. Parafrasando Pastorino: perchè il nostro metodo non potrebbe essere da spunto, riflessione, anche per lo sviluppo degli altri circoli esteri di LC? E’ nell’interesse di tutti applicare il sistema che risulta essere il migliore (... massima elasticità nella tattica!). Non è così difficile, è semplice, è logico!  Sono cose su cui riflettere, da non sottovalutare!

Perché è imperativo: SENZA GRANDE ORGANIZZAZIONE, NON E’ POSSIBILE IN EUROPEA ALCUNA RIVOLUZIONE!

SVOLTA ASSOLUTAMENTE NECESSARIA.  

Se in questa massiccia corsa agli armamenti che prelude il prossimo disastro scontro tra le potenze, Lotta Comunista non saprà attuare “LA SVOLTA EUROPEA perdendo, dopo aver perso altri passati decenni, anche questo “DECENNIO CRUCIALE”, rimanendo ferma sulla sue inutili rigidità, il suo tragico destino sarà segnato. Nella catastrofe della futura guerra, senza partito europeo, si troverà isolata, imbottigliata nella periferica penisola italica, dove sarà brutalmente repressa dalle borghesie europee coalizzate contro i rivoluzionari.

E lì saranno cazzi, compagni !! (e se qualcuno pensa che altre rivoluzioni possano “spontanee” insorgere, si sbaglia di grosso!)

E’ QUESTO CHE GLI ATTIVISTI E DIRIGENTI DI LOTTA COMUNISTA VOGLIONO?

E’ PER QUESTO CHE LOTTANO OGNI GIORNO?

 

                                                                                       Claudio Piccoli 


 

 

 

E’ ORA DI CHIARIRE !

 

Conoscete l’espressione “girare a vuoto” e "perdere tempo" ? Ecco questa è la situazione di Lotta Comunista a Berlino.

E’ arrivato un nuovo gruppetto di Lotta Comunista qui a Berlino. Quello che c’era prima ha abbandonato, come quello di prima ancora e quello di prima ancora e così via.

Tutti questi gruppi che si sono succeduti, girando a vuoto usando metodi di lavoro che in Germania assolutamente non funzionano spendendo soldi dei lavoratori, non hanno conquistato nemmeno 1 (uno) di attivisti qui a Berlino. Certo c’è qualche ragazzo che per curiosità visita le riunioni di Lotta, ma poi scappano via tutti (una ragazza attivista in uno dei precedenti gruppetti correttamente illustrava così la situazione “Tutto sommato gira un po’ di gente, il problema è che nessuno rimane").  Un’amara realtà che qualcuno non vuole assolutamente ne vedere ne accettare.

In questo nuovo attuale gruppetto di attivisti, che naturalmente come i precedenti inconcludente sta anch’esso girando a vuoto e perdendo tempo prezioso (“seguiamo rigorosamente le indicazioni di Pastorino e Zuccheri” ci hanno detto) spendendo i soldi dei lavoratori (qui i prezzi sono molto elevati) un attivista  è parecchio "strano".

 

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Nonostante questa attività con evidenza non produca assolutamente niente, si continua ostinatamente a mandare attivisti che poi delusi abbandonano.

Se invece di far girare a vuoto inconcludenti questi attivisti avessero aiutato noi di “Der Kommunistische Kampf”, che abbiamo un metodo nuovo, che funziona. conforme alle esigenze e alla mentalità tedesca (i tedeschi rifiutano il metodo di Lotta Comunista, come altri metodi) il nostro piccolo gruppo di attivisti leninisti sarebbe ora un grosso gruppo, molto grosso, sicuramente questi ex attivisti di Lotta ora delusi sarebbero rimasti, e facilmente ci sarebbero anche altri gruppi leninisti sparsi per la Germania.   

Non si capisce perchè questi giovani attivisti non collaborano con noi, che il nostro metodo funziona! 

                                                                                           

                                                                                                                                        8   nov. 2024     Claudio Piccoli 

                                                                                                                                                                                 

 

 

 

 

      12 ottobre 2024 

MORIRE PER LA “PATRIA”? MAI!  SIGNIFICA MORIRE

PER I RICCHI DELLA NAZIONE !

 

CHIARIRE COS’E’ LA PATRIA

Quando si parla di “patria” è super IMPORTANTE capire cos’è una “nazione” e da chi è governata, prima di “immolarsi” per essa.

E’ vero che le masse lavorative votano i parlamenti e i governi, ma è anche vero che le votazioni sono un trucco, un gioco di prestigio. I votanti votano, ma la realtà è che chi vota poi non può più controllare chi ha votato, che può fare tutto quello che vuole, come non mantenere le promesse fatte per illudere chi vota, e magari fare anche tutto al contrario di quanto promesso.

Perché nella realtà, in silenzio, sono le grandi banche e imprese che finanziano le campagne elettorali dei partiti, i quali a votazione finita si mettono a servizio dei loro finanziatori, portandone avanti gli interessi e non di chi li ha votati. Interessi capitalisti che ovviamente sono esattamente l’opposto di quelli delle famiglie dei lavoratori.

Pertanto nella realtà SONO LE GRANDI BANCHE E IMPRESE CHE DIRIGONO NELLE NAZIONI GOVERNI E PARLAMENTI.

In altre parole LA NAZIONE SONO I RICCHI DELLA NAZIONE!

E i lavoratori che non possono controllare nulla, ne politici ne governi, devono per forza SOTTOSTARE AGLI INTERESSI DEI RICCHI DOMINANTI LA NAZIONE, che ovviamente hanno il solo SCOPO DI DIVENTARE SEMPRE PIU’ RICCHI 

(ciò che è confermato puntualmente dalla realtà) e non perseguire  il benessere delle famiglie di chi lavora.

E questo ovviamente riguarda anche l’ASPETTO MILITARE, incluse GUERRE, CONFLITTI, SCONTRI e così via.

Infatti: chi ha interesse alle guerre?

I lavoratori forse? Assolutamente NO!

I lavoratori mirano al benessere delle proprie famiglie, figli, non certo al massacro delle guerre, ai disastri di altre famiglie, figli e giovani.

Sono i ricchi, per diventare sempre più ricchi, per espandere sempre più i loro affari, che hanno interesse alle guerre. Loro le guerre per questi scopi le causano di proposito.  E’ LOGICO, è chiaro!

 

ECCO COSE’ LA PATRIA ! 

Ma nelle guerre i ricchi vi mandano i giovani proletari, non loro stessi.

E i giovani dovrebbero farsi massacrare, o massacrare altre persone, per le ricchezze dei ricchi? Un’ ASSURDITA’ !

Se la “patria” è l’establishment industrial-finanziario, dove tutto è organizzato, pianificato, modellato, affinchè i loro interessi vengano raggiunti, che interesse hanno le masse proletarie da loro sfruttate a farsi ammazzare per questi “miserabili”?

E qui un enorme ruolo è giocato dall’educazione scolastica dominante prima, e dall’informazione manipolatrice dopo. Educazione e informazione concentrate nella deformazione continua della realtà nel dimostrare che la “patria” sono i cittadini stessi. 

Con il rimarcare che con il voto i cittadini determinano i governi, i  quali agiscono e decidono nell’interesse del “popolo”, senza mai accennare che il “popolo” nella realtà è diviso in due “classi”, con  gli “straricchi” che diventano sempre più ricchi, e i “proletari” lavoratori da loro sfruttati, cioè coloro che creano la ricchezza nazionale, che per difendere le loro condizioni di vita e delle loro famiglie devono di continuo scioperare, rimando sempre la parte povera della società.

E naturalmente,  in  questa  costante  manipolazione  mediatica,  in cui  viene  oscurato il ruolo 

dominante dei ricchi e la conseguente azione della società nell’interesse dei  loro profitti, si nasconde anche che i militari muoiono per “rendere i ricchi sempre più ricchi”. ”e che poi quelli che sopravvivono saranno abbandonati al loro destino di “residuo della società”, spesso nella miseria più nera.

I MEDIA MARTELLANO per convincere i giovani proletari a farsi “uccidere” per la “Patria”, il MARXISMO chiarisce al contrario cos’è la “patria”, che IL NEMICO E’ IN CASA NOSTRA” cioè i capitalisti, contro cui dobbiamo veramente combattere. E organizza i giovani per le rivoluzioni.  


 

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     26 settembre 2024  

Proteste in Tunisia:

FORSE NON TUTTI SANNO CHE  IN  TUNISIA IL PRESIDENTE SAIED

STA  GOVERNANDO  CON L’11% DEI  VOTI

Nessun grido di allarme o di scandalo da parte dei governi europei, visto che il presidente è filo europeo.

 

Fosse accaduto in un paese ostile alle borghesie occidentali come Turchia, Iran, Russia, Siria, Cina, Venezuela, ecc. la stampa europea non smetterebbe mai di gridare allo scandalo, alla vergogna, al non riconoscimento popolare e internazionale di un presidente eletto con solo l’11% degli aventi diritto. E qualsiasi governo europeo si rifiuterebbe di trattare con lui, con un presidente che si definisce “democratico”, dove secondo tale idea la popolazione in massa con orgoglio dovrebbe sostenerlo. Invece sul bluff dell’elezione di Saied il silenzio mediale è pressoché totale (infatti quasi nessuno è a conoscenza del fatto) l’ipocrita stampa e politica europea tiene il silenzio in comune accordo nel nascondere la notizia, visto che il presidente tunisino è filo europeo, di aiuto alla politica europea di espansione in Africa.   

Dopo l’elezione certo, i vari media europei hanno rilevato la bassissima e insignificante partecipazione al voto, ma senza scandalo, senza clamore mediatico, come si presume deve essere.  Così da dare il via al riconoscimento ufficiale del governo tunisino.

Anche questa una delle tante contraddizioni del sistema, tra i grandi principi democratici enunciati e la realtà applicata. Ma  nessuna sorpresa nel controverso capitalismo, dove tutto, soprattutto nell’ombra, deve agire per facilitare gli affari.  E il presidente tunisino Saied supportato dalle multinazionali europee è stato eletto appunto per questo, favorire gli interessi europei, che ovviamente sono prioritari rispetto far rispettare la (banale) “democrazia”.

Perché la Tunisia assieme a Libia, Egitto e tutti i paesi del nord Africa, è “zona di influenza” europea, cioè territorio dove le grandi aziende e banche europee conducono copiosamente i loro affari con proventi altissimi e dove le imprese europee si approvvigionano a buon prezzo di materie prime, sempre con guadagni considerevoli. Ma non solo, la Tunisia è anche al centro del controverso problema dell’ immigrazione, causa di notevoli difficoltà politiche in Europa.  

Naturalmente è per tutti questi aspetti che il presidente tunisino Saied riveste notevole importanza per le cancellerie europee, indifferentemente se sia stato eletto con l’ 11%. Importante è farlo apparire regolare, senza critiche e scandali.

Ma sottolineiamo, se tal scandaloso fatto fosse accaduto in Turchia con il governo non amico Erdogan, verremmo bombardati ogni giorno da annunci che dichiarano il presidente turco illegale, non rappresentativo, fasullo. Un Erdogan “non amico” che già di continuo in Europa dai media viene criticato per le sue “insufficienze democratiche”. Mentre sul governo Saied (amico) dove LA DEMOCRAZIA PROPRIO NON ESISTE  del tutto non si parla.

Signori, E’ TUTTA  UNA FARSA! E’ più che evidente.

Vogliamo però precisare: non è che noi marxisti siamo pro Turchia e vogliamo supportare il governo borghese guerrafondaio Erdogan, sicuramente no. Si vuole qui evidenziare l’ipocrisia dei governi e della stampa europea, come essi manipolino le popolazioni, tacendo informazioni e esaltandone altre a secondo degli interessi.

Il marxismo lo ripete da sempre: la democrazia è solo un paravento, dove le grandi imprese nell’ombra dietro a politici burattini (i governi cambiano, ma il vero potere, quello economico-finanziario, rimane invece saldo e stabile) dominano. E anche il governo Saied, senza dubbio ne è l’ennesima chiara conferma.    

“Noi votiamo, ma chi decide sono gli altri?” si chiedono alcuni prominenti filosofi politici della borghesia.  Si, è così, affermiamo noi marxisti e confermiamo.  La popolazione vota, ma sono poi gli “altri”,  i capitalisti, che decidono. E’ TUTTO UN INGANNO.   

La farsa elettorale evidente in Tunisia è certamente ciò che avviene, più soft, anche in Europa, e naturalmente in tutto il resto del mondo borghese, USA, Cina, Russia, Cuba, Vietnam, ecc. compresi. I voti elettorali nel capitalismo non hanno alcun peso. E questo spiega il costante calo di partecipazione alle elezioni.  

Ma noi sosteniamo oltre, molto oltre, con grande stupore di chi ci ascolta: visto la crescente delusione che i parlamenti generano, se domani succedesse anche in Europa votasse solo l’ 11%, come oggi in Tunisia, questo per il sistema borghese non significherebbe nulla, sarebbe indifferente, non porterebbe alcun scandalo ne cambiamento. Verrebbe riconosciuto come valido, come ora con Saied, e tutto procederebbe come prima. Perché ripetiamo, le elezioni sono un diversivo, un trucco dei capitalisti dominanti per accreditarsi.

E’ invece con le lotte, con i duri scioperi che i lavoratori hanno migliorato e migliorano le proprie condizioni di vita, la storia e la quotidianità lo confermano ogni giorno. Non certo con i parlamenti, dove il loro compito borghese è emanare leggi che peggiorano le condizioni della popolazione lavorativa, e lavorano perchè i ricchi diventino sempre più ricchi.

E sono le rivoluzioni proletarie che possono portare ad una società giusta, superiore. 


 

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     16.09.2024  

HARRIS O TRUMP ?

NON AL SERVIZIO DEI LAVORATORI,

MA DELLE MULTINAZIONALI AMERICANE

 

(e delle future guerre)

 

 

L’attentato a Trump ha all’inizio creato una situazione emozionale a suo favore che certamente l’aiuterà in campagna elettorale. Infatti dopo l’attentato Trump viene visto da una parte dell’elettorato, soprattutto per chi ha un orientamento di destra, come un eroe e una parte di esso che prima aveva dubbi se rivotarlo causa i vari processi (corruzione, evasione fiscale, pornostar, e non ultimo l’assalto al Capitol Hill) ora lo rivoterà con entusiasmo.

Peraltro a Biden dopo questo attentato è diventato chiaro che non avrebbe avuto più chance contro il concorrente, quindi non gli è rimasto altra scelta che ritirarsi dalla competizione per lasciare il posto alla sua vice Kamala Harris.

L’entrata in campo della Harris ha però rinfiammato la campagna elettorale dove le reciproche offese hanno preso di nuovo il soppravvento sui precedenti proclami di solidarietà nazionale. Verosimilmente ci troveremo di fronte ad una campagna elettorale tutta concentrata sulla figura del Tycoon, sulle sue stravaganze ed eccessi, con tutte le forze a lui contrarie - democratici, giornali e tv, giudici e avvocati, multinazionali e banche – che cercheranno di screditarlo. 

Ma a noi marxisti è il contesto che interessa, soprattutto il contesto internazionale in cui queste elezioni avvengono.   

Per capire dobbiamo ritornare ad Obama e Bush.           

PRESIDENZE OBAMA E BUSH. Per queste Amministrazioni l’obbiettivo principale (fondamentale per la nostra analisi) che nell’interesse della borghesia americana 

perseguivano era la “LOTTA AL TERRORISMO”. Questo era il loro scopo prioritario. Ciò ha un profondo significato per l’analisi. Per terrorismo si intendeva il radicalismo islamico allora focalizzato nella zona del Medio Oriente, negli stati della Siria, Iraq, Yemen, Libia, Afghanistan, ecc. Tradotto dal linguaggio politico significava che l’interesse principale per le multinazionali-banche americane era avere il controllo di questa zona mediorientale, sostanziale per l’approvvigionamento di energia da petrolio per le aziende di tutto il mondo. 

L’AMMINISTRAZIONE TRUMP. Il Tycoon cambia completamente il nemico contro cui l’imperialismo americano deve combattere. Ora per questa Amministrazione il nemico 

principale per gli USA non sono più  i terroristi, ma RUSSIA, CINA, Venezuela, Iran, Nord Corea. In altre parole, è contro questi concorrenti che il governo di Washington ora, nell’interesse delle multinazionali USA, si deve concentrare e focalizzare. Il tutto sotto lo slogan “Make America great again”.

Ma a che cosa è dovuto questo radicale cambio di nemico?

E’ il controverso sviluppo del capitalismo che determina il cambiamento delle politiche dei vari stati, USA compreso. In Asia sta emergendo una mega potenza capitalistica, la Cina (che fra non molto diventerà la prima potenza economica del pianeta – cosa che causerà sicuramente uno shock globale) che con la sua stazza sta già mettendo in discussione gli interessi globali (è sempre una questione di interessi) di imprese e banche dei preesistenti imperialismi – USA, Europa, Giappone, e altri. I quali, nel perverso sistema,  per contrastare, arginare, il futuro potente concorrente, si stanno coalizzando politicamente e militarmente per isolarlo. Così da essere pronti domani all’inevitabile confronto-scontro, anche militare.

Da sottolineare il paradosso del controverso sistema capitalistico: se ieri per decenni la Cina è stata un’opportunità per lo sviluppo e lauti guadagni di imprese e banche occidentali, che così facendo, con i loro forti e massicci investimenti nella nazione hanno determinato lo sviluppo capitalistico della Cina stessa, oggi che le capitalistiche multinazionali cinesi si sono notevolmente espanse, il Dragone viene considerato come un terribile concorrente/nemico.   

In realtà nel sistema capitalistico, così controverso e imprevedibile, una simile situazione non è una eccezione, ma una conferma, una storia che si ripete. E’ noto che l’Inghilterra nel 1700 è stata la prima nazione sul pianeta che si è sviluppava capitalisticamente e che poi nel perseguire ad investire (per mantenere alti i propri guadagni) all’estero, cioè in Europa e nord America, ha così determinato lo sviluppo capitalistico (così ben descritto da Marx nel “Capitale”) di questi paesi. Fino al punto che Europa e Nord America diventando poi concorrenti dell’Inghilterra stessa, alcune come le Germania si sono rivoltate contro.

Ora è il momento della Cina in Asia che si rivolta contro le potenze occidentali che, come sopradescritto, ne hanno determinato lo sviluppo, con le potenze imperialiste mondiali si preparano per il prossimo duro confronto.

Tornando a Trump, è quindi in questa strategia che la sua Amministrazione con il “Make America great again” si è diretta.

In questa prospettiva il primo passo per Trump è stato agire per consolidare un “BLOCCO ECONOMICO-POLITICO OCCIDENTALE” USA-Europa, Giappone, Sud Corea, Australia, ecc. da contrapporre all’emergente Cina e alleati. Con lo scopo, attraverso i noti notevoli innalzamenti di dazi doganali contro la Cina per le merci cinesi importate in USA e Europa, e attraverso le note aspre sanzioni contro Russia e Iran, di isolarli nel contesto internazionale.

Il secondo passo è stato il rafforzamento NATO come alleanza militare USA-Europa (e non la costituzione di un esercito europeo). A questo scopo costringendo i riluttanti alleati europei (e 

anche il Giappone) ad innalzare le loro quote di spese militare, in un rafforzamento NATO dove Washington ne detiene la direzione.

Questi i due fondamentali aspetti in cui il governo Trump si è impegnato.

Durante questa operazione, Biden all’opposizione, ha duramente criticato Trump per questa sua politica.         

Ma poi Biden, vinto le elezioni e sconfitto Trump e arrivato esso stesso al governo, NON HA CAMBIATO questa da lui tanto criticata politica.   ASSOLUTAMENTE NO! 

Ha invece, in silenzio, proseguito nella strategia Trump, senza modificarne una virgola. Infatti Biden ha continuato con gli ALTI DAZI contro le merci cinesi vendute in America, ha proseguito con le ASPRE E PESANTI SANZIONI contro Russia e Iran, e ha continuato nell’imporre ai paesi europei l’AUMENTO DELLE SPESE MILITARI per la NATO.

Con l’aiuto e complicità di media americani ed europei che non hanno dato risalto a questo procedimento. Mentre invece prima per le stesse azioni avevano aspramente criticato Trump, demonizzandolo.

Non solo, ma Biden cogliendo anche l’occasione della guerra Ucraina-Russia, inserendosi, (poteva restarsene fuori) ha forzati ancor più gli alleati europei affinché aumentassero le spese militari NATO (ma non per l’esercito europeo) e si distanziassero ancor più dal concorrente russo. (Degna di nota è la “Zeitwende”  - “svolta militare” - di 100 miliardi di Berlino, intrapresa dal cancelliere Scholz nel governo socialdemocratico-verdi-liberali, partiti che nella farsa elettorale si erano dichiarati per il pacifismo).

Questa NON INTERRUZIONE DI BIDEN NELLA POLITICA TRUMP ha un significato preciso: LO SCONTRO TRA POTENZE IMPERIALISTE SUL GLOBO SI E’COSI’ INTENSIFICATO che le multinazionali americane PRETENDONO ora dai propri governi di POTENZIARE l’Alleanza Atlantica (l’alleanza USA-Europa) e il RAFFORZAMENTO NATO, per  PREPARARSI al FUTURO SCONTRO contro la Cina.   

In pratica si è entrati in una NUOVA FASE, più intensiva, di confronto-scontro tra potenze imperialiste, con polarizzazioni continentali, una contro l’altra, dove non esiste e non esisterà PIU’ RITORNO. E’ il terribile passato che si ripresenta.

Bisogna ora aver chiaro che il vecchio sistema uscito dalla seconda guerra mondiale dove gli USA spadroneggiavano senza grossi problemi, le borghesie imperialiste europee facevano facili e loschi affari in giro per il mondo senza curarsi di aumentare i loro armamenti, dove tutto si risolveva con qualche piccola guerra locale condotta direttamente o indirettamente dagli Stati Uniti, ADESSO con l’EMERGERE della potenza imperialistica CINA, TUTTO QUESTO NON ESISTE PIU’ e NON PUO’ TORNARE  INDIETRO. Anzi, SI INTENSIFICHERA’ SEMPRE PIU’.

E’ quindi in questa NUOVA situazione che si svolgono le attuali elezioni in America e che vanno valutate. Vinca Trump o Kamala Harris, indifferentemente entrambi agiranno in questo turbolento contesto nell’interesse delle multinazionali americane e occidentali.

E’ proprio il fatto, come sopra rimarcato, che Biden dopo aver prima tanto criticato Trump, arrivato poi esso stesso al governo abbia perfettamente preso in carico la politica di Trump, che è la conferma lampante del nuovo corso intensivo di livello di scontro.

Negli anni ’50 i futuri fondatori di Lotta Comunista scrivevano che i futuri concorrenti dei paesi occidentali sarebbe stata l’Asia, cioè i paesi emergenti dell’Asia, allora molto povera e arretrata. Adesso i fondatori di Lotta Comunista sono morti, ma la Cina è lì a confermare l’esattezza della loro analisi. Oggi questo è realtà sotto gli occhi di tutti. L’analisi marxista è un potente strumento in mano ai proletari.

Il fatto che i candidati alla corsa presidenziale si diano acerrima battaglia su problemi interni, è una cosa estremamente secondaria nella lotta interimperialista, è solo tattica per raccogliere voti e vincere le elezioni. Ciò che ha veramente importanza, è ovvio,  è la politica estera che loro perseguiranno nell’interesse, certamente non dei lavoratori, ma delle multinazionali. E chiunque vinca le elezioni è in questo ambito che deve operare  essendo al servizio dei multimiliardari.

E’ perciò su questo che noi marxisti ci dobbiamo concentrare e preparare, perché è questo il futuro, è ciò che il futuro ci riserva.  

E non lasciarsi coinvolgere o accecare dalle campagne elettorali, essendo tutte una farsa, confermato anche in questo caso dal fatto che Trump, che adesso schernisce 

la Harris, nel 2013 ne ha finanziato la campagna elettorale, mentre adesso entrambi fanno finta di insultarsi. Questa è solo l’ultima dimostrazione.

Mentre la crisi e lo scontro violento tra borghesie, è chiaro, si avvicina,  diventa fondamentale anche per i partiti e organizzazioni rivoluzionarie intensificare le proprie attività.

Non c’è molto tempo da perdere.   Se nella prossima crisi catastrofica prodotta dai capitalisti, crisi che diventa rivoluzionaria per i  marxisti, le rivoluzioni non porranno fine al perverso sistema borghese instaurando una nuova società superiore, le catastrofiche crisi si ripeteranno in continuazione, finchè appunto, altre rivoluzioni  non affosseranno questo perverso sistema.


 

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     02.09.2024  

MENTRE I LAVORATORI SONO SUPERTASSATI,  

I  RICCHI  PAGANO  TASSE MINIME

 

GOVERNI E PARLAMENTI SOTTO CONTROLLO DEI RICCHI. 

UNA  CONFERMA  DEL  MARXISMO.

 

Il fatto che i ricchi diventino sempre più ricchi, paghino solo un minimo di tasse ed evadano segretamente le tasse è un fatto ben noto, non un segreto, è ormai pubblico.

Ciò che è noto è il motivo per cui i ricchi possono permetterselo e quale potrebbe essere il rimedio.

Innanzitutto sorge la domanda: come è possibile che i ricchi nelle società democratiche in cui vengono dichiarati uguali diritti e doveri, in cui si suppone che prevalga la giustizia sociale, in cui i governi sono eletti dalle masse lavoratrici e in cui si dice che i governi hanno il potere e possono decidere tutto, possono arrivare all'assurda situazione di non pagare le tasse?

È perché i ricchi sono più intelligenti degli altri? Oppure riusciranno a trovare scappatoie nelle banche per poter pagare poche tasse o addirittura evadere le tasse? Sono per caso privilegiati nella società? O c'è qualcos'altro?

No, i ricchi non sono i più intelligenti di tutti, e non è che trovino scappatoie per pagare poche o nessuna tassa. No. E nemmeno sono dei privilegiati.

Se è così è perché ci sono leggi fatte deliberatamente che danno loro "la possibilità di evitare particolarmente bene le tasse, legalmente ma anche illegalmente"” (NTV – 14.05.2024 “Darum zahlen Superreiche die niedrigsten Steuern” ‘E’ così che i superricchi pagano tasse minime’) che ovviamente per i lavoratori dipendenti non esiste.  

Come mai ciò, in queste società democratiche dove sono le masse lavorative che votano gli esecutivi? Molto semplice: la verità è che i ricchi sono i veri dominatori che dietro quinte dirigono la società nel loro interesse, di nascosto, e governi e parlamenti sono solo organismi figurativi, che, anche se votati dai lavoratori, hanno lo scopo di favorire i ricchi capitalisti. Capitalisti determinanti che pagando ai partiti le estreme costose campagne elettorali (e non solo) ne pretendono poi di essere serviti nei propri interessi economici, politici e anche militari (logico!).

Per cui di conseguenza i capitalisti impongono ai partiti subalterni, da loro abbondantemente finanziati, di legiferare leggi per evitare tasse, senza poi essere perseguiti penalmente. 

E  governi e parlamenti naturalmente eseguono. E questo spiega il tutto.

E a nessun politico o governo è permesso non rispettare questa prassi, questi ordini. L’esempio nel Regno Unito del governo “Liz Truss” nel sett. 2022 è esemplare: appena il suo nuovo esecutivo ha reso noto di aver messo nel suo programma la tassazione dei ricchi ha dovuto subito dimettersi. E’ durato 44 giorni!

La scusa poi per far accettare alle masse questa assurdità è tra le più stupide di sempre: I liberali sostengono che ciò graverebbe maggiormente sulle imprese di medie dimensioni. Ciò sarebbe dannoso per la crescita economica. Le aziende sarebbero quindi più propense a investire all’estero” (ibidem - NTV 14.05.2024).

In altre parole: il denaro risparmiato dall’ aumento delle tasse verrebbe usato dalle imprese per investire di più, favorendo così l’economia aumentando l’occupazione.

Questa argomentazione è facile da confutare: se le famiglie dei lavoratori potessero pagare meno tasse, potrebbero spendere questi soldi per acquistare più beni di consumo, aumentando così in modo significativo l’economia nazionale, l’industria e quindi l’occupazione, ecc. Oppure i lavoratori stessi potrebbero utilizzare questo denaro per i propri investimenti, che a loro volta creano più lavoro, occupazione, ecc.

Ma ovviamente questi argomenti non vengono mai menzionati dai lacchè della borghesia, poiché screditerebbero i politici e i governi ed evidenzierebbero il loro ruolo subordinato di burattini.

Continua poi portale NTV spiegando - molto interessante - come le aziende di norma tecnicamente possono per legge non pagare le tasse: «I super ricchi risparmiano anche sugli utili azionari, spiega l'esperto fiscale Jirmann nel podcast. Normalmente, quando le azioni vengono distribuite su un conto corrente è dovuta un'imposta sulle plusvalenze di circa il 26%. "Questo non succede ai super-ricchi. Non hanno il reddito distribuito sui loro conti privati. Finiscono in società di investimento e non ci sono quasi tasse. Questo è uno dei motivi per cui le aliquote fiscali sono molto più basse "» (ibidem).

Spieghiamo. In genere, chi investe in azioni deve pagare un’imposta del 26% sul reddito percepito. Ma i ricchi riescono ad aggirare anche questo. Perché, come spiega l'esperto, i profitti non confluiscono nei loro conti correnti, ma in “società di investimento” (più o meno fittizie), per lo più straniere, dove pagano poche o nessuna tassa.

Quindi non corrisponde neanche a verità (e questo è molto noto nell’ambiente borsistico) che i soldi risparmiati dalla bassa tassazione sui ricchi finiscono in investimenti nazionali per favorire l’economia, ecc. perché questo denaro non viene versato sui loro conti correnti nella propria nazione, in quanto le aziende  “Non hanno il reddito distribuito sui loro conti privati [e i soldi] finiscono in società di investimento” che operano all’estero o sono società estere, molto spesso “finanziarie sovranazionali speculative”.  Perciò a conferma, niente a che vedere con l’economia nazionale.

Tecnicamente, questo spiega la frode legale delle imprese e delle banche, e spiega l’imbroglio dei politici che approvano leggi speciali che consentono l’evasione.

Ciò vale ovviamente anche per la “democratica” e “corretta” Germania …

Ma per il marxismo questa è questione già da tempo risolta, chiara e sempre ribadita: i governi sono sotto stretto controllo della “dittatura democratica della borghesia”. Il tutto spiegato accuratamente ne Il Capitale di Marx e anche in “Le nostre  posizioni politiche” nel nostro portale “Der Kommunistische Kampf”.  

Costantemente però emergono lamentele e prese di posizione contro questa enorme pubblica ingiustizia. Non solo da intellettuali, ma anche da politici e partiti stessi. 

E naturalmente come si può immaginare senza alcuna incisività politica. Poiché le lamentele dei partiti o sono pure tattiche elettorali, dal momento che tutti i politici sanno che "i ricchi non si possono toccare", il che è confermato dal fatto che gli stessi partiti che prima criticavano aspramente i ricchi perché "non pagano le tasse" poi, una volta al governo, regolarmente non dicono una parola al riguardo. Oppure sono pietosi piagnucoloni di intellettuali che aspirano ad un “capitalismo umano ed equo” senza contraddizioni e ingiustizie, il che è ovviamente utopico e impossibile nel controverso sistema. Utopia in quanto sognano governi che si dovrebbero imporre sui miliardari per far pagar loro le tasse e poterle così ridurre alle famiglie dei sovratassati lavoratori. Utopia perché a loro non è chiaro che i governi non hanno alcuna “autonomia“, essendo che i miliardari ne pagano loro massivamente le campagne elettorali e che poi arrivati al governo devono servire fedelmente i loro finanziatori. Il tutto confermato costantemente dalla realtà.     

Concludendo. Molti pensano che le contraddizioni del sistema possano trovare soluzione nel capitalismo stesso. Sbagliano! Sono in errore, in grosso errore.  

Il capitalismo segue inesorabilmente le sue leggi caotiche trascinando nel suo caos tutta le nazioni, le persone, l’intera umanità,. Per il marxismo il capitalismo, o lo si cancella, abolisce completamente, instaurando una nuova società superiore, o esso continuerà imperterrito nei suo caotico andamento coinvolgendo senza scampo l’intera umanità.


 

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    26.05.2024  

DA BERLINO LETTERA DI SOLIDARIETA’ A LOTTA COMUNISTA, CONTRO I PROVOCATORI TROTZKISTI E STALINISTI PRO-PALESTINA NELLE UNIVERSITA’  

 

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A VOI FALSI COMUNISTI PROVOCATORI CHE NELLE UNIVERSITA’ DIFENDETE LE BORGHESIE TERRORISTE, FANATICHE  SANGUINARIE, CORROTTE  E NAZIONALISTE PALESTINESI, KURDE, CATALANE, E NON I LAVORATORI PALESTINESI,   ISRAELIANI,   KURDI,   IRAQENI,   SIRIANI   E   SPAGNOLI!

 

 

 

SIGNORI PROVOCATORI trotzkisti e stalinisti: vi è noto che oggi nel mondo tutti i paesi sono CAPITALISTI, e da parecchi decenni? Significa che "il Colonialismo" (se sapete cos'è il "Colonialismo") o  il "Post-Colonialismo" o il "Neo-Colonialismo" non esiste più da decenni.  Significa che oggi le borghesie nel mondo lottano una contro l'altra per le "Sfere di Influenza" (se sapete cosa sono "Le sfere di influenza"), per la conquista di nuovi mercati, per sottomettere altre borghesie o per liberarsi da altre borghesie. E questo vale anche per i paesi capitalisti PALESTINA, KURDISTAN, CATALONIA!

Significa, cosa a voi sconosciuta,  che in tutti i paesi esistenti sul pianeta agiscono le leggi capitalistiche del commercio, della compravendita, del profitto, delle banche, dello sfruttamento. E questo vale anche per i paesi capitalistici PALESTINA, KURDISTAN, CATALONIA!

Ciò significa, cosa evidentemente sconosciuta a voi dilettanti politici dell’ultima ora, che anche la Palestina, il Kurdistan, la Catalogna sono suddivise in due classi, una classe borghese capitalista palestinese, kurda, catalana, che sfrutta brutalmente l’altra classe proletaria palestinese, kurda, catalana, che si difende con scioperi, lotte, manifestazioni.

Questo E’ MARXISMO, SIGNORI PROVOCATORI NAZIONALISTI FALSI COMUNISTI!

IL MARXISMO (è chiaro che voi non lo conoscete) è sempre contro tutti i capitalisti, in tutte le nazioni capitaliste, vale a dire, anche se questo può sorprendervi, anche in Palestina, Kurdistan, Catalogna,! E si pone, sempre, dalla parte dei PROLETARI, non solo logicamente in Palestina, ma anche in Israele (anche se questo vi imbarazza!) non solo in Kurdistan, ma anche in Siria, Iran, Iraq (anche se questo vi stupisce!) e non solo con i proletari catalani, ma il marxismo è a fianco anche di quelli spagnoli, affinchè tutti si organizzino e lottino contro i capitalisti, contro i propri capitalisti, con rivoluzioni, per rompere le catene dell’oppressione borghese e giungere ad una società superiore senza più ingiustizie, classi e sfruttamento.

Queste sono le posizioni marxiste corrette che come leninisti difendiamo con molto orgoglio nelle università, nelle fabbriche, nei quartieri.  Realiste e corrette che hanno permesso a Lotta Comunista nei decenni di espandersi in tutta Italia di aprire circoli anche in Europa!

E non le vostre posizioni nazionaliste, false comuniste, già fallite nel passato.

Zone o nazioni precapitaliste da sostenerne l’indipendenza, come giustamente avevano operato Marx e Lenin a loro tempo, OGGI NON ESISTONO PIU’. Da allora il capitalismo si è sviluppato e diffuso in tutto il mondo, esattamente come previsto da Marx (ma conoscete un po' il marxismo?). Tutti i paesi oggi sono capitalisti e divisi in due classi senza eccezione, anche in Africa, e in tutte le nazioni oggi esiste la lotta di classe tra capitalisti e proletari. Dovreste studiarvi di più la geografia  e l’economia SIGNORI PROVOCATORI!

Ve lo diciamo (e spieghiamo) noi che siamo rigorosamente LENINISTI, a voi dilettanti allo sbaraglio dell’ultima ora.

Questi sanguinari fanatici che guidano le lotte in Palestina, in Kurdistan o in Catalogna, NON LOTTANO PER IL COMUNISMO, come affermate o supponete voi. NO, signori sprovveduti, lottano, esattamente come la borghesie israeliana, siriana e spagnola, per i LORO SPORCHI AFFARI CAPITALISTICI, andando ad ammazzare persone innocenti per le strade, proprio come i capitalisti israeliani, siriani, iraniani e spagnoli, cosa  che con il marxismo non ha assolutamente nulla a che fare! Cosa che VOI fate finta di ignorare.

Voi sostenete borghesie terroristiche corrotte e sanguinarie in Palestina, Kurdistan, Catalogna, finanziate massicciamente da banche, petroldollari e chissà quanto altro, che perseguono l’unico scopo dell’indipendenza per continuare a sfruttare e soggiogare i propri lavoratori, esattamente come le borghesie in Israele, Siria, Iraq, Iran e Spagna e in tutto il mondo. E mai nei vostri comunicati pseudo comunisti vi è un accenno alle tragiche condizioni che i proletari (se sapete cosa sono i proletari) devono subire, per esempio in Palestina e Israele, dovuto alla guerra tra le borghesie palestinese e israeliana. MAI!

QUESTO, SIGNORI OPPORTUNISTI FALSI COMUNISTI, NON HA NIENTE A CHE FARE CON IL MARXISMO!

Il marxismo E’ TUTT’ALTRA COSA, ANDATEVELO A STUDIARE!

 

NOI SIAMO FIERI DELLE NOSTRE POSIZIONI!

 

Stesse posizioni che Lotta Comunista ha sostenuto negli anni ’70-’80 quando altri movimenti trotzkisti e stalinisti vostri predecessori sostenevano come VOI ora, i fanatici terroristi  palestinesi e non gli sfruttati lavoratori palestinesi e israeliani, senza avere la MINIMA IDEA di cosa fosse la LOTTA DI CLASSE. Per poi nella loro confusione rendersi conto ed accettare, che effettivamente i terroristi non lottavano per il socialismo, ma per i loro loschi affari capitalistici, e di conseguenza, questi vostri predecessori, dare forfait, abbandonando la politica e sparire completamente dalla scena, e da molti decenni.  E ora siete arrivati voi, residui di stalinismo e trotzkismo,  sprovveduti totalmente insignificanti, che come trotzkisti e stalinisti vi definite “Comunisti democratici”, ma che andate a provocare e cercate di IMPEDIRE  idee diverse dalle vostre, impedire che ottimi attivisti di Lotta Comunista diffondano  un’ analisi realistica.

 

                                                                                                                                                   Claudio Piccoli

                                                                                                                                                                                                        Attivista per 40 anni per Lotta Comunista

                                                                                                                                                                                                      Ed ora operativo con successo a Berlino

 

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        19 marzo  2024  

“Troppe crisi per il dio mercato.

Non è che alla fine aveva ragione Karl Marx?”

(“il Fatto Quotidiano” - 11 agosto 2023) 

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Presentiamo qui alcune nostre considerazioni sull’articolo apparso su “il Fatto Quotidiano” del 11 agosto 2023 

“Troppe crisi per il Dio mercato. Non è che alla fine aveva ragione Marx?”  che  possono essere

utili per capire come ragionano i massimi dirigenti economici-finanziari del capitalismo.

 

 

 

Molto interessante è vedere questi “guru” della finanza e dell’economia considerati menti eccelse nel loro mondo affaristico quando tutto in economia va bene, entrare in confusione quando insorgono le inaspettate crisi. Crisi che loro ‘menti eccelse’, ‘santoni’ della finanza non hanno saputo ne prevedere ne evitare.

E’ in questi momenti, con fare non più arrogante, in fase depressiva e atteggiamento modesto che cominciano a ricercare, indagare, le ragioni della loro insipienza in questi imprevedibili profondi eventi. E incredibilmente appare loro Marx, riscoprono Marx che li può aiutare nel dilemma. Il tanto avversato e disprezzato Marx che però ha analizzato così bene e dettagliatamente il sistema capitalistico in tutti i suoi aspetti, anche le crisi.          

La loro speranza è: può questa analisi così precisa e ben dettagliata da Marx aiutarci ad evitare le crisi, così che l’accumulazione del capitale avvenga senza disastri? E cominciano a studiarsi e ad approfondire il “Capitale”: ‘salario’, ‘prezzo’, ‘profitto’, ‘sfruttamento’, ‘plusvalore’, ‘saggio di profitto’, ‘concorrenza’, ‘accumulazione originaria’, ‘profitto industriale’, ‘profitto finanziario’, e, ah, ecco: le ‘crisi’!  

E qui però ricevere una brutta, ma brutta notizia: le crisi nel sistema capitalistico sono ‘parte integrante del sistema stesso’, ‘imprevedibili’ e ‘inevitabili’. 

Il tanto da loro superdecantato e osannato sistema capitalistico-affaristico, che secondo le loro teorie può portare solo sviluppo e crescita, è anche causa di paurose crisi. Ma non solo; crisi che a cicli sono destinate inesorabilmente a estendersi su scala planetaria, fino al tracollo totale dei mercati, con seguenti vasti collassi e catastrofi economiche  sociali. E di seguito guerre per la conquista e spartizione dei mercati condotte da nazioni, nazioni e governi controllati dalle aziende. Il tutto, e qui arriva il botto finale, regolarmente confermato dalla realtà e sistematicamente comprovato dalla storia. Lo stato depressivo sale quindi alle stelle.  

A questo punto sull’argomento, è bene inoltrarci negli interessanti commenti che uno dei massimi quotidiani italiani, “il Fatto Quotidiano” del 11 agosto 2023 con il titolo “Troppe crisi per il Dio mercato. Non è che alla fine aveva ragione Marx?” riporta.    

E’ ‘Mauro Del Corno’ per il giornale che scrive: «”Ogni volta che il marxismo viene dichiarato morto e sepolto, ed è successo non so quante volte, si scatena l’ennesima ondata di crisi e le nuove generazioni riscoprono il valore di queste idee. In fondo non potrebbe essere diversamente, le contraddizioni del capitalismo generano crisi economiche, sociali, politiche e ambientali e ogni generazione che ne subisce le dure conseguenze cerca di comprenderle e ipotizzare una via alternativa”, spiega a  Fq Millenium  David Ruccio, professore emerito di economia all’università di Notre Dame ed autore del libro ‘Marxian Economics’».

Il marxismo viene dato per morto, ma le crisi che inesorabilmente colpiscono il sistema fanno riscoprire agli economisti l’analisi di Marx, essenziale per la comprensione del capitalismo. Nonostante si cerchi di screditare e accantonare Marx, alla fine è a lui che bisogna rivolgersi per capire il meccanismo in tutti i suoi aspetti e avversità.

Prosegue l’articolo: «L’economista Vladimiro Giacché è uno studioso delle teorie di Marx ma la sua carriera professionale si è svolta sinora nel mondo dell’alta finanza. Prima a Capitalia e Banca Profilo al fianco del banchiere  Matteo Arpe, e ora responsabile della ricerca per Banca del Fucino. “Quando nel 2009 ho pubblicato un’edizione degli scritti di Marx sulla crisi” racconta a Fq Millenium, “mi sorprese l’interesse mostrato da Arpe, con cui collaboravo, e da Alessandro Profumo [uno dei massimi banchieri italiani. ndr]. Ma in fondo si trattava di una sorpresa ingiustificata visto che le teorie di Marx rappresentano un’analisi dell’economia capitalistica e sono utili a chiunque desideri capire le linee di tendenza, i trend economici di fondo, a maggior ragione di fronte alla scarsa comprensione delle radici della crisi  da parte dell’economia mainsteram, sia neoclassica sia neokeynesiana. La cosa paradossale, semmai, è che questi strumenti di analisi [marxismo, ndr] siano stati completamente dimenticati dalla politica”. 

Vladimiro Giacchè, economista e membro dell’alta finanza, quando nel 2009 nel pieno dell’allora crisi finanziaria, pubblica gli scritti di Marx, è sorpreso dell’interesse che mostrano i massimi banchieri sull’argomento. Ma in fondo dice, è logico l’interesse per l’analisi marxista, visto che è l’unico strumento valido per la comprensione delle “linee di tendenza” del sistema e le altre teorie ‘neoclassiche’ e ‘keynesiane’ non danno spiegazioni esaurienti, falliscono, nell’interpretazione dell’economia capitalista.

L’articolo si fa poi sempre più interessante e continua: «Dopo la caduta del muro di Berlino i libri di Marx sono passati dai salotti alle soffitte. Dal 2008 in poi si è però assistito ad un ritorno di interesse per le tesi del filosofo tedesco che, con alti e bassi, non si è 

mai spento. “I politici che cercano di capire il caos che segue il panico  finanziario, le proteste e gli altri malesseri che affliggono il mondo farebbero bene a studiare un economista morto molto tempo fa: Karl Marx”, ha detto non molto tempo fa  George Mangnus, autorevole consulente economico del colosso bancario svizzero Ubs. Riviste insospettabili, tra cui l’Economist, hanno dedicato approfondimenti a queste teorie che sembrano attrarre in modo particolare i più giovani. Di recente il settimanale tedesco ‘Der Spiegel’  ha messo Marx in copertina domandandosi:  “Aveva ragione lui?”.

Tutta l’alta borghesia finanziaria europea riscopre nei momenti di crisi, l’utilità delle teorie di Marx. Per i giovani che guardano al futuro e vogliono capire, l’analisi marxista diventa ancora più attraente, interessante. 

L’autore dell’articolo, Mauro Del Corno, procede poi riportando che in Gran Bretagna la regina Elisabetta avrebbe chiesto agli economisti analisti: «“Perché non avete previsto la crisi”? E non una crisi ‘qualsiasi’, ma la più grande dai tempi del crollo del ’29”. Gli economisti non sono stati in grado di rispondere. Non hanno saputo rispondere semplicemente perché secondo i loro libri  quella crisi non doveva esserci. In molti hanno pensato e continuano a pensare che ad essere sbagliato sia il mondo e non le loro teorie. Qualcun altro ha però iniziato a porsi qualche interrogativo sulla validità delle tesi economiche dominanti. E a rileggere i libri di chi queste crisi le aveva previste e descritte benissimo, tra questi  Karl Marx.  Nella sua visione, il capitalismo è destinato inesorabilmente a generare crisi, su scala sempre più larga, per effetto delle sue contraddizioni interne. Così sino alla inevitabile implosione finale. Nessuna speranza che il mercato si autoregoli, semplicemente non è ha la capacità. E non bastano neppure sostegni esterni qua e là, convinzione che sottende invece alle teorie dell’economista inglese John Maynard Keynes».

Il commento alla domanda della regina che Mauro Del Corno autore dell’artico dà, è corretta e seria: “Non hanno saputo rispondere semplicemente perché secondo i loro libri  quella crisi non doveva esserci”.  Aggiungendo che,  la spiegazione va ricercata in chi  “queste crisi le aveva previste e descritte benissimo, tra questi  Karl Marx”. Il quale “Nella sua visione, il capitalismo è destinato  inesorabilmente a generare crisi, su scala sempre più larga, per effetto delle sue contraddizioni interne. Così sino alla inevitabile implosione finale. Nessuna speranza che il mercato si autoregoli, semplicemente non è ha la capacità”  Esattamente così.  Corretto Mauro Del Corno.  Bravo!

Interessante poi è la citazione: “In molti hanno pensato e continuano a pensare che ad essere sbagliato sia il mondo e non le loro teorie”. E’ una affermazione che si sente spesso tra i professori del mondo finanziario fanatici sostenitori del capitalismo, ed è veramente strabiliante nella sua stupidità. L’arroganza sarebbe: “io ho ragione, è la realtà che è sbagliata!”. In altre parole è come dire: uno scienziato in laboratorio a cui l’esperimento di continuo non riesce dice: “io ho ragione, sono gli elementi che sbagliano!”. Pazzesca la insipienza capitalista..

E’ da riportare anche un’altra “stupidità capitalista”. Marx viene definito “filosofo”. Marx non è stato solo ‘filosofo’, è un rivoluzionario!  Un rivoluzionario pratico-teorico estremamente  attivo, che ha dedicato tutta la sua vita alla battaglia rivoluzionaria.

Che ha dovuto per necessità rivoluzionaria, assieme ad Engels, approfondire notevolmente tematiche economiche, filosofiche e sociali, per dimostrare nella realtà tutta la necessità pratica della lotta comunista. Tutti  studi che dimostrano nettamente come l’umanità sia indirizzata e abbia bisogno di una società superiore, nel superamento del controverso capitalismo.

Per concludere. A noi marxisti le analisi di Marx non servono, com’è nello scopo dei banchieri e degli analisti dell’alta finanza, per capire come accumulare più soldi, come inutilmente diventare più ricchi. Assolutamente no.

Il sistema che è “destinato inesorabilmente a generare crisi su scala sempre più larga per effetto delle sue contraddizioni interne” manda nel ‘panico’ non solo gli addetti alla finanza, ma genera situazioni catastrofiche anche nelle masse. E il fatto che sarà  “così sino alla inevitabile implosione finale. Nessuna speranza che il mercato si autoregoli, semplicemente non è ha la capacità”  conferma che la lotta rivoluzionaria intrapresa da Marx e da noi con tenacia e sicurezza perseguita, è giusta e necessaria. Che l’umanità ha bisogno di una società superiore.

                                                                                                   Claudio Piccoli


 

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        18 febbraio  2024  

IL RIARMO TEDESCO 

“In  5  anni  dobbiamo essere  pronti  per  la guerra”!

E per il riarmo il governo di Berlino mette a disposizioni 100 miliardi. 

 

UN’ALTRA CONFERMA DELL’ANALISI MARXISTA: I CAPITALISTI SENZA LE GUERRE NON POSSONO ESISTERE.

L’imperialismo cinese che è in veloce ascesa nella scena mondiale sta diventando il concorrente più potente per le multinazionali USA e europee, che per i loro affari ne vedono il futuro pericolo. Com’è prassi perciò nel capitalismo e come il passato ci ricorda, cominciano ad armarsi per prepararsi per i futuri scontri, anche militari.

Nelle nazioni sono i presidenti e i governi che si occupano del compito RIARMO, e farlo accettare alle popolazioni. E oggi di fronte all’ascesa cinese, sono proprio i presidenti americani che spingono per il forte potenziamento militare, non solo negli USA, ma anche in Europa e in Giappone. Prima con Trump con la minaccia delle sanzioni ai governi europei se non avessero innalzato le loro quote militari nella NATO, e adesso Biden, che sta sfruttando anche la guerra in Ucraina perché gli alleati aumentino i loro armamenti, sempre in ambito Nato,.

Quindi sotto spinta USA anche l’imperialismo tedesco con il suo governo di Berlino, abbandonando la sua (di comodo) cosiddetta “posizione pacifista” si indirizza nella “militärische Zeitwende” (svolta militare) per un massiccio riarmo. Mandando nello sgomento tutti gli ingenui pacifisti nazionali che avevano veramente creduto al “pacifismo tedesco”.

Ironia della storia, oggi in Germania è proprio il governo “verde/sinistra” Scholz a svolgere questa funzione imperialista, dove i Verdi (Grünen Bündnis90) in campagna elettorale avevano sostenuto con forza la farsa della loro posizione “antimilitarista”, di “pace”, “benessere”.  

Con il consenso dell’83% il parlamento tedesco ha approvato lo stanziamento di 100 miliardi per il riamo militare, andando a pescare nelle sue riserve finanziarie. Una somma veramente considerevole ! (si badi: 100 miliardi per il riarmo, non per il benessere delle persone).

La stampa non ha dato però molto risalto alla “Zeitwende” (svolta militare) per non spaventare, allarmare la popolazione. Anche se Pistorius, ministro della difesa, afferma che il 72% della popolazione è d’accordo.

In che cosa consiste questo potenziamento militare in Germania di 100 miliardi? E’ l’articolo “Propositi tedeschi per il riarmo europeo” apparso su Lotta Comunista il dicembre 2023 che ci riporta i dati: “Si tratta di uno scudo antimissile che si appoggia sul sistema IRIS-T SLM tedesco, sul Patriot americano e sull’Arrow-3 israeliano”… “Rheinmetall  ha presentato il nuovo carro armato Panther KF51”, e … “la Luftwaffe sta comprando i caccia americani F 35”. In pratica, un potenziamento in tutti i settori militari.

“Un’altra particolarità della Bundeswehr [esercito tedesco – ndr]” prosegue l’articolo “consiste nella presenza di tre corposi servizi autonomi: l’SKB (Streitkräftebasis) che si 

occupa di manutenzione e logistica con un personale di 22.000 uomini; il servizio centrale sanitario (ZSanDstBW) con 20.000 fra medici e infermieri; e il CIR (Cyber- und Informationraum) con 17.000 militari che lavorano alla sicurezza e digitalizzazione delle forze armate”. 

L’articolo di Lotta Comunista cita poi la futura formazione di 3 nuove divisioni in Europa in cui anche i tedeschi ne faranno parte: “La ‘Decima Panzerdivision’ comprenderà la brigata meccanizzata olandese, quella franco-tedesca e una della Repubblica Ceca. La ‘Prima Panzerdivision’ aggregherà un’altra brigata olandese. La ‘DSK’ (Division Schnelle Kräfte) sarà aviotrasportata, comprenderà una brigata rumena e il battaglione logistico anfibio tedesco-britannico. Die converso il ‘Seebataillon’, l’unico reggimento marittimo tedesco, opera a bordo della nave anfibia olandese Karel Dorman”. Il tutto, ribadiamo noi, avverrà sotto rigida conduzione NATO, dove Washington ne detiene il comando.

Il RIARMO TEDESCO quindi è avviato, non c’è dubbio e procederà senza interruzione.

In questo riarmo, molto interessante e da sottolineare, è la posizione assunta oggi da Joschka Fischer dei Grünen Bündnis90 (i Verdi), ex ministro degli esteri nei governi Schröder (1998-2005): “la UE ha bisogno di un proprio deterrente atomico afferma. Interessante perché la posizione negli anni ’90 dei Verdi (Grünen Bündnis90) e soprattutto di Joschka Fischer era decisamente e fermamente 

pacifista “contro le guerre”, “contro il riarmo”, e soprattutto “contro le centrali atomiche”. Posizioni che nel 1998 entrando nel governo del socialdemocratico Schröder hanno subito rinnegato sostenendo l’intervento militare contro la Jugoslavia con relativo aumento dell’armamento tedesco (esattamente come oggi, dopo essersi in campagna elettorale dichiarati “pacifisti”, sostengono nel governo del socialdemocratico Scholz la guerra in Ucraina e il riarmo militare). Con l’aggiunta che ora Joschka Fischer vuole anche il “riarmo atomico” tedesco! (da precisare: senza che gli altri dirigenti dei ‘Grünen Bündnis90’ lo smentiscano o contrarino) … e la farsa politica prosegue.

“Le guerre sono parte integrante del capitalismo” scriviamo ripetutamente nei nostri articoli. E’ proprio così, e la realtà è lì a confermarlo tutti i giorni. 


 

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       27 ottobre  2023

CON I PROLETARI IN PALESTINA,

CON  I   PROLETARI  IN   ISRAELE,

CONTRO I CAPITALISTI, CHE CAUSANO LE GUERRE 

“Il nemico è in casa nostra!”

Dichiararsi dalla parte della “Palestina” o di “Israele” non ha alcun senso.

Le nazioni sono suddivise in capitalisti e proletari. Gli uni si scontrano e lottano contro gli altri.

Da una parte i capitalisti che dirigendo gli stati, sfruttando e soggiogando i proletari, sono coloro che causano le guerre. Dall’altra i proletari, sfruttati e sottomessi dai capitalisti, che le guerre le devono subire. E ovviamente vengono fatti convinti che le guerre sono giuste per poi essere usati dai capitalisti come “carne da cannone”.

E’ esattamente ciò che sta accadendo anche adesso in Palestina e Israele, anch’esse suddivise in classi contrastanti: proletari contro capitalisti.

Il Marxismo si pone sempre dalla parte dei proletari, palestinesi o israeliani che siano.

Che il mondo borghese affarista sia strapieno di guerre e lotte tra capitalisti, dove i più potenti sottomettono e soggiogano quelli  più deboli, è normalità nel capitalismo. Com’è normalità che in questa incessante battaglia tra briganti, capitalisti più deboli cerchino di liberarsi dalle oppressioni dei più forti, così da essere liberi nell’ottenere più profitti. 

E oggi che sul pianeta tutte le nazioni sono capitaliste, le lotte e le guerre per “l’indipendenza” sono da intendersi esclusivamente e senza eccezione lotte tra capitalisti. Capitalisti che per i loro affari hanno interesse e finanziano l’indipendenza. Non certo l’indipendenza interessa i lavoratori, per i quali ciò che conta è solo un buon salario, indipendentemente da chi lo eroga.   

Così funziona la società capitalista, così ben dettagliata da Marx stesso.

La tragedia però sta nel fatto che le masse proletarie in queste catastrofi di guerre tra banditi, ne vengono trascinate, manipolate. L’informazione borghese con tattiche di notizie appositamente mirate e studiate, persuade i lavoratori che gli interessi capitalistici della nazione sono i “loro” interessi, per i quali devono sacrificarsi. E avviene la tragedia, dove proletari manipolati vengono usati, come dice Lenin,  come “carne da cannone”  per gli interessi dei ricchi.

E questo sta accadendo anche oggi in Palestina, anch’essa suddivisa tra borghesi e proletari, dove briganti ricchi mandano al massacro inconsci giovani proletari convinti. 

E’ questa la realtà. E questo è IL MARXISMO.

Ma le organizzazioni trotzkiste, anarchiche o ribelli che sostengono la Palestina non considerano queste concretezze, ignorano questa oggettività. Genericamente sostengono i “palestinesi”, senza capire la suddivisione in classi e la lotta di classe in Palestina.

Dichiararsi perciò dalla parte della “Palestina” o di “Israele” significa non altro che dichiararsi dalla parte dei ricchi in Palestina o in Israele, che dominano e dirigono la società e manipolano la popolazione.

In pratica inconsciamente queste organizzazioni pur dichiarandosi marxiste sostengono i capitalisti, nemici dei lavoratori.

NON E’ LA POSIZIONE DEL MARXISMO !

Il Marxismo lotta per una società superiore, ed è sempre dalla parte dei proletari, mai dei capitalisti!

“Il nemico è in casa nostra!” dichiara giustamente Karl Liebchnek. Proprio così, il nemico sono i capitalisti in ogni paese, palestinesi o israeliani o Europa che siano.

Nella lotta di classe il Marxismo  sostiene i proletari palestinesi contro i capitalisti palestinesi. Ed è dalla parte dei proletari israeliani contro i ricchi israeliani. 

Affinchè si organizzino e combattano, non per l’inutile e sbagliata indipendenza capitalistica, ma per abbattere con rivoluzioni definitivamente il perverso sistema borghese e arrivare alla società superiore.

QUESTA E’ LA POSIZIONE CORRETTA DEL MARXISMO!


 

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       1 ottobre  2023

RICCHI SEMPRE PIU' RICCHI!

Anche speculando cinicamente sul

Covid   e   sulla   guerra  in   Ucraina

I lavoratori devono scioperare duro per salvaguardare i loro stipendi e le loro pensioni e contro l’aumento delle tasse. Ma per i RICCHI la situazione si ribalta, loro DIVENTANO SENPRE PIU’ RICCHI senza tanti problemi.

E non è una cosa degli ultimi anni, ma questo si ripete decennio dopo decennio. Indipendentemente da crisi, catastrofi, disastri o problemi di vario tipo loro DIVENTANO SEMPRE PIU’ RICCHI. Un aumento sproporzionato della ricchezza che per loro per vivere non serve assolutamente a niente.   

E il paradosso è che questi esseri straricchi impediscono poi in tutti i modi, si adoperano con mille mezzi, contro lavoratori che difendono con lotte dure il loro tenore di vita, spesso anche molto basso, o che difendono le loro pensioni per garantirsi una vecchiaia non in miseria.

Una evidente società molto ingiusta questa, che non ha nessuna ragione di esistere. 

La perversione capitalistica è talmente smisurata e senza limiti che viene addirittura riportato che le aziende multinazionali approfittando della pandemia Covid e dello scombussolamento generale della guerra in Ucraina hanno cinicamente aumentato a dismisura i prezzi, così da speculare e lucrare per guadagnare ancora di più: una infamia nella tragedia.   

Creando una situazione inverosimile dove, oltre alla guerra e alla pandemia, aumentando i prezzi alle stelle nei vari paesi in tutto il mondo, hanno impoverito milioni di famiglie nel loro spesso già basso tenore di vita, soprattutto negli alimenti. Con prezzi che alla fonte erano aumentati del 30% sono stati portati al raddoppio. Un cinico, bestiale imbroglio capitalistico.

Tanto che molti specialisti hanno cominciato a dare un nome a questa disgustosa speculazione: “Gierflation”, ossia “inflazione dell’avidità”.  In altre parole … “questo  [Gierflation]  è 

quello che viene chiamato un fenomeno in cui le  aziende aggiungono al prezzo finale più di quanto giustificherebbe l’aumento dei prezzi” (Tagesschau “Gewinne steigen in Deutschland besonders stark” - “I profitti in Germania aumentano particolarmente veloci”  - 11.07.2023).

NON ESISTONO “CAPITALISTI BUONI”. Per i capitalisti ciò che è fondamentale è solo il raggiungimento del profitto: cioè aumentare i già astronomici capitali e che i bilanci siano sempre in attivo al massimo. Anche se questo significa guerre, impoverire le masse, speculare sulle catastrofi naturali, speculare sulla fame della povera gente e mandare in rovina intere popolazioni. Per questi esseri, cioè per i capitalisti, tutto questo non ha nessuna importanza, fondamentale è la massimizzazione del profitto.

Tutto ciò viene confermato costantemente dalle continue  guerre che impestano il pianeta, dai disastri sociali, le speculazioni,  le corruzioni,  le devastazioni,  le furibonde  lotte  pe r  il  potere  e quant’altro.

Pensare a capitalisti “buoni” o capitalisti “cattivi” è utopia pura, ingenuità inaudita. Il capitalista (qualsiasi) investe dove vede solo il massimo guadagno, non per l’armonia e il benessere della società. Investe nel grano perché ne vede un profitto, non per altro, così come nell’automobile. Ma le stesse aziende investono altrettanto nei disboscamenti, el carbone, nelle armi e nelle guerre, perché anche qui ne vedono un profitto. Così come la corruzione e le speculazioni perseguono lo scopo della massimizzazione dei profitti.

La società capitalista non può esistere senza queste schifezze di truffe e porcherie. Chi pensa ad un capitalismo pacifico, armonioso e ordinato è un illuso sempliciotto, un enorme ingenuo.

L’umanità ha invece bisogno di un’altra società, in cui vivere e godere del benessere prodotto. Per raggiungerla c’è bisogno però, contro i capitalisti, di rivoluzioni. 

 

Mentre gli stipendi

reali calano…

“Secondo l'OCSE, l'accelerazione dell'inflazione dopo l'attacco russo all'Ucraina ha causato un calo dei salari reali in quasi tutti i 34 paesi membri presi in esame” (Tagesschau “Gewinne steigen in Deutschland besonders stark”  11.07.2023)

 

 

L’aumento speculativo dei prezzi erode il potere d’acquisto dei salari. Di conseguenza tutte le categorie di lavoratori devono mobilitarsi per recuperare l’inflazione persa. Per cui partono scioperi, lotte, rivendicazioni, poichè i meschini ricchi imprenditori nonostante i forti guadagni speculativi rifiutano di dare ai lavoratori i recuperi salariali richiesti. Ed è qui, nella lotta, che entrano in azione i “collaboratori dei capitalisti”: partiti, governi, giornali, tv, tutti in sintonia a servizio del capitale per frenare, discreditare, disincentivare, i lavoratori in lotta.    

Nonostante sia chiaro che i sindacati dei lavoratori sono costretti a dure e lunghe battaglie per recuperare almeno in parte il potere d’acquisto eroso, partono ufficiali campagne denigratorie mediatiche, tv e giornalistiche, sostenute dai governi, non contro gli straricchi avidi capitalisti accumulanti inutile denaro che non vogliono mollare e si rifiutano di concedere i giusti recuperi salariali, ma contro chi produce ricchezza nel paese, cioè i lavoratori in lotta, costretti allo sciopero. Etichettati come “disfattisti”, “provocatori”, “irresponsabili”, cercando di arrivare addirittura alla limitazione dell diritto di sciopero. Lavoratori, cioè produttori, che lottano per le loro famiglie, per un decente tenore di vita, per non finire in miseria.   

 

… le tasse aumentano.

 

“Tra i 38 Stati membri, la Germania è al secondo posto tra i paesi industrializzati dell'OCSE dopo il Belgio in termini di imposte e contributi previdenziali sul reddito da lavoro. L'aliquota fiscale media per una coppia sposata con figli è del 40,8%. Solo in Belgio l'onere è più alto, al 45,5%. L'onere fiscale medio per tutti i paesi OCSE è del 29,4%”  (Tagesschau “Hohe Steuer- und Abgabenlast in Deutschland” 25.04.2023)   

 

 

Anche le alte tasse sugli stipendi è uno dei tormenti contro cui i salariati sono costretti costantemente a lottare. Imprenditori e banchieri, nonostante multimiliardari, cercano di non pagare il sociale, operando affinchè siano gli operai a pagare. Questo compito, per loro di pagare al minimo le tasse, gli straricchi lo demandano ai partiti, ai parlamenti, ai governi. Loro devono convincere i salariati che è giusto pagare il fisco, anche se molto alto. E il sistema è talmente contorto, ingiusto e sbagliato che, mentre i lavoratori sono costretti a pagare le tasse poichè vengono prelevate direttamente dagli stipendi, i miliardari non solo riescono a pagarne pochissime, ma con molti trucchi legislativi riescono facilmente anche abbondantemente ad evaderle. Così Wikipedia: “Secondo le stime dell'Istituto tedesco per la ricerca economica (DIW), la perdita di reddito dovuta all'elusione fiscale da parte delle aziende in Germania ammonta fino a 30 miliardi di euro all'anno”. Riteniamo che, in un confronto con l’evasione imprenditoriale di altri paesi, questa somma (30 miliardi) corrisponda molto al di sotto della realtà oggettiva.

In sintesi. Non possiamo altro che constatare che in questa iniqua società capitalistica per i lavoratori non vi sia scampo: vengono costantemente raggirati, ingannati, soggiogati, sia nei loro salari che politicamente, da partiti imbroglioni al servizio dei miliardari con cui contribuiscono per il potere.


 

 

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       20 marzo 2023

Analisi dello scontro internazionale tra borghesie

 

IL SOGNO DELL’ESERCITO EUROPEO INFRANTO

DEFINITIVAMENTE CON LA GUERRA IN UCRAINA

Esercito europeo: realtà o chimera? Verosimilmente una chimera.

L’imperialismo americano che ha vinto la 2° guerra mondiale chiaramente non lo vuole.

A 30anni dalla fondazione della UE nel 1993 a Maastricht l’esercito europeo rimane sempre un desiderio. Evocato, o forse è meglio dire, sospirato dalle cancellerie europee, non è mai stato però preso veramente sul serio nella sua costituzione pratica.      

A mettere le cose in chiaro ancora una volta è stato il vertice tra NATO e Unione Europea a Brussel in gennaio, dove gli americani hanno ribadito e poi con gli europei sottoscritto, che la difesa europea è compito della NATO. Visto il contenuto del documento finale probabilmente la parola “esercito europeo” non è mai stata neanche pronunciata.

Nell’Alleanza Atlantica, dove anche gli stati (le borghesie) europei ne fanno parte, l’imperialismo americano svolge un ruolo di dirigenza che assolutamente vuole mantenere, impedendo in tutti i modi che le borghesie europee si uniscano mettendo in discussione la leadership di Washington. In questo intento impedisce pertanto sia la formazione di una Unione Europea politicamente pienamente unita, che la formazione di un esercito europeo unito. 

E nel vertice congiunto NATO-EU a Bruxelles questo viene detto e ribadito con molta fermezza: "Il presidente Putin voleva dividerci ma ha fallito. Il regime a Mosca voleva un'Europa differente [ il distacco dell’Europa dagli USA – ndr ] e ciò avrebbe conseguenze sulla nostra sicurezza. Quindi noi dobbiamo continuare sulla nostra alleanza transatlantica, sulla cooperazione Ue-Nato e rendere più forte il nostro supporto all'Ucraina’. Ha dichiarato Stoltenberg – NATO” (ANSA – 10 gennaio).     

E da parte EU rimarca Michel, presidente del Consiglio Europeo: "L'Ue e la Nato ‘hanno aggiornato

le loro ambizioni sulla sicurezza globale. Con la dichiarazione di oggi vogliamo intensificare la nostra cooperazione su spazio, infrastrutture strategica, disinformazione e ingerenze, cambiamento climatico" … "Viviamo in un'epoca di crescente competizione strategica. La crescente assertività e le politiche della Cina presentano sfide che dobbiamo affrontare, rimarcano la Ue e la Nato” (ibidem).   

Si legge poi nel documento finale  "Come sottolineato sia dal Concetto strategico della Nato che dalla Bussola strategica dell'Ue, questo è un momento che dimostra più che mai l'importanza del legame trasversale e che richiede una più stretta cooperazione tra l'Ue e la Nato. La Nato rimane il fondamento della difesa collettiva per i suoi alleati ed è essenziale per la sicurezza euroatlantica. Riconosciamo il valore di una difesa europea più forte e più capace, che contribuisca positivamente alla sicurezza globale e transatlantica e sia complementare e interoperabile con la Nato", (ibidem) .

E’ in questa dichiarazione congiunta La Nato rimane il fondamento della difesa collettiva per i suoi alleati ed è essenziale per la sicurezza euroatlantica" che viene dichiarata l’essenza del vertice militare NATO-EU : sarà solo la forza armata della NATO – ossia a direzione USA - che d’ora in avanti svolgerà il ruolo di difesa europea, intendendo: non esisterà un futuro esercito europeo. Per le borghesie europee è la chiara fine delle speranze di una unione militare esclusivamente europea.

D’ora in avanti (ma in realtà lo era anche nel passato) le future dichiarazioni di politici e giornali di “costituzione di una armata europea per difendere gli interessi degli europei” sarà solo retorica, la continuazione di un piagnisteo senza speranza.


 

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   11 novembre 2022

Guerra capitalistica in Ucraina

DALLA PARTE DEI LAVORATORI UCRAINI E RUSSI, 

CONTRO TUTTI I CAPITALISTI CHE CAUSANO LE GUERRE

 

Con le guerre i lavoratori non hanno mai niente a che fare, questo è chiaro a tutti. Non è che un popolo improvvisamente impazzisce e decide di muovere guerra contro un altro popolo con il quale prima era amico. Questo assolutamente no, come correttamente afferma Lenin. La causa di una guerra va sempre ricercata nella competizione, nello scontro di interessi tra le fazioni capitaliste in concorrenza tra di loro per rubarsi a vicenda i mercati, vale a dire le nazioni. Fazioni di borghesia, cioè grandi complessi multinazionali, che controllando l’informazione e dirigendo i governi li portano nei disastri militari, trascinandovi le popolazioni coinvolte.

LE GUERRE. Di tutte le perversioni e ingiustizie che imperversano nella società capitalistica, le guerre sono senz’altro le peggiori. Dove i capitalisti qui mostrano tutta la loro brutalità, crudeltà, e l’assoluta mancanza di considerazione per l’essere umano. Dove senza nessun scrupolo, nel tra di loro scontro, non esitano a sacrificare migliaia, centinaia di migliaia o perfino milioni di persone pur di raggiungere i loro scopi di massimizzazione del profitto.

I MARXISTI. Nella barbaria delle guerre ci poniamo sempre a fianco dei lavoratori, ossia di TUTTI I LAVORATORI, coinvolti loro malgrado nella carneficina. Vale a dire che nell’attuale guerra in Ucraina siamo a fianco dei lavoratori ucraini che russi, come nella guerra in Libia siamo a fianco di tutti lavoratori libici, contro le fazioni libiche borghesi in guerra tra di loro che si contendono la nazione. E certamente siamo con i lavoratori cinesi, europei, americani, eritrei e tutti.

E’ l’unità di lotta dei proletari assieme, senza barriere e senza patria che può mettere fine alle barbarie delle guerre. Proletari russi, ucraini, europei, cinesi, arabi, africani, contro i propri capitalisti guerrafondai.

“IL NEMICO E’ IN CASA NOSTRA” afferma giustamente il rivoluzionario Karl Liebknecht nel 1915 . I CAPITALISTI DI CASA NOSTRA SONO IL NEMICO, è loro che dobbiamo combattere, 

non gli innocenti proletari di altre nazioni anch’essi sfruttati nella produzione.

Si, perché “la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi”. Vale a dire che i briganti capitalisti nella loro costante lotta per la spartizione del mondo non sono tra di loro solo in costante competizione economica e finanziaria, ma quando questo non basta per trovare un accordo, anche l’uso delle armi è un mezzo per raggiungere gli scopi, anche se questo significa disastri inimmaginabili per le masse.

Leggi repressive in Ucraina e Russia. E’ in queste situazioni disastrose che spariscono le differenze tra nazioni “democratiche” o nazioni “autoritarie”. Perché contrariamente a quanto dichiarato dai sostenitori delle democrazie, è proprio nelle guerre che le borghesie mostrano la loro vera faccia dispotica imponendo brutalmente la propria dittatura, togliendo tutte le libertà democratiche, cosicchè i loro obiettivi con le armi vengano raggiunti. Infatti non solo in Russia vengono represse le proteste contro la guerra come ampiamente riportato dall’informazione di casa nostra, ma anche nella “democratica” Ucraina sta succedendo la stessa cosa, altrettanto repressiva: tutte le organizzazioni di sinistra contro la guerra sono state bandite e vengono brutalmente perseguitate. Questo però con la complicità del totale silenzio dei media.

Non c’è scelta: contro la dittatura della borghesia:  RIVOLUZIONE !


 

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Come deve essere condotta una rivoluzione?

LA  RIVOLUZIONE  PROLETARIA  E’  SEMPRE 

UNA QUESTIONE MILITARE, MAI SINDACALE

PERCHE’ LA BORGHESIA IMPEDISCHE, SEMPRE, CON  BRUTALI REPRESSIONI

L’ ASCESA DEL PROLETARIATO AL POTERE.

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MA QUAL’E’ IL MOMENTO GIUSTO PER GUIDARE UNA RIVOLUZIONE 

E CON QUALI STRUMENTI VA DIRETTA?

 

Su segnalazione di alcuni compagni abbiamo leggermente integrato il testo precedente,

per meglio e correttamente chiarire il concetto di presa del potere proletario.

 

 

La rivoluzione proletaria è sempre una questione militare. Questo deve essere sempre ben chiaro agli attivisti rivoluzionari. Perché nei momenti rivoluzionari quando le masse lavorative  si esprimono per uno stato proletario, la borghesia non ha nessun scrupolo nel sopprimere con tutti i mezzi, anche militari, i proletari, massacrandoli, affinchè non giungano al potere. Di conseguenza, la rivoluzione proletaria se vince militarmente ha successo, se perde svanisce, non avviene e la dittatura borghese continua a persistere. Non esiste una via di mezzo, assolutamente. Non ci è permesso essere ingenui.   

Le due esperienze storiche rivoluzionarie proletarie al riguardo, la Comune di Parigi del 1871, e l’ottobre russo 1917, hanno potuto aver successo proprio perché i rivoluzionari hanno vinto militarmente sulla borghesia, non per altre ragioni. In tutte le altre esperienze storiche di tentativi rivoluzionari i rivoluzionari hanno sempre perso perché non sono giunti, per diversi motivi, al raggiungimento di una vittoria militare. Quindi alla fine, è questo il nodo cruciale di tutto. 

La nostra politica comunista è articolata in modo di attendere che si creino le condizioni favorevoli per le rivoluzioni, nel frattempo è assolutamente necessario impegnarsi con tutte le proprie forze per la costituzione delle indispensabili organizzazioni/partiti rivoluzionari di esperti militanti che nel momento propizio capitalistico catastrofico dovranno dirigere le rivoluzioni, esattamente come in Russia i bolscevichi hanno pianificato e poi eseguito con successo.        

Ma nel momento rivoluzionario, quando nel capitalismo deflagrano al massimo le sue terribili contraddizioni, con inaudite crisi economiche e sociali, in presenza di guerre, fame, distruzioni, morti a non finire, con le masse proletarie infuriate che cominciano a ribellarsi, e con l’organizzazione rivoluzionaria sufficientemente estesa per essere pronta a guidare l’insurrezione, contro l’oppressione armata dei capitalisti che non vogliono lasciare il potere alle masse lavoratrici, quand’è il preciso momento per la presa del potere? Come riconoscere il giusto attimo?  

L’esempio dato dai bolscevichi è senz’altro il più preciso, il più chiaro. 

Nel 1914, con l’inizio della guerra (1° Guerra mondiale) e il configurarsi dell’appuntamento rivoluzionario, i bolscevichi in Russia hanno cominciato a spingere per la costituzione dei

“Consigli” (Soviet). Ossia organismi politici popolari votati dalle masse in contrapposizione al parlamento russo (Duma), corrotto e sotto stretto controllo dello Zar e dei capitalisti russi. Con il proseguo della guerra questi organi spontanei “Consigli/Soviet” si sono poi diffusi sia su tutto il territorio, cioè nelle città, quartieri, fabbriche e campagne, ma, importantissimo e fondamentale, intelligentemente sono stati costituiti anche nell’esercito. Esercito che nelle guerre, non è più formato da ristrette elite di fanatici com’è ora, ma da milioni di giovani, costretti controvoglia ad arruolarsi e combattere, figli di famiglie operaie e contadine. Perciò milioni di giovani militari controvoglia, che vivono e risentono fortemente le contraddizioni del capitalismo.    

In questi Soviet-Consigli nell’ambiente militare, fondamentali per la futura rivoluzione proletaria per sconfiggere la violenza armata della borghesia, i giovani bolscevichi in Russia, anch’essi costretti ad arruolarsi, cautamente, ma efficacemente hanno potuto fare propaganda rivoluzionaria.     

Essendo che il disastro della guerra proseguendo, determinava l’inasprirsi delle contraddizioni economiche-sociali, aumentando in Russia l’opposizione spontanea al conflitto, le masse trovavano nei “Consigli”, sia in quelli sul territorio (città, quartieri, fabbriche, campagne) che in quelli nell’esercito, il loro giusto referente politico, togliendo potere al corrotto parlamento (Duma). Ma fu soprattutto grazie alla contemporanea intensa attività di dissenso che gli attivisti bolscevichi in Russia ovunque intensamente svolgevano, che l’opposizione alla guerra aveva preso forma politica, producendo l’effetto nelle città, nelle fabbriche, nei quartieri e nell’esercito di una loro forte espansione come numero.

Fino al punto che verso la metà del ’17 i bolscevichi, da poche migliaia com’erano all’inizio della guerra, erano diventati ora diversi milioni diventando maggioranza nei “Consigli” (Soviet).

Il momento della presa del potere si stava avvicinando quindi molto velocemente.

Cosa mancava ancora ai bolscevichi per essere “sicuri” che la presa del potere potesse avvenire in sicurezza?   

Dovevano essere sicuri che, oltre ad avere la maggioranza nei “Consigli” popolari sul territorio, avere anche la maggioranza negli indispensabili “Consigli” nell’esercito e di conseguenza il controllo dell’esercito. In modo che quando i “Consigli” sul territorio avrebbero dichiarato la Rivoluzione, con la costituzione del nuovo Governo Proletario, la fine della guerra e l’emanazione di leggi anticapitalistiche, l’esercito ancora sotto controllo e diretto dai capitalisti non si sarebbe rivoltato contro la rivoluzione, la sconfiggesse, uccidendo tutti i rivoluzionari soffocando il governo proletario. 

Perciò, quando verso la fine del ’17 i dirigenti bolscevichi si sono sentiti sicuri che anche i “Consigli” dell’esercito si erano definitivamente schierati per la rivoluzione e che l’avrebbero sostenuta e difesa, impedendo ogni tentativo controrivoluzionario dei generali tutti fedeli allo Zar, hanno potuto allora dare il via libera alla conclusione del processo rivoluzionario con l’assalto al Palazzo d’Inverno per la definitiva presa del potere. 

Alla fine, è evidente, contro la dittatura dei capitalisti è l’esercito che ha l’ultima parola in una rivoluzione. Ne determina la vittoria o la sconfitta. E noi dobbiamo aver molto chiaro questo punto determinante.

Chi nei tentativi rivoluzionari ha sottovalutato, o ingenuamente, a questo fondamentale aspetto della violenza della borghesia e della sua dittatura armata non pensato, ne ha sempre pagato l’insuccesso molto duramente, e con il sangue. 

 Prendiamo per esempio la positiva rivoluzione della “Comune di Parigi del 1871. E’ stata una rivoluzione, in un certo senso, “spontanea”, cioè non pianificata. L'esercito francese  

in guerra contro la Prussia era stato sconfitto dai prussiani che avevano messo sotto assedio Parigi. A questo punto il governo francese aveva armato la popolazione parigina per difendere la città. Invece che combattere contro i tedeschi la popolazione in armi guidata dai rivoluzionari Blanquisti si rivolta contro il governo borghese parigino dichiarando il potere proletario. E’ in questo momento che l’ex governo borghese francese ora insediatosi a Versailles smette di combattere gli invasori, rivolta l’esercito contro la Comune di Parigi. Sarà un massacro, una repressione violenta borghese bestiale. Dopo aver sconfitto gli insorti parigini, i militari avendo ricevuto l’ordine di fucilare tutti coloro che nelle mani presentavano dei calli, fucilavano per le strade tutti quelli considerati nemici. Ne furono uccisi a migliaia senza distinzione. Un insegnamento della brutalità della borghesia che si ripeterà poi sempre contro i rivoluzionari. 

Un altro esempio: la rivolta Spartachista tedesca del gennaio 1919. Dove i due dirigenti rivoluzionari Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg a capo dell’insurrezione, 

nei decenni precedenti avevano sottovalutato la formazione di un proprio partito, fondamentale per poi, nel momento rivoluzionario, guidare alla rivoluzione le masse (le masse hanno sempre bisogno di esperti per condurre positivamente una lotta o una rivoluzione). Sbagliando, Liebknecht e Luxemburg avevano fatto affidamento sulla spontaneità rivoluzionaria delle masse nel momento rivoluzionario per la presa del potere: una evento impossibile. Mancando perciò le cellule rivoluzionarie su tutto il territorio e quindi anche nel fondamentale esercito, fu facile per la violenta e sanguinaria borghesia, con l’aiuto dei riformisti opportunisti Socialdemocratici, scagliare i militari contro gli spartachisti insorti, sconfiggerli e massacrarli.      

Un’altra significativa esperienza di mancata rivoluzione che poi possiamo analizzare è l’occupazione delle fabbriche in Italia nel 1920. Un tentativo di rivolta glorioso, ma senza dubbio insufficiente - visto che la borghesia nella sua dittatura non esita nei momenti critici ad usare anche la repressione militare per sopprimere la maggioranza proletaria - che senza il supporto dell’esercito è rimasto sterile, senza alcuna possibilità seria di presa del potere, esaurendosi poco dopo da sola. Per questo motivo non è molto conosciuta nell’ambiente marxista internazionale.

Tutte queste sono esperienze che dimostrano inequivocabilmente come l’esercito contro l’oppressione dei capitalisti sia indispensabile nel determinare l’esito di una rivoluzione. La borghesia lo sa, e come ripetuto, lo dobbiamo aver stampato bene nella testa anche noi.

LA “QUESTIONE SINDACALE”. E qui vorremmo mettere l’accento sul “ruolo del sindacato” in quello che è un processo rivoluzionario.    

Ci sono partiti e organizzazioni marxiste, anche molto estese, che nella loro attività politica danno molto, troppo risalto all’aspetto sindacale. Teorizzano che nel momento rivoluzionario il sindacato possa svolgere un peso determinante nel processo Rivoluzione.

Non è sicuramente così. Il sindacato può essere  certo di “aiuto” nel momento rivoluzionario, ma sicuramente non determinante. Chi è determinante è, e può solo essere, l’organizzazione rivoluzionaria, il partito rivoluzionario, che deve guidare le masse proletarie al potere contro la repressione armata borghese.  E la vittoria è in relazione a quanto esso è esteso sul territorio, alla preparazione teorica dei suoi quadri, alla loro competenza politica, all’esperienza pratica dei suoi attivisti. Questo e solo questo è decisivo nel processo rivoluzionario. Il resto è relativo. 

In un paese può esistere un sindacato “forte”, fortissimo, ma nella Rivoluzione senza il partito rivoluzionario con i suoi esperti militanti, questo non conta niente, assolutamente niente. Le esperienze pratiche parlano chiaro (vedi occupazione fabbriche in Italia 1920).

In questa fase controrivoluzionaria, perdere tempo, denaro, energie di molti bravi attivisti per incentivare, promuovere e gestire incontri intersindacali tra aziende europee, come qualche grande organizzazione rivoluzionaria oggi è impegnata, è un controsenso nella politica internazionalista e naturalmente controproducente, soldi buttati al vento e attivisti sprecati. Soldi e bravi attivisti che dovrebbero invece venire impiegati per promuovere i più che necessari contatti, incontri, lotte su punti comuni tra organizzazioni marxiste europee, creare un coordinamento intereuropeo di marxisti. E non per improduttive riunioni sindacati. Perché questo è il “compito” di un partito rivoluzionario.  E’  qui  che siamo nel giusto campo politico.

Perché bisogna aver sempre presente che il sindacato è un organismo borghese di difesa immediata degli interessi della classe lavoratrice, e che questo è il suo scopo, e non altro. Gestito a tutti i livelli, anche alla base, da attivisti e dirigenti antirivoluzionari, corrotti, opportunisti, nazionalisti e spesso anche stalinisti. Motivo per cui il sindacato storicamente dal punto di vista rivoluzionario non ha mai prodotto niente, non produce niente e non potrà mai produrre qualcosa. E’ per questo motivo oggettivo, che a logica i grandi Marx, Engels, Lenin, nel loro agire si sono sempre spesi per le organizzazioni rivoluzionarie, ma mai per i sindacati. Il loro operare è sempre stato caratterizzato, senza prevaricare, ma con lucida analisi, dalla ricerca del contatto e delle lotte comuni con i vari partiti rivoluzionari, considerando sempre la sostanza e avendo chiaro gli obbiettivi da raggiungere, se si analizza il grande operato sia di Marx che di Lenin. E giustamente, perché sono solo le organizzazioni politiche che nella storia possono determinare i cambiamenti, non certo i sindacati. 

La priorità assoluta dell’attività rivoluzionaria va quindi assolutamente indirizzata, concentrata, al massimo raggiungimento dello scopo Rivoluzione. Il resto, anche l’attività sindacale, segue di conseguenza come relativo. 

E’ con estrema sicurezza che ci impegniamo in questo compito storico. Che ci porterà senza dubbio ai risultati voluti.                                                           

                                                                                             26  settembre 2022  -    Claudio Piccoli


 

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GUERRE TRA CAPITALISMI DI STATO

1979 - GUERRA TRA CINA E VIETNAM

UN’ALTRA GUERRA TRA RIVALI STALINISTI CAPITALISTI DOPO QUELLA

TRA UNIONE SOVIETICA E CINA DEL 1969.  

 

Chi non ricorda le immense manifestazioni di fine anni ’60 a sostegno del Vietnam contro gli USA? Manifestazioni con centinaia di migliaia di dimostranti che gridavano e si scontravano contro la polizia a favore del Vietnam considerato “comunista”.

Ben poche, anzi pochissime, erano le organizzazioni marxiste che del tutto contro corrente, allora sostenevano che il Vietnam non era ne comunista ne socialista. Erano le organizzazioni marxiste della “Sinistra Comunista” facenti capo a Amadeo Bordiga, Onorato Damen, Paul Mattick, Anton Pannekoek, e quella leninista di “Lotta Comunista” di Arrigo Cervetto.

Le tesi sostenute dai marxisti era che nel paese Vietnam operavano tutte le leggi capitaliste del commercio e del profitto, e non quelle del comunismo con la suddivisione dei beni. Una realtà ultra evidente. Pertanto non si poteva parlare di “paese comunista”. Di conseguenza la guerra di liberazione del Vietnam contro gli Stati Uniti andava interpretata come una guerra tra capitalisti: capitalisti del Vietnam contro l’oppressione dei potenti capitalisti americani.

Posizioni perciò supercorrette nell’analisi marxista.

La guerra tra Vietnam e USA finirà nel ’75. Ed ecco, pochi anni dopo arrivare la conferma ufficiale del carattere borghese-capitalista del paese Vietnam: nel ’79 scoppia la guerra tra la Cina maoista-stalinista contro il Vietnam altrettanto stalinista.

Motivo: i soliti interessi capitalistici.

Nel ’78, un anno prima, l’esercito vietnamita aveva invaso la Cambogia (adesso, dopo la liberazione nazionale, sono i vietnamiti che invadono un altro paese) approfittando della debolezza causata dalla guerra civile che imperversava in quel paese, per occuparne alcune regioni. Per fermare l’invasione, la Cina maoista entra in guerra da nord contro i vietnamiti. Questi, sotto attacco cinese, sono costretti a fermare l’invasione e poi in seguito a ritirarsi della Cambogia.

Come detto: una delle tante tragiche guerre capitaliste che infestano il pianeta. Niente di nuovo nel quadro delle diaspore tra borghesie assetate di espansione.

La novità consisteva nel fatto che, come nel ’69 nello scontro militare tra Unione Sovietica e Cina, anche qui nella guerra tra Cina e Vietnam, si ripeteva e confermava lo scontro tra stalinisti capitalisti. Un evento di notevole rilevanza politica.

Ma qui non si sono ripetute le manifestazioni oceaniche per denunciare il carattere capitalista sia della Cina che del Vietnam. Le organizzazioni staliniste e maoiste che pochi anni prima avevano promosso le enormi proteste a favore del Vietnam contro gli USA, preferiscono adesso defilarsi e nel silenzio constatare il fallimento delle loro politiche (e anche delle loro proteste).

Ma i marxisti, quelli veri, invece no, questi non si sono fermati. Al contrario.

Per i marxisti della “Sinistra Comunista” e i “Leninisti” è l’occasione per riaffermare ancora una volta il carattere borghese dei due paesi stalinisti e la validità dell’analisi marxista. Quella vera, non quella distorta stalinista.

Nella lotta politica quotidiana è importante citare e sottolineare costantemente le guerre tra stalinisti. E’ importante per smascherare la vera essenza antiproletaria di queste organizzazioni che si sforzano di apparire “leninisti”. E che senza pudore continuano ad usare la terminologia “marxista” per giustificare le loro sporche azioni borghesi nazionali e internazionali, come l’odierna guerra tra Russia-Ucraina dove ancora una volta gli stalinisti, tutti schierati a sostegno dell’imperialismo russo, si definiscono “comunisti”. 

                                                                                                               13 agosto 2022


 

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1969 CONFLITTO UNIONE SOVIETICA CONTRO CINA: CAPITALISTI STALINISTI IN GUERRA TRA DI LORO.

 

DUE NAZIONI A CAPITALISMO DI STATO IN GUERRA TRA DI LORO PER I CINICI INTERESSI BORGHESI. E’ COSI’ CHE GLI STALINISTI AL POTERE INGANNANO LE MASSE PROLETARIE: DEFINENDOSI “MARXISTI” “COMUNISTI”.  SONO INVECE GUERRAFONDAI CAPITALISTI.

 

Nella politica comunista per la realizzazione di una società superiore DUE PAESI PROLETARI RIVOLUZIONARI NON SI FANNO MAI LA GUERRA L’UNO CONTRO L’ALTRO! Questo assolutamente non appartiene alla politica  comunista.

Al contrario nella vera politica comunista due paesi proletari SI UNISCONO dopo la rivoluzione!  SI UNISCONO PER PROMUOVERE E ORGANIZZARE ALTRE RIVOLUZIONI, con le quali poi ulteriormente unirsi e realizzare la rivoluzione globale. Questa è la vera, corretta, politica marxista seguita dall’Internazionale.

E’ tra paesi capitalisti che invece è normalità scontrarsi, competere tra loro, anche militarmente per rubarsi i mercati, farsi le guerre.   

Al contrario nella vera politica comunista due paesi proletari SI UNISCONO dopo la rivoluzione!  SI UNISCONO PER PROMUOVERE E ORGANIZZARE ALTRE RIVOLUZIONI, con le quali poi ulteriormente unirsi e realizzare la rivoluzione globale. Questa è la vera, corretta, politica marxista seguita dall’Internazionale.

E’ tra paesi capitalisti che invece è normalità scontrarsi, competere tra loro, anche militarmente per rubarsi i mercati, farsi le guerre.  

Quindi l’Unione Sovietica stalinista era senza dubbio un paese capitalista-imperialista. Un imperialismo che nello scontro tra potenze, sottomettendo 

altre borghesie nel Patto di Varsavia (vedi repressione Berlino nel ’53, in Ungheria nel ’57, Praga nel ’70) ingaggiava anche guerre imperialiste nel mondo, come l’invasione dell’Afghanistan nel 1979. E come la guerra contro la Cina maoista nel 1969. Esattamente come tutte le altre potenze capitaliste occidentali.  

E la Cina: ugualmente capitalista. Che, nella sua politica borghese nell’arena mondiale, non solo nel 1950 in Corea ha mosso una cruenta guerra contro gli Stati Uniti, ma nel ’69 (come sopra) si è scontrata militarmente anche con la Russia stalinista, e nel ’79 anche contro l’altrettanto stalinista Vietnam. Qui, un massacro tra stalinisti rivali.

E’ chiaro, non c’è dubbio: tutto questo non ha nulla a che spartire con il marxismo.  

La cosa però molto pericolosa è  che gli stalinisti, capitalisti nazionalisti al potere in Cina, Vietnam, e nell’ex Unione Sovietica, nel loro procedere borghese si definiscono “marxisti”, “comunisti”, ingannando le masse di tutto il mondo. Un grosso problema politico.

Sono sempre loro, da pericolosi mentitori, che sfruttando senza tanti problemi i propri lavoratori proletari, li scagliano nelle guerre contro altri proletari.

E’ evidente che c’è urgente bisogno di chiarezza.

Il compito dei marxisti, dei veri marxisti, è quindi più che mai necessario: smascherare questi impostori, e chiarire cosa sia il VERO MARXISMO e la VERA POLITICA COMUNISTA, per il futuro dell’umanità.

 


 

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A CHE COSA SERVE UNA RIVOLUZIONE?

 

 

Nella politica comunista per l’edificazione di una società superiore la rivoluzione è

concepita come rivoluzione mondiale. Non può essere altrimenti.

La rivoluzione in un singolo paese ha quindi un preciso scopo: organizzare le altre e successive rivoluzioni. Questo è punto fisso.

Ne consegue che l’arrivo al potere del proletariato in una nazione attraverso la rivoluzione ha si lo scopo, in quella determinata nazione, di mantenere il proletariato al potere, ma il compito assolutamente principale, attraverso la vittoria in quella determinata nazione, è organizzare i partiti e le organizzazioni rivoluzionarie negli altri paesi, per  poi, quando i momenti propizi rivoluzionari si presenteranno di nuovo, condurre le altre rivoluzioni.

Quindi se la rivoluzione in questo determinato paese soccombe, per svariati motivi: dall’esterno per l’attacco militare congiunto delle borghesie mondiali che hanno interesse a sopprimere la rivoluzione; o dall’interno, per motivi economici, in quanto il paese rivoluzionario dove il proletariato è giunto al potere viene isolato economicamente e versa in indescrivibili problemi economici e sociali che determinano come riflesso, l’emergere all’interno della nazione di movimenti politici e sociali borghesi che agendo riescono, in vari modi, a far crollare la rivoluzione – questo, cioè il crollo della rivoluzione in quel determinato paese, nella strategia della rivoluzione internazionale, non ha alcuna importanza, in quanto, grazie al fatto che sono stati formati partiti/movimenti rivoluzionari in tutto il mondo, nei successivi momenti rivoluzionari catastrofici le rivoluzioni riesploderanno dappertutto, giungendo allo scopo di rivoluzioni a catena. QUESTO E’ IL VERO OBBIETTIVO iniziando una rivoluzione in una nazione, per l’edificazione di una società superiore. 

Certamente la conquista rivoluzionaria proletaria in un determinato paese richiede che il proletariato arrivato al potere faccia tutti gli sforzi possibili per rimanerci, ma questo, VA ANCORA UNA VOLTA RIBADITO non è l’obbiettivo principale della rivoluzione, deve essere chiaro.

Perché è nel promuovere e organizzare con tutti gli sforzi e i mezzi possibili le rivoluzioni in tutto il mondo, cioè in ultima istanza, con la rivoluzione internazionale, che si può abbandonare il vecchio caotico sistema capitalistico commerciale strapieno di contraddizioni e problematiche e passare ad un sistema economico sociale organizzato, in cui la produzione possa essere condivisa equamente tra la popolazione, senza più la caotica e disastrosa vendita delle merci.

Pertanto la rivoluzione del proletariato in un paese può essere vista e concepita solo in questa prospettiva.

 

IL RUOLO FONDAMETALE DELL’INTERNAZIONALE.

In questa prospettiva di organizzazione di rivoluzioni in tutti i paesi, fondamentale è il ruolo della costituzione dell’Internazionale. Un’organizzazione sovranazionale di partiti e movimenti rivoluzionari, dove essi, in comune accordo, possano trovare il giusto 

orientamento di corrette posizioni politiche, di sistemi organizzativi efficaci di unione e  aiuto reciproco. L’Internazionale assolverà il suo compito storico solo quando il capitalismo a livello globale non sarà completamente sconfitto e sarà scomparso.

Tutto ciò, è evidente, è in completa contraddizione con la truffaldina e ingannatrice politica borghese stalinista nazionalista del “socialismo in un solo paese”. Una politica che mira solo a portare i nazionalisti stalinisti al potere, dove essi attraverso lo stato, gestiscono “il capitalismo statalizzato” in concorrenza contro altri capitalismi, che a loro volta potrebbero essere anch’essi statalizzati, come avvenuto nel passato anche con guerre, come la guerra tra la stalinista Unione Sovietica e la maoista Cina nel 1969 o il conflitto tra la maoista Cina e il “socialista” Vietnam nel 1979. Stalinisti che, in una società borghese in cui  tutte le leggi caotiche e disastrose del capitale continuano ad operare, dirigono capitalistiche banche statalizzate, capitalistiche industrie statalizzate, capitalistiche aziende commerciali statalizzate, luoghi di lavoro, e così via, sostituendosi ai capitalisti privati nelle loro attività. Gli esempi pratici di questa pratica borghese non mancano: oggi sono la Cina, Cuba, Corea del Nord, e nel passato l’Unione Sovietica e tutti i suoi sottomessi paesi satelliti.

Bisogna aver chiaro lo scopo di una rivoluzione proletaria per, alla fine, essere vittoriosi contro la borghesia e che gli sforzi fatti non siano stati vani.

 

                                                                                                   16 luglio 2022


 

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IL GIORNALE, STRUMENTO DI LOTTA POLITICA

A CHE COSA SERVE UN GIORNALE COME IL NOSTRO, RIVOLUZIONARIO? 

QUAL’E’ LO SCOPO DI UN GIORNALE? 

 

 

Il giornale, come lo sono i libri, le riunioni, l’analisi, le manifestazioni, i volantini, ecc. è uno dei tanti mezzi di lotta politica. Nella nostra quotidiana lotta comunista abbiamo bisogno di molti strumenti per, alla fine, poter battere la borghesia.

Ma, nell’impostare un giornale, la domanda chiave è: qual è lo scopo preciso che si vuol raggiungere con questo strumento di battaglia: Informazione? Agitazione? Chiarimento di idee? Contatto? Autofinanziamento? Collegamenti?

In sostanza, ogni tipo di giornale viene studiato e organizzato per raggiungere un preciso o più precisi obiettivi.

 

Anche il nostro giornale “Der kommunistische Kampf” persegue quindi dei determinati fini. Il primo e fondamentale: è indirizzato a favorire il primo contatto con i giovani interessati al marxismo e alla lotta contro il capitalismo. Quindi è stato costituito sulla psicologia politica dei giovani. Su questa base nella pratica bisogna rispondere a precise esigenze: a quali argomenti politici, temi, lotte, un giovane interessato al marxismo può essere attratto? Qui perciò bisogna capire bene, sperimentare e muoversi di conseguenza. E, in che forma deve essere scritto un articolo e quanto deve essere lungo per, alla meglio, essere compreso da un giovane attratto al marxismo? Infine: a chi deve essere diffuso il giornale e come deve essere diffuso?  Questi i criteri fondamentali di impostazione.

Poi “Der kommunistische Kampf” ha un secondo importante fine: elevare la professionalità politica degli attivisti. Cosa si intende con questo? La diffusione del giornale è 

un elemento fortissimo per spingere l’attivista diffusore a dare alle numerose domande poste durante la diffusione, risposte politiche corrette e coerenti. In questo sforzo si professionalizza moltissimo.

Altro fattore di formazione altrettanto efficace che il giornale svolge: far si che tutti gli attivisti (ma proprio tutti) vi scrivano gli articoli. Fattore fondamentale per favorire di continuo la formazione politica.

Su questi criteri per gli scopi prefissati dobbiamo dire che il nostro “Der kommunistische Kampf” sta funzionando, e bene. Gli interessati lo leggono volentieri e quando i ragazzi tedeschi vengono ai colloqui o alle riunioni (ancora molto piccole) soddisfatti, pongono sempre un sacco di domande politiche.

Ma per essere efficaci come organizzazione rivoluzionaria un giornale non basta, abbiamo bisogno di più giornali. Un secondo giornale di studio, di analisi molto approfondita è perciò assolutamente necessario. Un giornale che dia un’analisi molto più specifica rispetto a “Der kommunistische Kampf”.

Questo secondo giornale, in programma, sarà rivolto solo al giro ristretto interno degli attivisti, e non usato per il primo contatto.  In questo tipo di giornale di studio, gli articoli lunghi e complessi in esso contenuti, possono essere compresi bene dagli componenti dell’organizzazione, accelerando così la professionalità politica di cui hanno bisogno. Anche questo giornale sarà scritto da tutti i militanti, non escludendo nessuno, perché questo, nella formazione politica è assolutamente necessario.

Nella nostra organizzazione leninista non esiste e non esisterà mai una elite politica che si occuperà esclusivamente di scrivere gli articoli mentre tutti gli altri ne rimangono esclusi e il loro compito è di diffonderli. Non ha senso politico. Chi scrive diffonde e chi diffonde scrive. Perché è solo così, dove tutti sanno studiare e scrivere articoli e poi diffonderseli e organizzare, che si può arrivare a dare agli attivisti una professionalità di prim’ordine e completa, che in caso di attacco della borghesia ogni militante è in grado di riprodurre l’organizzazione.

Questi due giornali sono quindi gli impegni prioritari della nostra organizzazione.

Poi avremo bisogno di un giornale per la diffusione nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, nelle piazze e così via. Questo altro giornale di primo contatto sarà “Der kommunistische Kampf” con l’aggiunta di articoli per i lavoratori, le masse, ecc.

Naturalmente i vari giornali svolgeranno anche il ruolo di garantire l’autofinanziamento.

Questo insieme di giornali è stato usato con esito positivo, molto positivo dai bolscevichi, e che noi oggi riteniamo indispensabile per lo sviluppo e il corretto funzionamento dell’organizzazione rivoluzionaria leninista. Su questa base il successo è senz’altro garantito.                                       

                                                                                7 luglio 2022  -  Claudio Piccoli



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