IL GOVERNO DI GRANDE COALIZIONE CDU-CSU-SPD
IMPEGNATO A FAR PAGARE IL PEDAGGIO AUTOSTRADALE AGLI STRANIERI (NONOSTANTE GLI AFFARI DEL PADRONATO VADINO A GONFIE VELE) E A MANDARE ARMI IN IRAQ
In campagna elettorale la Csu bavarese si era impegnata a far pagare agli stranieri il pedaggio autostradale.. Il messaggio politico che la CSU dava era: invece di far aumentare le tasse ai tedeschi, meglio è se pagano gli stranieri. Sicuramente una trovata di grande impatto elettorale
Il governo di Grande Coalizione CDU-CSU-SPD formatosi dopo le elezioni ha poi accolto in estate questa richiesta e l’ha messa sul tavolo di approvazione governativa con grande clamore mediatico.
Qui è utile fare delle considerazioni.
Come mai il governo va a prendere i soldi dalle tasche dei lavoratori, anche se stranieri, soldi con i quali questi lavoratori ci vivono e, nel limite del possibile, si godono le più che meritate ferie, invece che prenderli dai ricchi e straricchi, ai quali i soldi servono solo, non per vivere, ma per far altri soldi e poi ancora soldi, in un meccanismo capitalistico infernale in cui non c’è mai una fine? Il padronato tedesco sta attraversando da anni momenti di grande sviluppo economico con enormi guadagni ed è più che legittimo chiedersi il perché di un tale comportamento partitico.
Marx nel “Manifesto del partito comunista” del 1850 spiega: nella società capitalistica «Il potere politico, nel senso proprio della parola, è il potere organizzato di una classe [la borghesia] per l'oppressione di un'altra [il proletariato]» e poi continua “ Il potere statale moderno non è che un comitato che amministra gli affari comuni di tutta la classe borghese”.
In altre parole, “ Il potere politico” cioè l’apparato statale, cioè i partiti, servono al padronato come supporto per l’“oppressione” dell’altra classe, la classe lavoratrice, vale a dire il proletariato.
Visto con quest’ottica la spiegazione del comportamento apparentemente contraddittorio del governo diventa chiara, anzi logica. Questi partiti dicono a parole e giurano di essere dalla parte dei lavoratori, ma alla fine favoriscono sempre (e a volte anche apertamente) i ricchi. Non è cambiato molto dal tempo del saggio Marx!
Il governo CDU-CSU-SPD è stato poi impegnato, rompendo un comportamento anti intervento armato che durava da tempo, nel fornire armi all’Iraq contro i miliziani Is, tra proteste (ma anche non troppe) dentro e fuori il governo. Il governo tedesco ha sempre amato definirsi “pacifista” perché in molte occasioni non ha partecipato a missioni di guerra come in Afganistan, poi in Iraq nel 2003, poi ancora in Libia nel 2011 ed era nettamente contrario ad intervenire militarmente sia in Siria che in Ucraina. Però aveva mandato i suoi aerei a bombardare la popolazione civile nella guerra contro la Jugoslavia nel 1998 e questo viene taciuto. Il motivo di non intervento armato tedesco nelle guerre succitate non era di tipo “neutralista” o “pacifista” come i giornali e i politici dell’epoca amavano far credere, definendosi “l’Europa buona”, ma solo di mero calcolo politico e economico. La borghesia tedesca sta cercando di creare una borghesia unitaria europea per aver più peso nel mondo globale degli affari e per far questo cerca di sganciarsi dall’imperialismo americano (che ha vinto la seconda guerra mondiale). Non seguire il padronato Usa nelle guerre di Afganistan e in Iraq significava appunto accentuare la propria autonomia di scelta in politica estera dagli Usa. Anche rifiutando di intervenire militarmente contro Gheddafi la borghesia tedesca ha voluto sottolineare il suo smarcamento dal farsi coinvolgere dalle altre borghesie e sottolineare il suo ruolo “indipendente” di leader. L’opposizione all’intervento armato in Siria e Ucraina è da ricercarsi invece nel fatto che il padronato tedesco non vuole mettersi contro quello russo, perché la Siria è sotto influenza e protezione russa e attaccare la Siria significherebbe attaccare la Russia. Per l’Ucraina vale lo stesso discorso. La borghesia tedesca non ha alcun interesse a scontrarsi con i russi perché con loro ha un ottimo rapporto di affari.
Nel capitalismo non esiste uno stato borghese “pacifista”. Non è mai esistito e finchè durerà il capitalismo non esisterà mai. Adesso, mandando i carri armati in Iraq a sparare contro i miliziani Is, l’imperialismo tedesco chiarisce che le posizioni “neutraliste” e “pacifiste” a lui attribuitogli nel passato sono state un malinteso, che la legge ferrea da seguire è quella del profitto.
-GUERRA IRAQ-
L’IMPERIALISMO AMERICANO INGAGGIA LE BORGHESIE EUROPEE CONTRO L’ISIS
Il governo imposto in Iraq dal padronato americano dopo la conquista del paese e “liberamente” votato nel 2006 non ha funzionato. L’ex premier Al-Maliki aveva escluso dal potere la minoranza sunnita danneggiandone così seriamente gli interessi e gli affari.
Questa, per tutelare per i suoi interessi, si è rivolta ai guerriglieri jihadisti che stavano combattendo nella adiacente Siria contro il governo di Damasco filorusso perché combattessero per loro anche contro il governo filoamericano irakeno, con lo scopo di creare un nuovo stato, un califfato, che comprendesse regioni siriane già in mano ai jiadisti e regioni irakene da conquistare. Questa minoranza sunnita ha pagato profumatamente i miliziani jihadisti Isis perché combattessero per loro.
Così la guerra civile dalla Siria si è estesa violentemente anche in Iraq.
Il governo americano, si è reso subito conto che la causa della guerra civile in Iraq era dovuta al forte malcontento della minoranza sunnita vezzeggiata e in agosto ha fatto cambiare il governo sostituendo al-Maliki con il nuovo premier Abadi , molto più aperto nel lasciare spazio politico, quindi di affari alla minoranza, in modo che questa interrompesse il finanziamento all’Isis. E così è stato.
Risolto questo, al padronato americano e irakeno è rimasto poi il problema di sconfiggere militarmente i miliziani Isis, che si, sono rimasti senza sostegno finanziario sunnita, ma rimasti militarmente ancora molto forti.
Per coinvolgere al suo seguito, come già successo nelle recenti ultime guerre, l’imperialismo americano ha chiamato all’intervento armato le borghesie “amiche”. Molte hanno risposto: francese e inglese in prima fila. La borghesia tedesca che sulla prima aveva esitato, ha poi deciso di accettare e di mandare armi, panzer , ecc. contro i miliziani jihadisti. Le borghesie accettano perché vedono una convenienza nell’ intervento . Viene vista la possibilità in seguito, di poter sviluppare maggiormente i loro affari nella regione.
Come spiega Marx, per i capitalisti vale la legge degli affari innanzi tutto, anche se questo può costare migliaia di vite umane.
In tutta questa triste vicenda è da rilevare la disinvoltura con cui l’imperialismo americano ha cambiato atteggiamento nelle varie occasioni nei confronti delle borghesie siriana e russa in una sequenza di scontro o alleanza.
Se all’inizio, nel 2012, quando la guerra civile siriana infuriava causando migliaia di morti, il padronato americano era accanitamente contro il governo di Damasco e nettamente a favore degli insorti antigovernativi ( anche Is) , nei primi mesi del 2014, quando questi antigovernativi siriani hanno cominciato anche a conquistare città irakene minacciando seriamente l’unità dell’Iraq, non ha esitato, pur di risolvere il problema, ad abbandonare i rivoltosi e chiedere al governo di Damasco, “nemico”, il permesso di bombardare via aerea le basi dei Isis situate sul territorio siriano.
Nel capitalismo, tra i padronati, tra gli affaristi, il concetto di “amico” o “nemico” è un’idea molto labile, che cambia a secondo degli interessi. E come si vede in questa situazione anche piuttosto velocemente.
Per ottenere anche dall’imperialismo russo il consenso di bombardare l’Isis in territorio siriano ( la Siria è una specie di protettorato russo) l’imperialismo americano ha dovuto cessare in Ucraina con le sue azioni di provocazione e disturbo contro Mosca. Di conseguenza anche la situazione in Ucraina si è risolta.
Si può ben presupporre che in Siria il prezzo da pagare per le borghesie americana e europee sarà, per aver ricevuto il consenso russo e siriano di bombardare le basi Is, quello di indurre i rivoltosi antigovernativi siriani a deporre le armi e cercare un compromesso con il governo di Damasco onorevole..
In Iraq, una volta sconfitti i miliziani Isis (è solo una questione di tempo) si può prevedere che le regioni curda e sunnita potranno ricevere, come ricompensa per il loro impegno contro l’Isis una maggiore autonomia regionale (come da loro richiesto) e questo potrà essere visto anche come un più giusto equilibrio tra le etnie.
Inutile dire che ci troviamo di fronte all’ennesimo brutale scontro tra borghesie, dove ogn’una cerca il suo tornaconto, anche se questo costa la vita a migliaia di persone.
Marx troverebbe anche qui materiale infinito di conferma delle leggi spietate , da lui individuate, di funzionamento del sistema capitalistico. Un sistema capitalistico putrefatto. E della necessità di una società superiore.
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CONSIDERAZIONI SULLA CRISI UCRAINA
La crisi Ucraina è stata sulle prime pagine dei giornali per lunghi mesi. In realtà la contesa ucraina era cominciata subito dopo il crollo dell’imperialismo del falso socialismo Urss nel ’91. Implodendo, l’Urss, aveva praticamente lasciato libere le borghesie dei paesi satelliti (Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, ecc), paesi che l’imperialismo americano, vero vincitore della 2° guerra mondiale, nel ’45 subito dopo la guerra, le aveva affidato, con lo scopo di smembrare l’impero tedesco.
La debole economia russa però non è stata in grado di tenerle sottomesse per lungo tempo e come conseguenza di questo è poi crollata.
Quasi tutti gli ex paesi dell’est Europa sono passati di nuovo sotto l’influenza dell’imperialismo tedesco, esattamente quello che il padronato americano voleva evitare e uno dei motivi per cui era entrato in guerra nel ‘41.
Dal ’91 in poi la borghesia ucraina, divisa tra filooccidentale e filo russa si è alternata con governi di area filo europea o filo russa.
Negli ultimi anni però lo scontro tra le due fazioni stava decisamente degenerando, rischiando seriamente di trasformarsi in una guerra civile. Ed è questo punto che le due potenti borghesie tedesca e russa decidono di prendere in mano la situazione, di sedersi ad un tavolo e cercare di trovare una soluzione stabilizzante e duratura per l’Ucraina.
Ai primi di febbraio viene annunciato che l’accordo sulla crisi Ucraina è stato trovato. L’accordo naturalmente è complessivo e riguarda una mediazione che deve soddisfare tutte le parti in causa. Infatti tutti esprimono un giudizio positivo. Anche il governo americano da Washington, che non aveva partecipato alla trattativa si dichiara soddisfatto.
A questo punto però, quando tutto sembra essere a posto succede l’imprevisto e la crisi esplode. I russi, improvvisamente, temono di perdere le basi militari situate in Crimea, allora ancora in territorio ucraino, che erano state date loro in concessione ancora per lungo tempo. Quando la borghesia russa, per non correre rischi di perdere le basi, decide in Crimea di mobilitare la popolazione a maggioranza russofona perchè facciano un referendum per far annettere la regione alla Federazione Russa, del tutto inaspettata e violenta è la reazione e intromissione americana contro Mosca. La borghesia americana, che non era stata presente alle precedenti trattative e all’accordo Ucraina, poteva benissimo starsene in disparte anche in questa occasione. Invece decide di intervenire e, pesantemente.
Nello scontro contro i russi, si è assistito ad una situazione in cui il governo americano chiedeva forti ritorsioni contro di essi e la Germania invece che cercava di smorzare i toni chiedendo di rimanere cauti, di aspettare, prima di fare ritorsioni, che la faccenda venisse chiarita, ecc.
E’ stato ultra evidente che l’intento americano era quello di portare la borghesia tedesca allo scontro contro quella russa. Anche la provocazione americana in luglio di far aderire l’Ucraina alla Nato con conseguente installazione di basi militari Nato nel paese, con l’effetto di far imbestialire i russi, non ha sortito l’esito sperato dagli Usa. Il risultato è stato che Mosca ha usato le rivolte armate delle popolazioni ucraine russofone di Donetsk e Lugansk per creare uno regione autonoma ucraina all’est, una sorta di cuscinetto, sempre però dentro l’unità nazionale Ucraina, da contrapporre alla Nato. Formazione di una regione autonoma che ha trovato il consenso del governo tedesco e che è stata poi accettata sia dal governo ucraino che da tutte le borghesie europee.
La faccenda “crisi Ucraina” si è poi definitivamente chiusa in settembre quando l’imperialismo Usa ha dovuto chiedere al governo siriano di Assad (e quindi anche al governo russo con cui Assad è stretto alleato) il permesso di bombardare le basi dei miliziani Is situate in Siria per poterli poi sconfiggere in Iraq. Il prezzo che il padronato Usa ha dovuto pagare per questo è stata la sospensione delle ingerenze e delle provocazioni contro i russi in Ucraina. Si è assistito, in contemporanea con il pianificare dei bombardamenti aerei Usa in Siria, allo spegnersi della contesa Ucraina e il seguente silenzio mediatico.
In tutto questo scontro, tra borghesie alla ricerca del massimo guadagno, del massimo vantaggio, le stime officiali parlano di 3500 morti.
IL DOCUMENTO “PNAC”
(PROGETTO PER UN NUOVO SECOLO AMERICANO)
COME L’IMPERIALISMO AMERICANO PROGETTA IL SUO FUTURO
IL DOCUMENTO CHE CI AIUTA A CAPIRE LE CAUSE DELLE GUERRE SIRIANA, UCRAINA E IRACHENA
Nel 1992, un anno dopo il crollo del capitalismo di stato Urss, il Pentagono dichiarava: “Il nostro obbiettivo è impedire che un nuovo rivale appaia sulla scena mondiale. Dobbiamo dissuadere i potenziali concorrenti anche solo dal giocare un ruolo più importante a livello regionale o mondiale” (Marc Vandepitte su “Le Grand Soir” 22 dic. 2012).
Il crollo dell’imperialismo Urss non era dovuto solo alla concorrenza con gli Usa, ma soprattutto all’emergere di nuove grandi borghesie come quella europea e quella cinese.
L’imperialismo americano era ben consapevole di questo. Stava cercando, elaborando, una politica conseguente per ostacolare, frenare l’ascesa di questi “concorrenti”, vecchi e nuovi.
E, alla fine degli anni ’90, esce negli Stati Uniti, per così dire, un “manifesto”, un “documento” denominato PNAC (Per un nuovo progetto di secolo americano) sottoscritto da eminenti politici, magnati dell’industria e della finanza, economisti e illustri dirigenti di stato, dove viene enunciato quale sarà la politica del padronato americano nel mondo per il prossimo futuro.
Il contenuto del documento è esplicito: “La leadership americana è un bene sia per l’America che per il resto del mondo”… “il PNAC è a favore di una politica di forza militare e di una chiarezza morale” che includa “un significativo incremento militare degli Usa, consolidare i legami con gli alleati, sfidare i regimi ostili agli interessi e ai valori americani”… “Il gruppo è dell’idea che quando la diplomazia e le sanzioni falliscono gli Stati Uniti dovrebbero essere pronti ad intraprendere azioni militari” (Wikipedia).
Gli uomini del PNAC entreranno in forze nel governo Bush e metteranno in atto i loro propositi. L’invasione dell’Afganistan e dell’Iraq saranno le prime conseguenze di questa politica e la spesa militare Usa nel periodo 2000- 2009 aumenterà del 69%.
I governi Obama consolideranno quanto intrapreso da Bush e proseguiranno nella politica di “impedire che un nuovo rivale appaia sulla scena mondiale” e” dissuadere i potenziali concorrenti anche solo dal giocare un ruolo più importante”.
Le crisi siriana e ucraina rientrano in questo schema: le proteste popolari antigovernative siriane verranno prima caldeggiate e poi esasperate dall’imperialismo americano fino a trasformarle in una sanguinosa guerra civile con l’evidente scopo di rovesciare il governo filorusso di Assad e togliere all’imperialismo di Mosca un prezioso alleato nella zona mediorientale.
La crisi ucraina invece viene attizzata e fatta esplodere dal padronato americano per far litigare e indebolire il buon legame instauratosi tra le borghesie tedesca e russa, le quali in un primo momento avevano trovato un accordo, un compromesso per risolvere la lotta interna in Ucraina tra affaristi filooccidentali e filorussi. L’ottimo rapporto tedesco-russo è visto dall’imperialismo americano come un pericolo, nel senso che, nel prossimo futuro potrebbe consolidarsi in un’alleanza asiatico-europea.
L’attuale guerra civile irakena invece è la conseguenza diretta dell’invasione americana in Iraq del 2003. Il governo fantoccio filoamericano sciita imposto dagli Usa non è stato in grado di gestire la governabilità con la minoranza sunnita e questa, come paradosso, si è rivolta per salvaguardare i suoi affari ai miliziani Jihadisti antigovernativi siriani (già sostenuti dagli Stati Uniti) perché combattessero contro il governo irakeno a sua volta però filoamericano.
E’ evidente che nel capitalismo non ci sono regole, ma solo interessi.
Ed è altrettanto evidente che per i ricchi che controllano le nazioni non ha alcun peso se per ottenere determinati obbiettivi vengono sacrificate quantità anche enormi di vite umane.
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ACCORDO BANCARIO “BRICS”
(Brasile, Russia; India, Cina, Sud Africa)
IL PADRONATO STATALE CINESE MUOVE I SUOI PRIMI PASSI IMPERIALISTICI SULLA SCENA MONDIALE
Nel mercato globale lo scontro continuo tra potenti borghesie per perseguire i propri interessi è inarrestabile. E’ la stringente logica del capitalismo.
L’imperialismo americano grazie alla vittoria della 2° guerra mondiale ha potuto gestire per lungo tempo l’ordine mondiale a suo favore.
Naturalmente le cose non possono rimanere sempre così. Tutto è in movimento, tutto è in sviluppo continuo, in modificazione. E’ la visione realistica di Lenin dello “sviluppo ineguale”. E nazioni che ieri erano arretrate e non contavano niente oggi, dopo decenni di tumultuoso sviluppo acquistano un peso considerevole sulla scena planetaria.
Negli anni ’50 in piena guerra fredda, i compagni internazionalisti vedevano, in prospettiva, nella crescita di potenti borghesie asiatiche, soprattutto cinese e indiana, gli elementi che avrebbero poi stravolto l’ordine mondiale uscito dalla 2° guerra mondiale.
Adesso questo è realtà.
Oggi grandi padronati emergenti come Cina, Brasile, India, Indonesia, Messico ecc. stanno cercando a gomitate nella lotta di accaparramento, di farsi spazio per avere fette più grosse di mercato mondiale. Una lotta che è spietata e non conosce regole. Nella competizione tra di loro le borghesie instaurano alleanze e scontri che, in una dinamica pazzesca non trova mai un punto fermo. Marx precisa che questo è una delle leggi fondamentali del funzionamento del sistema capitalistico. I contestatori di Marx hanno tentato di teorizzare leggi diverse, cioè una lotta “pacifica”. Inesorabilmente la storia li ha sempre smentiti. La società capitalistica, per noi putrefatta, da superare, funziona così.
Alleanze e scontri che, sono di tipo economico, finanziario, politico o militare.
E le nuove grandi borghesie emergenti stanno muovendo i loro primi passi nella direzione imperialistica, stanno facendo le loro prime esperienze.
Nel luglio di quest’anno i paesi appartenenti ai BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa ) hanno siglato nel vertice di Fortaleza in Brasile un accordo per la costituzione di una nuova banca mondiale, la New Development Bank (NDB).
Questa nuova banca è stata vista in occidente subito come una sfida alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale (FMI) gestite praticamente dagli Stati Uniti.
L’istituzione di questa banca era già stata preorganizzata dai paesi BRICS nel precedente vertice di Durban in Sud Africa l’anno scorso.
Il motivo per cui si è arrivati alla formazione della New Development Bank è da ricercarsi nel fatto che queste nuove potenti borghesie emergenti non riescono a trovare sufficiente spazio d’affari all’interno del Fondo Monetario Internazionale. Di fronte alle loro pressanti richieste le vecchie potenze nel 2010 si erano ufficialmente impegnate ad aumentare il loro peso all’interno del FMI, ma l’impegno poi non è stato mai rispettato.
Da qui la decisione BRICS di crearsi una banca mondiale per conto proprio. (evidentemente i soldi non mancano, soldi estorti dal lavoro dei lavoratori!).
Visto il ruolo trainante che la borghesia di stato cinese gioca in questa faccenda, la formazione della nuova banca viene visto come una prova di leadership da parte di Pechino.
Infatti nella nascita della New Development Bank la Cina contribuisce con la quota maggiore di dollari, 41 miliardi, India, Russia e Brasile partecipano con 18 miliardi ciascuno e Sud Africa con 5.
Significativi e chiarificanti a sostegno della nuova banca sono stati i commenti espressi dai giornali e dai politici dei paesi area BRICS in concomitanza con il vertice di Fortaleza. Per il prudente presidente cinese Xi Jinping la nuova banca porterà a “un ordine mondiale complessivamente più democratico” . Putin più categorico ritiene che è tempo di ridimensionare il ruolo dell’occidente a guida americana e afferma che è ora “ di prevenire le vessazioni verso i paesi che non concordano con qualche decisione di politica estera degli Usa e dei loro alleati”. Per la presidente brasiliana Dilma Rousseff le decisioni del vertice sono “un segno dei tempi”. Per il giornale indiano Hindustan Times, i vincitori della seconda guerra mondiale devono smetterla di comportarsi “come se la bilancia di potenza mondiale non fosse cambiata”.
Con l’istituzione della nuova banca mondiale NDB le borghesie delle piccole nazioni, che in certo qual modo si vogliono sganciare dal giogo americano, hanno ora la possibilità di un’alternativa dove chiedere soldi in prestito.
Cina, India, Brasile, Russia e Sud Africa possono ora da se stessi giocare il ruolo imperialista.
IL MARXISMO PRATICO
-IL LAVORO NEL QUOTIDIANO-
“La grande industria universalizzò la concorrenza, stabilì i mezzi di comunicazione e il mercato mondiale moderno, sottomise a se il commercio, trasformò ogni capitale in capitale industriale e generò così la circolazione rapida (perfezionamento del sistema finanziario) e la centralizzazione dei capitali. Con la concorrenza universale essa costrinse tutti gli individui alla tensione estrema delle loro energie ….” (Karl Marx “L’ideologia tedesca”) |
Melanì R. è una attivista internazionalista che svolge la sua attività politica comunista a Parigi. Nel suo lavoro quotidiano di chiarimento del funzionamento del sistema capitalistico, durante la diffusione del giornale leninista e nel suo lavoro di organizzazione politica si trova costantemente in dibattito per spiegare la realtà che la circonda.
La intervistiamo per sentire qual è il suo pensiero:
dom: quali sono le problematiche che più ti vengono poste in questo periodo?
risp: senz’altro i temi centrali delle discussioni adesso sono la guerra in Iraq e la diaspora in Ucraina.
dom: trovi un nesso tra quanto sta accadendo in quei paesi e il marxismo?
risp: viene fatto credere dai Mass Media che la causa della guerra è dovuta alla brutalità dei miliziani jihadisti Is. E’ vero, la brutalità di questa gente è incontestabile, ma le cause della guerra, che vengono taciute, sono ben altre. Affaristiche.
dom: e quali?
risp: andando ad approfondire si scopre che i miliziani Is erano stati pagati dalla minoranza sunnita irakena per creare uno stato indipendente, un Califfato. Alla minoranza sunnita non era stato dato spazio politico nel governo irakeno a maggioranza sciita per poter sviluppare i loro interessi e loro, come conseguenza si sono rivolti ai jiadisti Is per crearsi un Califfato tutto per loro.
dom: dov’è che vedi la relazione con Marx?
risp: Marx dimostra che l’odierna società capitalistica si muove tutta in base agli interessi, agli affari, alla necessità di trovare un guadagno ecc. non sulla cattiveria delle persone. Gli ultracattivi jihadisti sono solo una pedina nel mondo che gira sugli affari. E qui di affari ce n’è una montagna: l’imperialismo americano che per i suoi interessi si inventa una guerra conto l’Iraq, la conquista militarmente, causando centinaia di migliaia di morti. Il governo di Bagdad che per sviluppare meglio gli interessi dell’etnia sciita esclude la minoranza sunnita. Gli artigiani, i commercianti ecc. ( non certo i lavoratori dipendenti) di questa minoranza penalizzata pagano, non perché siano buoni o cattivi, i miliziani Is perché gli portino avanti i loro interessi. Le borghesie europee si accodano all’imperialismo americano nell’intervento armato perché sanno di poter fare, a guerra finita, lucrosi guadagni nella zona. Se non è Marx questo, che cos’è? Nella contesa ucraina, per altri motivi, il meccanismo è sempre lo stesso. E così lo è stato anche nella recente guerra civile siriana. Senza ombra di dubbio tutto conferma la visuale di Marx, tutto conferma le leggi capitalistiche da lui individuate a suo tempo. Anche la recente istituzione della banca mondiale creata dai paesi BRICS bisogna leggerla con quest’ottica, altrimenti non se ne capisce niente.
dom: di fronte a questa situazione, tu cosa proponi?
risp: bisogna arrivare a cambiare la società in modo che la produzione, invece che venir venduta per trarne un guadagno, sia distribuita alla popolazione. Allora si elimina la concorrenza e le cause dei contrasti e delle guerre. E’ chiaro che se non si arriva a questo, situazioni come quella in Iraq, in Ucraina, Siria ecc si ripeteranno all’infinito.
Marx dice che una società superiore è possibile e necessaria, noi siamo d’accordo. Bisogna però lavorarci.
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Punti fermi della scienza marxista
(Presentiamo qui alla riflessione del lettore un capitolo della dispensa “Lo stato e suoi poteri” edito da “Lotta Comunista” nel 1996)
IL PLURALISMO DEL POTERE ECONOMICO |
“Lo Stato,in quanto organo della dittatura capitalistica, rappresenta gli interessi di tutti i gruppi capitalistici, di tutte le frazioni della classe capitalistica. Lo Stato deve quindi da un lato dominare la classe sfruttata e dall’altro unificare la classe dominante” (Lotta Comunista, sett. 1969).
Lo Stato è la sovrastruttura di una realtà economica composta dove, accanto alla divisione di classi contrapposte (borghesia-proletariato) c’è la divisione in frazioni della classe borghese nella ripartizione del plusvalore ed una concorrenza di gruppi economici sul mercato. C’è, in sostanza, un pluralismo economico. Lo Stato non può limitarsi a mantenere l’oppressione del proletariato, ma deve anche esprimere un equilibrio tra le frazioni e i gruppi borghesi.
“Per il marxismo esista una pluralità di poteri economici che diventano poteri politici. Il potere è tale se ha una base reale, ossia se è una potenza reale economica. L’equilibrio dei poteri è quindi in determinate e specifiche istituzioni delle volontà politiche delle frazioni borghesi” (Lotta Comunista, marzo 1978).
Anche la forma “pluralista” dello Stato borghese trova così la sua spiegazione materialistica. A questo scopo servono la separazione dei tre poteri dello Stato (legislativo, esecutivo e giudiziario) e la pluralità di partiti e correnti politiche che hanno la loro massima espressione nella forma democratica dello Stato.
La divisione dei poteri (cioè il fatto che siano di competenza di persone e organi distinti) è stata una rivendicazione storica della borghesia nell’epoca dell’assolutismo: nella monarchia assoluta infatti il sovrano era depositario di tutti i poteri. La lotta per togliere al sovrano alcune prerogative era di fatto il tentativo di questa classe, che ormai aveva conquistato il potere economico, di strappare all’aristocrazia il potere politico e conquistare così lo Stato. Non a caso il principio della separazione dei poteri si trova in primo luogo nel diritto pubblico inglese e nella Costituzione americana ed è ripreso dalla rivoluzione francese.
Una volta conquistato il potere questo schema risulta funzionale a garantire una certa elasticità al sistema politico e a poter contenere lo scontro tra le frazioni e i gruppi economici.
I poteri sono quindi divisi in:
1- Legislativo, con il quale lo Stato provvede alla emanazione delle leggi e a creare il suo ordinamento giuridico; è demandato al parlamento e solo in alcuni casi al governo.
2- Esecutivo, detto anche amministrativo, con il quale lo Stato applica le leggi; è demandato al governo.
3- Giudiziario, con il quale lo Stato interpreta e applica le leggi ai singoli casi; è demandato alla magistratura.
Tutti questi organismi si prestano ad essere utilizzati dalle frazioni e dai gruppi per adeguare l’azione dello Stato ai propri interessi specifici.
Analogamente vale per i partiti, le correnti le associazioni e i movimenti di varia natura, le stesse testate giornalistiche: sono tutti strumenti della lotta politica delle frazioni borghesi, grandi e piccole.
Non bisogna però credere che nello Stato questa composizione dei divergenti interessi avvenga sempre nel migliore dei modi e l’equilibrio trovato sia stabile. Al contrario, “dominio di classe e unificazione di classe rappresentano un processo permanente di lotta e di contraddizione all’interno della classe capitalistica. Le sue frazioni intervengono nello Stato per adeguare il dominio e l’unificazione di classe dal punto di vista dei loro particolari interessi. Lo Stato viene quindi ad essere l’apparato in cui tale lotta e tale contraddizione si manifesta in vari gradi. Strumento di questa lotta sono tutti i partiti politici, ad esclusione del partito rivoluzionario della classe operaia che non si pone l’obbiettivo di conquistare li Stato, ma quello di distruggerlo per poter instaurare la dittatura del proletariato” (Lotta Comunista lug. ago. sett. 1969).
Questa precisazione è importante per comprendere la natura reale del rapporto tra struttura economica e lo Stato: l’economia determina la politica, ma l’economia stessa non è un blocco di granito, bensì una realtà dinamica con lotte continue e modificazioni dei rapporti di forza tra i vari gruppi; lo Stato si deve adeguare a questa modificazioni, ma nel fatto deve tener conto di tutte le forze in campo.
Punti fermi della scienza marxista
( Proseguiamo qui nell’approfondimento del falso socialismo,
cioè del capitalismo di stato camuffato da “socialismo”)
-1953, RIVOLTA BERLINO EST -
IL FALSO SOCIALISMO
(CAPITALISMO DI STATO)
EX DDR ATTACCA GLI OPERAI
Dopo la guerra, ai lavoratori dell’ex DDr, così come agli altri lavoratori dell’ex Urss e dei suoi Paesi satelliti (Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia ecc) era stato fatto intendere di essere nel “socialismo” e che le loro condizioni di vita sarebbero state salvaguardate, che sarebbero migliorate sempre più.
Tutto ciò non era vero.
E l’illusione durò pochi anni. I lavoratori tedeschi ex DDR e quelli polacchi, ungheresi, cechi ecc , mentre notavano che nei paesi occidentali “non socialisti” il tenore di vita lentamente ma veramente migliorava,. vedevano invece che lo sfruttamento, nei loro Paesi cosiddetti “socialisti” o “comunisti”, rimaneva durissimo, gli stipendi rimanevano sempre bassi e che la corruzione dilagava.
E la reazione non si fece attendere.
Nel giugno 1953, in seguito alla decisione del governo DDR di intensificare ulteriormente i ritmi di lavoro, i lavoratori di Berlino est insorgevano.
La repressione del falso socialismo, cioè del capitalismo di stato, fu estremamente dura. Furono fatti intervenire i carri armati, l’esercito, la polizia e chissà quant’altro e la rivolta fu presto soffocata.
La disillusione però si propagò, Nel ’56 insorgevano gli operai polacchi di Poznan e sempre nel ’56 quelli ungheresi di Budapest. Tutti furono repressi con estrema violenza.
Tutta la stampa di quel tempo definì i rivoltosi “provocatori”. Anche la stampa cosiddetta “socialista” o” comunista” che in realtà, guidata dallo stalinismo era al servizio del Capitale di Stato, bollò gli operai come “provocatori”.
In tutto il mondo solo la voce dei nostri primi compagni comunisti scientifici era a fianco degli operai insorti. Compagni che, forti della sola scienza marxista si battevano per l’internazionalismo proletario e chiarivano come stavano effettivamente le cose: “ … Quindi anche al proletariato polacco toccò la sorte degli altri paesi: lavorare duramente per la ricostruzione nazionale, pagare con uno sfruttamento imposto le conseguenze della guerra, restaurare il proprio capitalismo, pagare i sovrapprofitti al proprio imperialismo. E ciò, come in ogni paese, significa fame, miseria, mancanza di libertà (…). Noi che lavoriamo per questo [l’internazionalismo], siamo idealmente al fianco dei nostri fratelli rivoluzionari polacchi ed ungheresi e difendiamo la bandiera che fu già di Rosa Luxemburg e della Repubblica dei Consigli ungherese del 1919, come oggi è dei giovani insorti, dagli insulti che i controrivoluzionari d’ogni tinta le rivolgono.” (L’impulso 10 nov. 1956)
La dura repressione poliziesca seguente costringerà nell’ex DDR tra il ’52 e il 61, anno della costruzione del Muro ( il Muro della vergogna), più di 2 milioni di tedeschi a scappare nella ricca Germania di Bonn. Queste persone scappavano portandosi con se la convinzione di sfuggire al “terribile comunismo”.
Ma non poteva essere così. Non è possibile parlare di comunismo o socialismo dove il governo reprime gli operai. Perché stato socialista o comunista significa proprio governo degli operai, dei lavoratori, i quali vengono eletti nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro e nei quartieri. E gli operai non possono reprimere se stessi.
Solo un partito al governo di affaristi capitalistico-statali che si camuffano da “comunisti” o “socialisti” e sono alla ricerca del massimo guadagno può far questo.
Per noi, comunisti internazionalisti, che analizziamo la realtà con la lente del marxismo scientifico, le rivolte operaie di Berlino est nel ‘53 e quelle polacche e ungheresi del ’56 sono state invece la chiara e pratica conferma che in quei paesi dominava il capitalismo.