IL GRANDE MARX NON SOLO FILOSOFO, MA GRANDE RIVOLUZIONARIO ATTIVO!

I SUOI ESEMPI E INSEGNAMENTI PRATICI SEGUITI

DA TUTTI I GRANDI RIVOLUZIONARI

- FONDATORE DELLA 1° INTERNAZIONALE

- ANIMA POLITICA DEI RIVOLUZIONARI

SOCIALDEMOCRATICI TEDESCHI 

(l’informazione borghese cerca di occultare tutto questo)

 

 

 

Naturalmente i mezzi di informazione borghesi, che appartengono al sistema e lo devono difendere e sorreggere, cercano in tutti i modi di offuscare l’attività pratica rivoluzionaria che la grande figura del comunismo nella sua vita ha sempre praticato. Così che non sia da esempio alle masse sfruttate e alle avanguardie rivoluzionarie che vogliono liberarsi dall’oppressione capitalista.

Essendo Marx particolarmente amato e ammirato dai lavoratori proletari e dai giovani, l’informazione borghese attaccandolo, deve limitarsi solo a sminuire e a deformare la grande figura comunista, senza attaccarla direttamente, per non inimicarsi i proletari che lo ammirano.

In tutti i scenari borghesi infatti Marx viene presentato come un grande filosofo, un analista della storia, che, seduto sulla sua sedia, ha impegnato tutta la sua vita a analizzare il sistema capitalista nella sua famosa opera “Il Capitale”, e a impostare i concetti filosofici del suo “Materialismo storico”.

Null’altro. Riguardo la sua attività pratica rivoluzionaria Marx viene presentato come un perseguitato, che fuggito a Londra, in questa città tranquilla ha potuto dedicarsi alle sue opere. 

Nelle descrizioni borghesi non una parola sulla sua intensa, proficua e eccezionale attività pratica rivoluzionaria. Viene accuratamente taciuta per accreditare l’idea che il grande personaggio fosse in realtà un pigro, solo un “teorico” e un inoffensivo “filosofo”, che tanto ha scritto, ma che dal punto di vista pratico nulla ha potuto fare perché quello teorizzato in realtà era impraticabile. 

Questa la tattica borghese di deformazione, sminuizione, del grande rivoluzionario di Treviri. E’ di norma che la borghesia attraverso i suoi pennaioli mostri sempre una parte della verità, e spesso distorta.

MARX E’ STATO IN REALTA’ UN GRANDE RIVOLUZIONARIO PRATICO! UN ESEMPIO INDISPENSABILE PER IL MOVIMENTO OPERAIO, DA ALLORA SEGUITO DA TUTTI I RIVOLUZIONARI.

La sua attività rivoluzionaria è stata veramente intensa, diretta appunto proprio dalla base di  Londra dove era esiliato. Fu lui il fondatore della famosissima 1° Internazionale! Per mostrare agli operai di tutto il mondo il giusto sistema organizzativo-pratico da intraprendere per lottare concretamente contro il capitalismo. Così Engels in Karl Marx: “Il movimento operaio si era così rafforzato in diversi paesi d’Europa che Marx potè pensare di esaudire un desiderio nutrito da tempo: fondare un’associazione operaia estesa ai paesi più progrediti dell’Europa e dell’America (…) Una riunione popolare tenuta il 28 settembre 1864 in St. Martin’s Hall a Londra (in favore della Polonia, allora subente una nuova repressione russa) offrì lo spunto di far la proposta, accolta con entusiasmo. L’Associazione Internazionale degli operai fu fondata”. … Naturalmente nelle intenzioni di Marx l’opera titanica della 1° Internazionale era solo un primo passo nella lotta contro il capitalismo.     

Infatti sarà ancora lui, Marx, nel 1869 l’ispiratore e l’anima politica dell’importante partito tedesco socialdemocratico rivoluzionario quando in quell’anno verrà ufficialmente fondato. Ancora Wikipedia: “August Bebel e Wilhelm Liebknecht avevano fondato nel 1869 il Partito Socialdemocratico dei Lavoratori di Germania (SAD, in tedesco: Sozialdemokratische Arbeiterpartei Deutschlands) di ispirazione marxista”.

 

All’epoca è quindi sempre Marx l’ideatore e il conduttore politico delle grandi organizzazioni rivoluzionarie. Un lavoro organizzativo immenso quindi, quello con cui il grande comunista si è cimentato per tutta la sua vita.

Nella titanica lotta tra le classi, la storia ha voluto che i proletari di tutto il mondo, nella loro lotta per l’emancipazione e la liberazione dall’oppressione, abbiano potuto ricevere da Marx non solo l’indispensabile analisi del sistema capitalistico con “Il Capitale” e l’evoluzione della storia e delle società dal suo “Materialismo Storico”, ma con la 1° Internazionale e il partito rivoluzionario Socialdemocratico Tedesco anche gli strumenti organizzativi con cui combattere il capitalismo.

Più di così il gigante rivoluzionario non poteva fare! 

ASCESA DEI VERDI:

GIA’ VISTI AL GOVERNO

DAL 1998 AL 2005

COSA POSSIAMO ASPETTARCI ADESSO DA LORO?

LE GIRAVOLTE POLITICHE OPPORTUNISTICHE

E LA STORIA CHE SMASCHERA QUESTO PARTITO

Da quanto tempo i verdi sono impegnati in Germania a difesa dell’ambiente?

Forse non tutti i giovani conoscono la storia dei verdi tedeschi.

 

 

Tra i partiti della borghesia che siedono in parlamento esiste sempre una profonda differenza tra il dire e il fare. E i “Verdi” tedeschi non fanno eccezione, ne sono l’ennesimo chiaro esempio.

Interessante è come Wikipedia li presenta: “Negli anni Settanta, nella Germania occidentale, vennero fondati  ‘I Verdi’ che raccolsero ambientalisti e pacifisti che si opponevano all'uso dell'energia nucleare e si battevano per migliorare la qualità della vita nelle grandi città”.Prosegue poi su “i princìpi della politica Verde. Tali princìpi includono la giustizia sociale, il ricorso di base della democrazia, la non violenza e il supporto per le cause dell'ambiente. I Verdi sostengono che l'esercizio di questi principi siano la guida per la salute del mondo (…) seguono una ideologia coerente che comprende non solo l'ambientalismo, ma anche giustizia sociale  il  metodo del consenso, e il  pacifismo. I Verdi ritengono che questi problemi sono intrinsecamente legati l'uno all'altro come fondamento per la pace nel mondo. La più nota affermazione di valori verde sono il Quattro Pilastri del Partito Verde, adottato da  I Verdi  fin dalla loro fondazione, nel 1979-1980”.

Quindi ufficialmente i ‘Verdi’ nascono su “pilastri” per migliorare sia l’ambiente che la qualità della vita e battersi per la pace. Questi i loro nobili scopi politici. Sarà poi così nella loro politica pratica?

Andiamo a vedere come in seguito arrivati al governo hanno attuato i loro “nobili principi’. Seguiamo sempre Wikipedia: ”Nel 1987, dopo lo scoppio della centrale nucleare di Chernobyl e la battaglia contro l'abbattimento delle foreste, il partito aumentò considerevolmente i suoi voti giungendo, alle elezioni parlamentari all'8,3% dei voti. In questi anni leader del partito sarà  Joschka Fischer, che 

manterrà tale ruolo fino al 2005”.  In questo periodo il partito dei Verdi Entrò per la prima volta al governo in una coalizione con il Partito Socialdemocratico  e Joschka Fischer fu nominato ministro degli esteri. Il partito in questi anni si va rafforzando, anche se la partecipazione all'intervento militare in Kosovo provocò la fuoriuscita dei pacifisti più intransigenti  Quindi i Verdi appena giunti al governo in coalizione con l’SPD, la prima cosa che fanno è aderire all’intervento militare in Kosovo e ‘demolire’ così uno dei ‘nobili pilastri’ per cui si erano fondati: “il pacifismo”.  Sul tema prosegue Wikipedia:  “Nel 2001, però, il partito vide ben quattro deputati votare contro il proprio governo” in quanto “… ha accettato di restare nella coalizione e sostenere il governo del Cancelliere tedesco Gerhard Schröder nel 2001 sulla guerra afgana”.   Quindi l’adesione alla guerra per i Verdi è normalità nonostante si presentino come “pacifisti”.  

Veniamo all’altra colonna ‘nobile’ per cui i Verdi si erano costituiti: “la difesa dell’ambiente”,asse portante della loro politica. Lasciamo sempre parlare Wikipedia, sentiamo cosa ci dice al riguardo:  Nel 2001, hanno raggiunto un accordo [con l’SPD -n.d.r.]  per porre fine all'utilizzo dell'energia nucleare in Germania”. Quindi veniamo a sapere che già nel lontano 2001 (quasi 20anni fa) i Verdi si erano impegnati (con il governo Schröder) per la “dismissione del nucleare”. Il problema “nucleare” perciò dovrebbe essere già stato risolto da molto tempo essendo i Verdi stati così a lungo al governo. Ma dobbiamo constatare che …  fino ad adesso … nulla è cambiato. L“impegno verde “per “l’ambiente” non ha portato a nessun risultato! Solo parole, a scopo propagandistico (naturalmente)  . Tanto che anche la cancelliera Merkel nel 2011 impara lo stesso giochetto, e lo ripete, annunciando che attuerà la “chiusura del nucleare” entro il 2021. Per poi nel 2019 furbescamente spostarne ancora il tutto, ma questa volta nel lontano 2035.     

Quindi per i Verdi anche quest’altro ‘grande principio di base’ è andato a farsi benedire.  

Dei “nobili” scopi dei Verdi rimane quindi alla fine il “migliorare la qualità della vita” e “la giustizia sociale”. E’ noto che i governi Schröder Rosso-Verde (SPD-Verdi) del 1998-2002 e del 2002-2005 siano stati i governi più duri, più accaniti contro i lavoratori. I quali, nonostante i forti scioperi di opposizione, hanno dovuto subire da questi due partiti al governo pesanti peggioramenti alle loro condizioni di vita e di lavoro (tra cui l’introduzione dell’HATZ IV). Un forte arretramento per il tenore dei lavoratori quindi. Tutto il contrario di quanto in programma dei Verdi. Anche qui perciò nella pratica constatiamo l’ennesimo tradimento dei loro “principi”.

In pratica hanno rinnegato, con allora alla guida il leader Joschka Fischer, tutti le “colonne nobili’ per cui si erano formati e sviluppati. Un cambiamento totale, a 360 gradi.

Adesso questi camaleonti politici ritornano alla ribalta guidati da Robert Habeck. Quale sarà ora la loro politica?

Gli ultimi sondaggi li vedono al primo posto nelle preferenze di voto dei tedeschi davanti alla Merkel. Molto probabilmente saranno presto di nuovo all’esecutivo. E quindi, sicuramente, vista l’esperienza fatta precedentemente nel governo Schröder, continueranno nella farsa-commedia di proclamare ‘alti valori umanitari’, ma già da abili esecutori degli interessi della borghesia continueranno invece nelle loro già conosciute pratiche di interventi militari, sacrifici per i lavoratori, promesse ecologiche.     

I giovani e i lavoratori devono far tesoro di questo e non farsi abbindolare.


 

___________________________________________________________________________________________________________________

 

 

 

CLIMA, CARBONE, NUCLEARE, PETROLIO

E’ IL SISTEMA CAPITALISTICO

LA CAUSA DELL’INQUINAMENTO CLIMATICO

PER RISOLVERE IL PROBLEMA “CLIMA” 

BISOGNA ELMINARE IL PROBLEMA CAPITALISMO

 

 

 

Già molti movimenti nel passato hanno intrapreso lotte contro il degrado ambientale. Solo negli anni ’70-’80, tanto per riferirci agli ultimi decenni, si sono avuti grandi movimenti politici che, con grandi manifestazioni, si riproponevano di migliorare le condizioni climatiche. Constatando che non risolvevano nulla ed era una lotta persa, lentamente hanno ceduto e sono scomparsi dalla scena.  

Poi nei decenni seguenti altri ci hanno provato, altre organizzazioni sono sorte pensando anch’esse di poter migliorare l’ambiente. Ma anche queste hanno ben presto dato forfait e sono sparite. E oggi possiamo constatare che da allora nulla è cambiato, il problema è tutt’ora più che mai presente e ritorna sistematicamente alla ribalta. Il perché di questo è semplice: il degrado ambientale è un problema insito nel sistema capitalistico, fa parte del sistema stesso, poichè è direttamente collegato al profitto. Ed è ovvio quindi che per eliminare il problema bisogna eliminarne la causa, cioè il capitalismo.  

Ora è apparso questo nuovo movimento europeo “Klima pulito”. Ancora i giovani europei ci vogliono provare. Addirittura gli organizzatori si sono dati “6 anni” di tempo per raggiungere “l’obbiettivo”.

E’ un movimento partito dal nord Europa, guidato dalla giovanissima “Greta”, 

che in gennaio e marzo ha coinvolto con grandi manifestazioni di piazza le scuole tedesche, e poi a seguire quelle di mezza Europa. I media nazionali, la stampa e le televisioni ne hanno dato grande risalto. I ragazzini partecipanti apparivano entusiasti della lotta che stavano conducendo. 

Ovviamente l’inquinamento atmosferico è una delle tante piagheche infestano la società capitalistica, come le guerre, le crisi, la povertà, lo sfruttamento. La domanda è: agli adolescenti e ai ragazzi che hanno manifestato e espresso il loro dissenso nelle piazze è stato spiegato bene questo, e cioè che la società capitalistica è piena di contraddizioni e oltre all’inquinamento è causa di un’infinità di altri gravi e deplorevoli problemi?  

Per questi ragazzi di mezza Europa che si ripropongono adesso di rilottare contro il degrado ambientale, l’impegno è senz’altro lodevole. Però battersi per una nobile causa presuppone che l’obbiettivo sia raggiungibile, risolvibile. A questi adolescenti che intraprendono ancora la lotta, è chiaro loro che la problematica per cui protestano è una controversia che riguarda e coinvolge gli interessi di potenti multinazionali e banche mondiali, che tocca affari in borsa, schieramenti politici e organi di pressione speculativi internazionali fortissimi? Conoscere bene questo “meccanismo Klima” è fondamentale per l’esito della lotta stessa, com’è importate aver chiaro l’intricato e complesso mondo speculativo e affaristico dell’energia e tutti gli interessi che ci girano attorno.      

Perché potrebbe essere (come noi pensiamo) visto la giovane età dei partecipanti sia possibile che, con il pretesto del miglioramento dell’ambiente, essi vengano invece influenzati e diretti dai media in una lotta che, oltre a non portare a nessun risultato, siano strumentalizzati in uno scontro di interesse riguardanti le grandi multinazionali dell’energia. Nel senso che, con lo slogan “Clima pulito”, gli studenti vengono influenzati a sostenere lo schieramento delle grandi compagnie energetiche che usano la cosiddetta “energia pulita” come il gas, o l’energia eolica, o i panelli solari, ecc, contro le grandi multinazionali cosiddette “inquinatrici” del carbone, del nucleare o del fossile (il petrolio). Noi pensiamo possa essere questo il vero motivo dell’apparizione improvvisa di questo nuovo e giovane movimento. 

Come pensiamo abbia senz’altro ragione la giovane attivista di “Lotta Comunista”, che intervistata durante una manifestazione nelle piazze italiane, afferma che il movimento contro l’inquinamento e il degrado ambientale, che non può portare a nessun risultato pratico, non è altro che un diversivo dell’imperialismo europeo (dei suoi politici, giornalisti, media) montato appostaper distogliere i giovani europei dai loro veri problemi e che non lottino contro il lavoro sempre più precario giovanile, contro i bassissimi stipendi iniziali e la mancanza di tutele sociali, o un futuro di disoccupazione che in alcuni paesi UE raggiunge livelli record.

Ancora una volta è da constatare come i capitalisti siano sempre dei cinici manipolatori. Come non si facciano alcun scrupolo ad utilizzare anche degli studenti adolescenti negli scontri e nelle diaspore che si conducono tra di loro per rubarsi quote di mercato e quindi di profitto.

Noi marxisti non possiamo altro che ribadire: E’ SOLO ELIMINANDO IL PROBLEMA CAPITALISMO CHE SI POTRA’ RIVOLVERE L’ETERNO PROBLEMA DELL’INQUINAMENTO e dello sfruttamento selvaggio delle risorse della natura. Le multinazionali e i governi lo sanno bene. E non è certo utilizzando degli adolescenti che il problema può essere risolto. A Greta quando sarà adulta glielo diremo.

 

L’EUROPA POTENZA “FORTE”

CHE FRAU MERKEL VORREBBE

IN UN’INTERVISTA ALLA “F.A.Z.” LA CONCELLIERA

SPIEGA COME VORREBBE LA “SUA“ EUROPA.

 

L’Europa deve essere in grado di agire“, questa è la frase più volte ripetuta dalla cancelliera nel lungo colloquio con il reporter del giornale “Frankfurter Allgemeine“. E sottolinea che sono proprio i concorrenti Cina e USA che stanno obbligando i paesi europei a trovare una posizione unitaria comune, così da “essere in grado di agire come potenza unita sulla scena mondiale.

Spiega la cancelliera: “Ci troviamo di fronte a problemi globali, perché l’intero ordine mondiale si sta trasformando. Viviamo un momento dove il mondo da bipolare per via della guerra fredda, diventa multipolare. L’America è e rimane una super potenza … [ma] non solo l’America mette sotto pressione l’Europa. … La Cina diventa sempre più forte economicamente e aumenta la sua influenza globale. Questo significa per noi europei che di nuovo dobbiamo definire  il nostro posto nel tessuto globale, che noi come insieme di operatori dobbiamo inserirci come attore globale”. In poche parole: “le persone dell’Unione Europea devono prendere il mano il loro destino”.

Quindi frau Merkel passa ad elencare quali sono le misure che devono servire a rafforzare l’attuale debole Europa in modo che “possa essere presa sul serio sulla scena mondiale dalle altre potenze concorrenti.  

Innanzitutto per il capo del governo tedesco, l’Unione Europea ha bisogno di un “Fondo valutario autonomo”. Ecco come esplicita la cosa la cancelliera: “Gli attuali strumenti non sono sufficienti, perciò abbiamo bisogno dell’unione delle Banche e del Capitale. Vogliamo costituire anche una parte indipendente del Fondo Monetario Internazionale [IWF]” che “deve diventare un Fondo Monetario Europeo, un EWF”.In altre parole, le banche e i capitali europei si devono unire e costituire un proprio grande fondo finanziario europeo (EWF) autonomo, da usare (come chiarisce in seguito la cancelliera) per le situazioni straordinarie di crisi, senza, si intende, doverne sottostare per l’utilizzo al beneplacito americano, com’è attualmente con il Fondo Monetario Internazionale.  

Poi passa al secondo punto fondamentale per l’Europa: l’esercito europeo. “Vedo positiva la proposta del presidente Macron per una iniziativa di intervento [di costituzione di esercito europeo- n.d.r.]. Un tale Reparto di Intervento con una cultura strategica militare comune, deve corrispondere ad una struttura di cooperazione per una politica di difesa. La cooperazione europea nell’ambito della difesa è molto importante”. Nell’intervista Frau Merkel entra addirittura nei dettagli di come il futuro esercito di intervento europeo dovrebbe conformarsi: “Dobbiamo arrivare ad una situazione dove, dalle attuali 180 sistemi di armi esistenti in Europa una accanto all’altra, si arrivi a come sono adesso gli Stati Uniti che hanno solo 30 sistemi di armamenti”. Infine la cancelliera ribadisce con decisione: “Nel futuro noi dovremo, e reagiremo alle sfide [militari - n.d.r.] che ci si porranno”. Cioè dove sarà necessario, l’Europa muoverà guerra. 

Si noti come in tutta l’intervista non esisti alcun accenno, nessun riferimento ai problemi delle masse lavoratrici. Nel lungo colloquio non una parola sulle numerose problematiche che affliggono le famiglie, i giovani, i pensionati.

La cancelliera fa capire chiaramente che quando parla di “Europa” intende assolutamente solo gli interessi delle banche, dell’imprenditoria, della finanza, delle imprese europee. Che lei è a disposizione per i loro problemi, i loro bisogni. Banche e imprese che appunto, strette dalla concorrenza delle multinazionali americane, ma soprattutto dalle emergenti cinesi, hanno bisogno, per continuare ad essere “produttive” (di guadagni), di stringersi sempre più in un fronte comune unico continentale. Anche se non viene mai detto apertamente, è proprio questo il senso che tutti i politici e gli economisti sottintendono quando parlano di “Europa”, di voler unire l’Europa, rafforzare l’Europa,.  

Quello che noi con forza vogliamo ribadire invece, è che questo è il vero motivo per cui “l’Unione Europea” nel lontano 1957 è stata fondata. Non certo per sostenere il benessere dei lavoratori e dei giovani. E possiamo senz’altro constatare che anche la cancelliera Merkel implicitamente conferma quanto gli analisti marxisti da sempre sostengono: l’Unione Europea impone solo l’interesse del capitale europeo.

Esistono poi movimenti, partiti critici dell’Europa, che vorrebbero “un’altra Europa” più vicina alla gente, più democratica, meno austera, e non L’Europa dei banchieri, della finanza. Queste in verità, sono le stesse critiche che venivano mosse alla Comunità Europea già al suo primo sorgere.

Per noi, un’Europa così (più vicina ai bisogni) nel mondo capitalistico non è possibile. Perché la società capitalistica segue gli interessi degli industriali, è manovrata dai capitalisti stessi, i quali, come con realtà afferma Marx, attraverso i governi impongono alla società le loro leggi, i loro interessi, i loro organismi, e non è modificabile dal basso.  Il sistema capitalistico si può solo (come realisticamente ancora Marx afferma) abbattere, e solo dopo si può costituire un’altra società, senza i problemi e le contraddizioni che sono nella natura del capitalismo del profitto. 

E la grande borghesia chiama tutti i governi e tutti i partiti a difendere gli interessi delle grandi banche e imprese, come la cancelliera chiaramente ribadisce. Sono chiamati con impegno a difendere il sistema e svolgere con responsabilità il loro ruolo sociale borghese.    

 

Tutto il resto per la classe dominante del capitale non ha nessunissima importanza.


 

___________________________________________________________________________________________________________________

 

 

 

PERCHE’ IL CROLLO SPD?

COSA SUCCEDE AL PARTITO

FINTO AMICO DEI LAVORATORI?

AGONIA E CRISI INGLORIOSA SENZA FINE

PER IL PARTITO OPPORTUNISTA SOCIALDEMOCRATICO.

 

PERCHE’ OPPORTUNISTA?

In politica si definisce opportunista un partito che si definisce in una certa maniera, ma poi fa tutto il contrario. Nel nostro caso, l’SPD si definisce  “partito dei lavoratori”, ma nella pratica legifera e opera costantemente contro di essi e si pone chiaramente al servizio della borghesia. Questo tipo di partiti vengono chiamati anche “falsi amici” e sono i più pericolosi per la classe lavoratrice,   che in un certo senso si “fida” di loro.

 

 

L’SPD perde costantemente consenso tra i salariati anche se ipocritamente continua a autoproclamarsi di sinistra e dalla parte degli interessi della classe lavoratrice. Non può però nascondere che nella realtà è più che evidente che ne opera in maniera a questa sfavorevole.

E’ complice con la CDU-CSU di Angela Merkel, con la quale condivide tutte le manovre di governo di Grande Coalizione dei continui attacchi contro i lavoratori e allo stato sociale, e delle promesse non mantenute, di essere la mano lunga in Germania del Capitale Europeo, con le sue leggi drastiche anti lavoratori.

Mentre in tutti i paesi europei la protesta contro l’Unione Europea monta, l’SPD ne difende invece gli interessi e le leggi. Si potrebbe addirittura dire che, ormai anche nelle enunciazioni politiche del governo, se si chiude gli occhi, è quasi impossibile distinguere se provengono da politici della CDU-CSU o della SPD, per quanto siano uguali e indistinguibili nei contenuti.

Perciò lo scontento dei lavoratori verso l’SPD monta inevitabilmente e la delusione sale. Il tutto viene registrato dalle preferenze di voto, che da un massimo del 40% nel 2012 progressivamente (come documentato dal grafico) sono crollate ad un 15% nelle ultime elezioni europee.

Quindi come sempre accade in tutti i partiti in queste situazioni di disastro, anche l’SPD è entrata in una crisi di fibrillazione che sembra non finire mai. Con la leader del partito Andreas Nahles, che sotto accusa e ritenuta responsabile del crollo, ha dovuto affrettarsi a dare le dimissioni per le fortissime critiche. Adesso, nel momento in cui scriviamo, è un triunvirato di tre dirigenti, Stephan Weil, Manuela Schwesig e Malu Dreyer, che gestisce la transizione del partito. Ne seguiremo certamente gli sviluppi.  

Una parte dei militanti SPD accusa il motivo del crollo con il fatto che i leaders del partito hanno voluto, per la terza volta, costituire un governo di Grande Coalizione con la CDU-CSU. Per questo motivo, in particolare quest’ultimo governo di collaborazione con la Merkel, sostengono i critici, i lavoratori sostenitori dell’SPD (che sono la maggioranza di chi la vota) l’avrebbero interpretato come l’ennesima complicità, l’ennesimo cedimento e connivenza verso l’establishment borghese, che così delusi sarebbero passati a votare altri partiti. Per questi militanti critici sarebbe stato meglio se l’SPD questa volta fosse rimasta all’opposizione. 

NOI INVECE DIAMO UN’ALTRA SPIEGAZIONE DEL CROLLO.  

Noi partiamo dal fatto che l’onda lunga del voto populista protestatario contro la UE stia ormai investendo tutta l’Europa, Germania compresa. E’ un’onda di protesta contro tutti i partiti governativi che sostengono l’austerità dell’Unione Europea e che sta invece favorendo i partiti populisti di destra per lo più razzisti (in Italia, Francia, Gran Bretagna, Austria, Grecia, ecc.), razzismo che noi marxisti combattiamo attivamente. Diversamente dagli altri paesi, in Germania quest’onda, oltre a favorire l’AfD, stranamente sta avvantaggiando clamorosamente il partito dei Verdi, che dagli ultimi sondaggi sembra abbia addirittura superato con un 27% di preferenze la CDU-CSU di Angela Merkel, che scende a un 26%. Per cui siamo di fronte a un onda di sfiducia, di malcontento, che sta penalizzando tutti i partiti governativi filo UE, indistintamente di centro o  sinistra, SPD quindi compresa. 

Per questo motivo di insoddisfazione generale riteniamo che, anche se l’SPD si fosse posta comunque all’opposizione rifiutando di entrare nel governo, la fuoriuscita di voti dal partito ci sarebbe stata lo stesso. Forse meno accentuata come l’attuale crollo, ma il trend sarebbe stato certamente negativo (esattamente come sta succedendo alla CDU-CSU di Merkel). 

Ormai l’SPD non gode più la fiducia della masse salariate, che per diversi decenni l’hanno sostenuta e votata. Adesso si sentono prese in giro da questo partito (precisiamo: non è che gli altri partiti siano diversi dall’opportunista SPD), ma l’era della logorata e compromessa SPD sembra proprio avviata al tramonto definitivo.

Adesso arriveranno altri partiti della borghesia a prendersi gioco dei lavoratori.

COSA PENSANO I GIOVANI

D’OGGI DELLA POLITICA?

INTERESSANTE ARTICOLO DEL GRUPPO MARXISTA ‘G.I.S.’

SULL’ORIENTAMENTO POLITICO DEI GIOVANI

 

 

 

Con il titolo “Le statalizzazioni non sono socialismo!“ l’articolo scritto dal gruppo GIS (“Gruppe Internationaler SizialistInnen” – in Italia “Battaglia Comunista”), si approfondisce l’analisi sul comportamento politico dei giovani in America e in Europa. L’autore riporta come le ricerche fatte nei vari paesi evidenzino che  “il 51% degli americani in età tra i 18-29 anni hanno una immagine positiva del socialismo”. A riguardo invece dei paesi europei prosegue“Quasi un terzo dei votanti francesi sotto i 25 anni hanno votato per i candidati radicali di sinistra (si intende per Jean-Luc Mèlenchon). In Gran Bretagna il Post-Blair Labour Party ha aggiunto per Jeremy Corbyn un sostegno di 540.000 nuovi aderenti, più di tutti gli altri partiti registrati messi assieme”.

I dati sono sorprendenti e ciò che emerge è veramente interessante per noi marxisti. In sostanza la ricerca indica che la maggioranza dei giovani nei vari paesi europei e in America non segue, come potrebbe sembrare, la politica razzista xenofoba del resto della popolazione, ma che il suo orientamento politico è radicalizzato a sinistra, contro le disfunzioni del capitalismo così espresse nell’articolo: “una continua riduzione delle entrate economiche della classe lavoratrice, (…) [mentre] per i ricchi [avviene] una riduzione delle tasse, (…) i giovani si accorgono che questo sistema puzza e che la presunta economia democratica capitalista è tutta al servizio degli interessi dei pochi”.

Quindi i giovani in generale, non sono sensibili alle campagne mediatiche contro gli immigrati, ma si sentono figli del mondo e fraternizzano istintivamente con i nuovi arrivati. E i problemi sociali per i giovani risiedono più nella ingiusta società capitalista che all’arrivo degli immigrati.   

L’analista del GIS mette però giustamente sull’avviso che i giovani di sinistra che protestano e lottano possono cadere in molte trappole politiche che la borghesia pone. La più pericolosa e diffusa di queste tra i giovani protestatari è pensare che le “statalizzazioni” possano essere una soluzione alle problematiche capitalistiche ed essere una “via al socialismo”.

L’analista del GIS chiarisce innanzitutto che “Marx non ha mai argomentato per un capitalismo più giusto”, cioè che Marx non ha mai asserito possa esistere un “capitalismo giusto e equilibrato” e non ha mai sostenuto che il capitalismo può essere riformato e migliorato gradualmente. Anzi l’analisi di Marx dice tutto il contrario: Marx si è sempre espresso affermando che il caotico capitalismo o lo si cambia completamente abbattendolo, oppure continuerà il suo percorso indisturbato di disfunzioni, problematiche e disastri, trascinando con se come sempre tutta la società.

E correttamente l’articolista del GIS aggiunge che per Marx l’umanità può trovare la sua pace solo in una società dove “ognuno produce secondo le sue capacità e ognuno riceve secondo i suoi bisogni”. Solo in una tale società le disfunzioni potranno sparire e non certo favorendo le statalizzazionidel sistema capitalista, dove in sostanza tutto rimane come prima. 

Secondo e importante punto dell’articolo: è l’esperienza di due secoli passati di capitalismo che confermano ed insegnano che le statalizzazioni non hanno mai portato al socialismo, ma che anzi le statalizzazioni hanno prodotto il mostro dello stalinismo con tutte le sue conseguenze nefaste.

Quindi i giovani europei e americani che si affacciano oggi sulla scena politica piena di trabocchetti e inganni,  devono stare attenti, non farsi coinvolgere, devono far tesoro sia dell’analisi di Marx che dell’esperienza storica, che conferma inequivocabilmente l’analisi realista marxista.

Su queste posizioni noi non possiamo altro che avvalorare la positività d’analisi dei marxisti del GIS. I capitalisti usano molte trappole, diversivi, per neutralizzare le giuste aspirazioni di equità e giustizia sociale dei giovani. I borghesi hanno mille metodi per far si che il sistema prosegua sulla strada controversa e perversa del profitto.

La chiara e realistica conoscenza sociale deve perciò essere portata ai giovani, così da evitare che cadano nelle sabbie mobili politiche borghesi di questa società ingiusta.


 

________________________________________________________________________________________________________________________

 

 

 

IN CINA UN CARTONE

ANIMATO SU KARL MARX

IL GRANDE RIVOLUZIONARIO ADATTATO ALLE ESIGENZE DELLA BORGHESIA STATALE CINESE

 

 

Com’è possibile coinvolgere i giovani utilizzando un Marx accuratamente modificato e deformato nei suoi concetti teorici di base e di analisi in modo da renderlo innocuo e così adatto alla politica capitalistica cinese? Cosicchè i giovani cinesi ne siano attratti e si possano avvicinare alla politica ed essere utilizzati e assorbiti dalle dirigenze borghesi false comuniste per incrementare il partito che dirige il paese? 

Anche un cartone animato sulla vita del grande rivoluzionario (definito riduttivamente solo “filosofo”) può servire allo scopo.

Già due anni fa, nel 2017, il governo cinese aveva provato a diffondere tra i giovani il tema Karl Marx con uno show televisivo - “Marx Got it Right” (Marx ha visto giusto) - per attrarli alla politica. Ma con scarso successo. Oggi però con questo cartone i vertici cinesi prevedono sarà diverso, si ripropongono di raggiungere e coinvolgere grandi masse giovanili.

Già il cartone, come sperimentazione, è stato fatto visualizzare a tutta una serie di ragazzi, che come commento si sono dichiarati entusiasti, con uno share di risultato molto positivo. Marx viene presentato giovane, brillante e sbarbato come piace agli adolescenti, occhi accattivanti e profondamente innamorato della sua “Jenny”, la moglie, con la quale condivide le sue situazioni. Il cartone - riportano i commentatori - è suddiviso in sette puntate, ed è improntato più sulla vita del giovane Marx, che sulle sue opere, analisi e teorie. Questo naturalmente per non appesantire i giovani telespettatori. Si prevede sarà un enorme successo.

Dal punto di vista politico la messa in onda del cartone su Marx viene associato al fatto che il presidente cinese Xi Jinping ripete costantemente che “il marxismo è il modello guida del governo cinese” e che per il governo cinese “l’analisi marxista deve servire a interpretare correttamente la società”. Quindi il cartone viene ritenuto del tutto in linea con l’attuale atmosfera politica che la Cina conduce. 

Ma di quale “modello marxista” intenda il presidente Xi Jinping esistere in Cina non si capisce, visto che nel paese esiste il capitalismo con grandi capitali, banche, profitti,  interessi bancari, le speculazioni e soprattutto lo sfruttamento intensivo dei lavoratori.  

Già dall’inizio della rivoluzione borghese contadina condotta da Mao Tze-tung, poi a seguito con Deng Xiaoping e poi con tutti gli altri leader cinesi fino all’attuale presidente Xi Jinping, si vuol far credere al mondo e al proletariato cinese che la Cina sia “comunista”. Il motivo dell’esistenza di questo presunto “comunismo” risiederebbe nel fatto che “l’economia è statalizzata” (solo negli ultimi tempi una parte è anche diventata privata) è che la “statalizzazione” si sostiene essere sinonimo di “socialismo” o “comunismo” come si ritiene sia affermato da Marx. Una grande falsità.   

Una grande menzogna perché nella società capitalistica, nella società del profitto, come appunto è esattamente quella cinese, le aziende statalizzate perseguono, come le private, lo scopo di produrre guadagno, perciò capitalismo. E il fatto che il governo cinese per accreditarsi come “socialista” riporti che Marx come comunismo intenda“l’abolizione della proprietà privata” non significa affatto che Marx la intenda in un sistema sociale dove le aziende statalizzate svolgano lo stesso ruolo delle private  sfruttando gli operai per far soldi.    

Come già documentato in diversi altri articoli sul nostro giornale, nel capitalismo le aziende affariste dirette dallo Stato sono la normalità, esistono più o meno diffuse in tutti gli stati. Ed è una grande menzogna far passare le statalizzazioni per “socialismo”. Nel comunismo non esiste la concorrenza, i capitali, la vendita, le banche, i dividendi, ecc. come esistono in Cina. In questo tipo di società più evoluta socialista i beni vengono invece suddivisi equamente tra la popolazione, senza profitti, dividendi, concorrenza, vendita, ecc. Tutt’altro, com’è evidente, di quanto accade in Cina. Dove invece il fortissimo capitalismo si sta velocemente trasformando in imperialismo e il governo borghese finto comunista e stalinista perseguita accanitamente i lavoratori che scioperano nelle fabbriche. 

I potenti mezzi di comunicazione cinesi quindi, facendo il loro mestiere (come del resto in tutto il mondo) di servire la borghesia al potere, divulgano concetti del tutto falsi sul comunismo e su Marx. Falsi concetti che appropriatamente adattati devono servire per la sottomissione delle masse sfruttate e che rendano la strada facile al governo per condurre il capitalismo.

Anche il cartone su Karl Marx dovrà quindi prestarsi allo scopo: attrarre giovani alla politica, inserirli nel falso partito comunista dirigente la nazione e formarli come dirigenti affaristi statali borghesi.

Proprio tutto il contrario di quanto affermato da Marx essere “comunisti”.

SCONTRO TRA IMPERIALISMI CINA-USA

 

 

 

La Cina ha raggiunto da alcuni anni lo status economico-politico di imperialismo. Nella sua economia si possono trovare ora multinazionali, monopoli, enormi complessi economici finanziari, esattamente come descritto da Lenin nel suo “Imperialismo, fase suprema del capitalismo”. Multinazionali, grossi complessi industrial-finanziari che nella società comunista assolutamente non esistono. Quindi com’è evidente la Cina non ha niente a che fare col comunismo.

Alcuni stati capitalisti si definiscono spudoratamente “socialisti” o “comunisti”, ma è tutto un inganno. Le borghesie statali che la vi padroneggiano (Cina, Cuba, Nord Corea) usano questo inganno proprio per meglio dominare e sfruttare i lavoratori così da aumentare i propri profitti.

Il capitalismo statale (il capitalismo può anche essere statale) cinese grazie a questo inganno ha potuto accumulare nei decenni scorsi enormi capitali, e adesso come capitalismo imperialista è pronto per entrare in concorrenza contro gli altri imperialismi, in particolare contro quello dominante americano. E le cronache registrano appunto che lo scontro tra i due colossi si sta facendo sempre più aspro.

Dopo il noto aumento dei tassi americani sulle merci cinesi importate in USA e la reazione cinese di alzare a sua volta i dazi in Cina sulle merci americane, è seguito l’attacco USA contro la multinazionale cinese Huawei delle comunicazione, la quale, come riportato sopra, contrattacca esigendo in America miliardi per il compenso del proprio brevetto.

Ma l’intervento economico dell’imperialismo cinese non è concentrato solo in Nord America, ma spazia dall’Europa all’Asia, fino a coinvolgere l’intero continente africano. E la preoccupazione dell’espansione cinese in Africa coinvolge non solo le multinazionali americane, ma soprattutto quelle europee, per le quali l’Africa è sempre stata considerata  “proprio terreno d’affari”.

Ovviamente per le multinazionali di tutti i paesi, europei o cinesi o americani che siano, l’interesse africano non è “umanitario” o di “pace” o “collaborazione” come viene presentato, ma è l’occasione per far montagne di soldi anche sulla pelle dei lavoratori africani.  

E di conseguenza anche in questo continente la concorrenza tra imperialismi si accende. Spudoratamente le varie nazioni che sgomitano per procacciare affari si accusano reciprocamente di “neocolonialismo”. Ma in questa ennesima battaglia sembra proprio sia l’imperialismo cinese quello che alla meglio stia sfruttando l’occasione in quella che viene definita dai concorrenti occidentali “la conquista cinese dell’Africa”.

Interessante è come nell’articolo “La campagna d’Africa” il giornale “Il foglio” del 7 febb. 2019 presenta con invidia le “furbizie” e i “trucchi” dei capitalisti cinesi per la loro espansione. A riguardo di come operano le aziende di Pechino dice: “Il problema però è nella natura degli investimenti cinesi, e nella cosiddetta ‘trappola del debito’: le opere sono finanziate con prestiti cinesi, che se poi non possono essere ripagati costringono il paese [dov’è avvenuto l’investimento – n.d.r.] a cedere quelle stesse infrastrutture. Il caso scuola è quello dello Sri Lanka, e del porto di Hambantota: il governo di Colombo non è riuscito a ripagare il debito contratto con Pechino, e nel dicembre del 2017 ha dovuto cedere il controllo del porto”.  Questo “trucco” viene perciò preso a pretesto dalle borghesie concorrenti per accusare l’imperialismo cinese di operare uno “sfruttamento delle risorse naturali altrui”, tacendo che loro come imperialisti occidentali lo hanno sempre fatto e lo stanno facendo tutt’ora.

Ma veniamo alle impressionanti cifre dell’attivismo capitalista di Pechino nel continente africano. Seguiamo sempre quanto relaziona l’articolo “La campagna d’Africa” del giornale “Il foglio”: “Secondo l’agenzia di stampa cinese Xinhua, il 2018 è stato il nono anno consecutivo nel quale la Cina si è posizionata al primo posto come partner commerciale del continente africano, e sfiora i cento miliardi di dollari di volume complessivo”, prosegue: “L’ultimo Forum sulla cooperazione Cina-Africa che si è svolto a Pechino lo scorso settembre è stato una specie di rito di consacrazione della strategia del presidente Xi Jinping nel continente africano. Quasi tutti i capi di stato africani sono volati nella capitale cinese”.Praticamente nell’ultimo decennio l’imperialismo cinese è riuscito a stringere forti legami affaristici con quasi tutti i paesi africani (escluso stando all’artico, il Burkina Faso e il Regno di eSwatini) i quali hanno instaurato un stretto rapporto con Pechino. Impressionante.

Ma ciò che preoccupa i capitalisti occidentali non è solo il fatto economico dell’espansione cinese, ma anche il suo risvolto politico. Sulla spinosa questione di Taiwan per esempio, dove l’isola si considera indipendente dalla Cina mentre Pechino invece la considera come proprio territorio, l’articolo riporta: Dopo la decisione del Burkina Faso, tra i paesi africani a riconoscere Taiwan è rimasto soltanto il minuscolo regno dell’Africa del sud, lo Swaziland, ufficialmente Regno di eSwatini”. In pratica, tutti i paesi africani, escluso appunto il Burkina Faso e il Regno di eSwatini, sostengono Pechino contro Taiwan nella disputa di considerare l’isola territorio cinese. L’espansione della Cina perciò non è solo un affare economico, ma com’è logico che sia, è anche politico.

L’articolo (molto informato) specifica sinteticamente anche gli affari di Pechino in Africa. In breve: Marocco“i cinesi puntano soprattutto al porto Tangeri Med, ma finora la Cina si è aggiudicata i lavori del porto di Kenitra e la linea di Alta velocità tra Marrakech e Agadir”. Algeria: “gli investimenti esteri diretti della Cina (Ide), le infrastrutture costruite da compagnie cinesi sul suolo algerino, l’arrivo di migranti cinesi nel paese”. A novembre 2018 la Cina ha donato 28,8 milioni di dollari all’Algeria come parte del contributo economico e tecnico”. Egitto: “Sarebbero 10 miliardi di dollari gli investimenti diretti esteri nell’anno fiscale 2018-19, nell’anno precedente erano stati “solo” 7,9 miliardi. Sin dal 2017 la Cina è il maggior investitore del canale di Suez, e da anni ormai miliardi di investimenti finiscono nel China-Egypt Suez Economic and Trade Cooperation Zone, zona speciale considerata un “modello” di cooperazione tra i due paesi”. E poi Libia, Sudan, Kenia, e così via.

 

La concorrenza tra imperialismi sul mercato internazionale è destinata quindi, è evidente, ad acuirsi. Non può esistere nel sistema capitalistico armonia, la collaborazione, l’equilibrio, come molti auspicherebbero o vorrebbero. La storia insegna: il capitalismo è caotico, ogni capitalista pensa a se stesso e al proprio interesse di come far soldi senza guardare in faccia nessuno.


 

_________________________________________________________________________________________________________________________

 

 

 

RILEVANTE ESEMPIO DI SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE

I PORTUALI DI

LE HAVRE (FRANCIA)

E GENOVA (ITALIARIFIUTANO

DI CARICARE ARMI DIRETTE

NELLA GUERRA IN YEMEN

 

 

La guerra. Sempre la nefasta guerra! Una piaga che come la peste è sempre pronta a infestare il pianeta, quando si presenta. E quando appare implacabilmente causa decine, centinaia di migliaia di vittime.

Cosa si può fare contro la guerra? “Bisogna eliminarne la causa” direbbe un medico. La causa: tradotto in lingua politica: “bisogna abolire il capitalismo”.

Lenin e i suoi bolscevichi hanno dovuto fare una rivoluzione per fermare una guerra. Questo è anche il nostro obbiettivo.

Ma intanto cosa si può fare contro la guerra?

Nel 2017, dopo il rifiuto da parte dei piloti delle compagnie aeree tedesche (Der kommunistische Kampf n° 23, gennaio 2018) di riportare nei paesi di provenienza i rifugiati politici - dove sarebbero subito stati arrestati e molto probabilmente anche uccisi - un fatto allora di straordinaria solidarietà internazionale, sono ora i portuali francesi e italiani che scendono in lotta contro la guerra.

 

“GUERRA ALLA GUERRA”

Prima al porto di Le Havre in Francia, poi a Genova in Italia i portuali sono intervenuti.

I portuali francesi hanno saputo che un carico di cannoni che dovevano caricare su la nave “Bahri Yanbu” di proprietà dell’Arabia Saudita, sarebbero finiti in Yemen, dove infuria la guerra civile, e naturalmente sarebbero stati usati, certamente anche contro la popolazione civile, come effettivamente sta accadendo. Senza sapere ne se ne ma, i portuali di Le Havre sostenuti da molte associazioni pacifiste, dai sindacati e dalla popolazione locale, con un fenomenale gesto di coraggio e di solidarietà internazionale , si sono rifiutati di caricale i cannoni. La nave saudita è quindi ripartita senza il carico di morte.

 

GENOVA: I PORTUALI

La stessa nave doveva poi imbarcare materiale militare (descritto nei documenti d’imbarco come “merce civile”) anche a Genova in Italia. La notizia che il materiale bellico sarebbe servito ad uccidere anche persone civili in Yemen si è però diffusa velocemente da Le Havre a Genova.

Quindi i portuali genovesi, molti dei quali attivisti dell’importante organizzazione marxista Lotta Comunista, sostenuti sempre da varie associazioni e sindacati, si sono altrettanto categoricamente rifiutati di imbarcare il carico bellico.

La notizia eccezionale dei due fatti contro la guerra si è diffusa rapidamente nei media francesi e italiani. Ma nessun cenno è apparso invece sulla stampa tedesca. Si vuole evitare che fatti del genere si diffondano anche nei porti tedeschi e europei.

Le ultime notizie riportano come i militari e il ministero della difesa francese abbiano al riguardo aperto un’inchiesta per scoprire da dove sia partita la fuga di notizie riguardante il carico bellico segreto destinato alla guerra in Yemen.

Perché il traffico d’armi, la destinazione delle armi, l’uso che ne viene fatto, deve rimanere strettamente all’interno dei vertici dello stato borghese e dei militari, la popolazione ne deve rimanere totalmente all’oscuro.

Loro, le borghesie francese, italiana e tedesca, ma di tutto il mondo: SONO PER LA GUERRA!

 

LE LOTTE HANNO SEMPRE PORTATO RISULTATI,

IL PARLAMENTO NO.

 

 

Chi non conosce il ’68? Le lotte furibonde che il movimento studentesco assieme ai lavoratori hanno sostenuto? I grandi scioperi, le occupazioni delle università e le oceaniche manifestazioni?

Quello è stato un momento, con le università in ebollizione massima e le masse dei lavoratori in lotta, favoloso per la storia della classe lavoratrice, per i giovani, e le donne proletarie. Dove la presenza dei giovani a fianco degli operai è stata molto forte e compatta. 

Il ’68 è stato il risultato di un malessere profondo accumulato nei decenni, dove il forte sviluppo economico non aveva portato un corrispettivo benessere del tenore di vita dei lavoratori dipendenti. I quali nonostante fossero gli artefici di tutta la produzione nazionale, erano supersfruttati nelle fabbriche, vivevano con uno stipendio molto ridotto e praticamente erano i soli a pagare le tasse con un’evasione fiscale borghese molto alta e dove i soldi rimanevano tutti nelle tasche dell’ingorda imprenditoria e finanza.

Il ’68 è stato quindi un gigantesco momento di grandi conquiste. Che 

ha visto le condizioni di vita e i diritti dei lavoratori fare un balzo enorme in avanti, cosa che nei decenni precedenti con il parlamento era proprio impossibile. 

Si è avuto un balzo negli aumenti salariali e contemporaneamente una diminuzione dell’orario di lavoro. Per la prima volta il mondo dei lavoratori e quello studentesco uniti, lottavano assieme su le questioni fondamentali del mondo del lavoro: il posto di lavoro fisso, parità uomo-donna, divieto di licenziamento, incentivi ai giovani, miglioramenti sulle pensioni, sanità per tutti, interventi nel sociale (in Europa anche lotte per l’aborto e il divorzio) e molto altro.

Come detto l’intera massa giovanile era coesa alla classe dei lavoratori salariati.

UN SALTO IN AVANTI SOCIALE NOTEVOLEperciò.

Tutto quello che il parlamento nei decenni precedenti aveva solo promesso, ma mai mantenuto, con le lotte del ’68 è stato possibile realizzarlo. Ancora una volta è stata la lotta che si è incaricata (come sempre nella società capitalistica) di ottenerlo.

Poi sono seguiti gli anni, i decenni, del rilassamento. Com’è naturale che sia, la classe lavoratrice dopo aver raggiunto il necessario per il suo decente sostentamento, si è calmata.

Ed è qui che la borghesia dominante, eterna sfruttatrice, ha ripreso, lentamente ma inesorabilmente, a tessere la sua tela per corrodere, disgregare le conquiste dei lavoratori e giovani, ottenute con grande sforzo e coraggio nelle lotte.

Come? Ma attraverso il parlamento, naturalmente! Servendosi come sempre dello strumento parlamento. Usando il vecchio pretesto di sostenere che si è entrati in un momento di crisi (nonostante l’aumento continuo della produzione nazionale) il parlamento dichiarava  essere arrivato il momento “dell’austerità” e del “risparmio sociale” e quindi erano necessari sacrifici. Legiferava perciò progressivamente contro le conquiste ottenute con le lotte dai lavoratori.

Con questo vecchio trucchetto della “crisi”, nei decenni seguenti, camuffando il tutto con altisonanti necessarie “riforme” che dovevano (e devono) “avvantaggiare” e “agevolare” l’economia (in realtà “le tasche degli imprenditori”) il parlamento con i suoi governi ha diminuito il valore degli stipendi limitandone il recupero di compensazione di fronte all’aumento dei prezzi (inflazione); ha attaccato il posto di lavoro fisso aumentando gradualmente il lavoro precario; ha legiferato abbassando gli stipendi dei giovani inventandosi il “salario d’ingresso”; sono state aumentate sensibilmente le tasse sugli stipendi; si è diminuito il valore delle pensioni e allontanato l’età pensionabile; e si è poi introdotto il famoso Harzt IV. Un attacco persistente e continuo alle condizioni sociali dei salariati e dei giovani. Una politica ben studiata per corrodere quanto conquistato con le dure lotte del ’68.

Anche oggi quindi i lavoratori e i giovani sono sempre nella situazione di scontro frontale contro i padroni sfruttatori. Scontro per difendere i loro interessi dall’attacco congiunto parlamento-governo-padroni. Quindi alla classe produttrice ma sfruttata, con un occhio al passato, non fidandosi della borghesia e del suo apparato di manipolazione, non resta altro, per difendersi, che affidarsi al duro lavoro delle lotte sindacali, degli scioperi, com’è sempre stato nella storia del movimento operaio. Non esiste altra soluzione.

Anche oggi quindi gli scioperi e le lotte non possono altro che continuare, come continua la divisione in classi. Lo scontro classe lavoratrice e padronale prosegue e non potrà mai trovar pace finchè, come Marx realisticamente afferma, con una rivoluzione non si entrerà in una società superiore, socialista. 


 

____________________________________________________________________________________________________________________________

 

 

 

 

 

 

“Ma la rivoluzione è possibile?

 

Rivoluzione possibile per arrivare alla società superiore.

 

La società  capitalistica presenta un’enormità di contraddizioni visibili a tutti e nel suo sviluppo procede a cicli in cui si alternano lunghi momenti in cui la rivoluzione non è possibile a corti, ma intensivi momenti, in cui la rivoluzione è possibile.

Nei lunghi cicli di espansione con relativo benessere, in cui le contraddizioni non sono così acute e sono relativamente limitate, la borghesia che domina la società può senza grossi problemi controllare il proletariato.

Ma ben diversa si presenta la situazione quando arrivano i corti ma particolarmente intensivi momenti in cui gli affari producono crisi acutissime con guerre. In queste situazioni il proletariato viene portato a condizioni estreme con immani distruzioni , fame, innumerevoli morti.

E’ in queste situazioni, come ben visto da Marx e confermato più volte dalla storia, che si creano le condizioni materiali perché il proletariato in massa possa reagire contro la propria borghesia, combattere e arrivare  alla rivoluzione.

Ma perché la rivolta contro i ricchi, perché la rivoluzione abbia successo, ci deve essere nel paese dove il proletariato insorge, la presenza,  già da tempo, di una organizzazione rivoluzionaria sufficientemente estesa che con i suoi quadri rivoluzionari, vale a dire con i suoi esperti in politica rivoluzionaria, possa condurre la  rivolta alla presa del potere, come la rivoluzione russa dell’ottobre con successo ha dimostrato.

Senza il partito rivoluzionario, cioè senza la presenza ramificata di questi esperti, anche se le condizioni materiali per la rivoluzione sono presenti, la rivoluzione stessa non è possibile, come spesso già visto.

 

“Ma come è possibile difendersi  adesso dalla borghesia?”

 

La lotta economica della classe operaia. I sindacati.

 

La classe operaia sfruttata è costretta ad una incessante lotta contro i capitalisti per determinare il proprio salario, i ritmi di lavoro, le coperture sociali (pensioni, sanità, indennità varie, ecc.), le tasse da pagare, ecc.

E’ una lotta inevitabile di contrattazione all’interno del sistema capitalistico, che fa parte del sistema stesso, a cui la classe operaia non può sfuggire.

Questa  lotta economica riformistica non ha nulla a che spartire con la lotta politica operaia rivoluzionaria per conquistare una società superiore senza classi. Ma che però l’un l’altra, inevitabilmente, si intrecciano.

E questa continua lotta di contrattazione contro il padrone esige che i lavoratori per essere il più efficaci possibile siano costretti, su tutto il pianeta, ad organizzarsi in coalizioni sindacali.

E’ ovvio che i lavoratori che aderiscono a queste organizzazioni sindacali (che come detto, ovviamente, non sono organizzazioni rivoluzionarie) rispecchino le idee politiche e religiose delle nazioni a cui appartengono.

Che atteggiamento dobbiamo tenere come partito rivoluzionario rispetto ai sindacati della classe operaia, che sono riformisti e spesso sono diretti da burocrazie legate mani e piedi alla borghesia?

I socialdemocratici rivoluzionari tedeschi di Marx e i bolscevichi di Lenin hanno sempre operato all’interno delle organizzazioni sindacali.

Per due motivi.

Il primo e chiaro motivo è perché il sindacato è un’ottimale situazione dove si possono trovare lavoratori in massa che lottano. Quindi il terreno più favorevole per introdurre le concezioni rivoluzionarie di spiegazione del funzionamento della società capitalistica e come arrivare al suo superamento. E aver modo così di formare specialisti politici comunisti rivoluzionari.

Secondo: gli operai rivoluzionari entrando nei sindacati danno la possibilità, lottando assieme ai lavoratori, di spingere al massimo la lotta di contrattazione contro il padrone per raggiungere gli interessi economici del lavoratore.

Più la lotta sindacale si spinge al massimo e più diventa chiaro al lavoratore in lotta, il ruolo di sfruttatore del padrone, il ruolo borghese delle dirigenze sindacali corrotte, il ruolo dello stato nella difesa, non del lavoratore sfruttato, ma del padrone ricco e sfruttatore.

E questo facilita il lavoro di emancipazione e di formazione politica che il partito rivoluzionario all’interno dei lavoratori deve svolgere.

 


 

__________________________________________________________________________________________________________________________

 

 

 

                ALLEGATO     da Der kommunistische Kampf” aprile 2017

 

 

 

                                                 PERCHE‘ SIAMO LENINISTI E NON STALINISTI

 

 

IN RUSSIA DOPO LA RIVOLUZIONE DEL ’17:

LENIN PARLA DI CAPITALISMO DI STATO

MENTRE STALIN DI SOCIALISMO.

PERCHE’?  DOVE STA LA DIFFERENZA? 

E CHI HA LA GIUSTA VISIONE?

Dopo la rivoluzione di ottobre, Lenin afferma che nella Russia i bolscevichi assieme al proletariato rivoluzionario al potere stanno conducendo una economia non “socialista”, ma a “capitalismo di stato”.

 

 Lenin: “ Il nostro capitalismo di Stato si differenzia assai sostanzialmente dal capitalismo di Stato dei paesi che hanno governi borghesi, proprio perché da noi lo Stato non è rappresentato dalla borghesia, ma dal proletariato, che ha saputo conquistarsi la piena fiducia dei contadini ”

 

  Lenin  “Lettera alla colonia russa nel nord America”    novembre 1922       

 

Perché Lenin afferma questo?

 Lenin: “Comunismo possibile solo dopo rivoluzione internazionale”

“Quando abbiamo iniziato a suo tempo la rivoluzione internazionale, lo abbiamo fatto non perché fossimo convinti di poter anticipare lo sviluppo, ma perché tutta una serie di circostanze ci spingeva ad iniziarla. Pensavamo: o la rivoluzione internazionale ci verrà in aiuto e allora la nostra vittoria sarà pienamente garantita, o  faremo il nostro modesto lavoro rivoluzionario, consapevoli che, in caso di sconfitta, avremo giovato alla causa della rivoluzione e la nostra esperienza andrà a vantaggio di altre rivoluzioni.

Era chiaro per noi, che senza l’appoggio della rivoluzione mondiale la vittoria della rivoluzione proletaria era impossibile. Già prima della rivoluzione e anche dopo di essa pensavamo:  o la rivoluzione scoppierà subito, o almeno molto presto negli altri paesi capitalistici più sviluppati, oppure, nel caso contrario, dovremo soccombere.”

                                                                                    Lenin   1921                                               

 

L’obbiettivo finale della rivoluzione e del proletariato russo quindi, come chiaramente espresso da Lenin, non era certo il “capitalismo di stato” vigente in quel momento rivoluzionario, che era solo una fase, un momento di passaggio, di transizione inevitabile. L’obbiettivo finale  esplicitamente dichiarato è:  “La rivoluzione internazionale!”.

Perché secondo Lenin, solo la rivoluzione internazionale può portare a quella società superiore, cioè al socialismo.

 

Lenin: «L’espressione ‘Repubblica sovietica socialista’ significa decisione del potere sovietico di attuare il passaggio al socialismo, ma ciò non significa affatto riconoscere che l’attuale sistema economico è socialista»

Lenin in “Sull’imposta in natura”, 1921

Lenin: “Non si è trovato un solo comunista, mi pare, il quale abbia negato che l’espressione ‘Repubblica socialista sovietica’ significa decisione del potere sovietico di attuare il passaggio al socialismo (attraverso il capitalismo di Stato, “anello intermedio fra piccola produzione e socialismo”) ma non significa affatto che l’attuale sistema economico sia socialista”.

                                                                    Lenin. discorso alla NEP, 1920

 

Lenin ripeterà un’infinità di volte, fino alla noia il concetto che il “capitalismo di Stato” rivoluzionario russo non significa “socialismo”.

La rivoluzione russa è quindi nella politica leninista – bolscevica e del proletariato russo solo l’inizio di tutta una serie di rivoluzioni.

 

Stalin però non è di questo parere.

 Stalin: “Teoria del socialismo in un paese solo”

«Prima si considerava impossibile la vittoria della rivoluzione in un solo paese, perché si riteneva che per vincere la borghesia fosse necessaria l’azione comune del proletariato di tutti i paesi avanzati o almeno della maggior parte di essi. Oggi questo punto di vista non corrisponde più alla realtà. Oggi bisogna ammettere la possibilità di una tale vittoria [del socialismo in un solo paese, n.d.r.] perché il carattere ineguale, a sbalzi, dello sviluppo dei diversi paesi capitalistici nel periodo dell’imperialismo, lo sviluppo delle catastrofiche contraddizioni interne dell’imperialismo che generano delle guerre inevitabili, lo sviluppo del movimento rivoluzionario in tutti i paesi del mondo, tutto ciò determina non solo la possibilità, ma l’inevitabilità della vittoria del proletariato in singoli paesi.                             Stalin   1925                                                                                                                                            

Per Stalin dunque, al contrario di Lenin, il “socialismo in un paese solo” diventa possibile.

 

Stalin applica una svolta, un radicale cambio di politica improvviso. Come mai questa differenza rispetto a Lenin e, in sostanza, rispetto a Marx?

A questo punto ci si pone il problema di chiedersi che cos’è allora “il socialismo”.

Il concetto universalmente riconosciuto di socialismo (o comunismo) è che è un tipo di società dove: “da ogn’uno secondo le sue capacità, ad ogn’uno secondo le sue necessità” e questo è possibile solo se i prodotti in quel tipo di società non vengono più venduti, commerciati per trarne un guadagno, ma vengono suddivisi tra la popolazione per il benessere comune. Di conseguenza spariscono le classi sociali, sparisce lo sfruttamento, il guadagno, le banche, la concorrenza, ecc.

Ma dopo la rivoluzione russa dell’ottobre, nel tipo di società che i bolscevichi e il proletariato rivoluzionario russo si trovavano a gestire, è noto che i prodotti venivano ancora venduti, commercializzati e non venivano suddivisi tra la popolazione. Di conseguenza continuava a rimanere il proletariato anche se gestiva le fabbriche, la concorrenza, il guadagno, le banche, i sindacati, ecc.

Tutto questo era inevitabile perché l’economia in un singolo paese (o più paesi assieme) è parte di un mercato globale dove per produrre un singolo prodotto, gli elementi che compongono il prodotto (materie prime, macchinari per produrla, pezzi vari, tecnologie, ecc) provengono da un’infinità di nazioni che intercommerciando tra di loro in un continuo vendere-comperare, permettono all’economia di proseguire. La mancanza di parte di questi elementi inevitabilmente, com’è logico che sia,  blocca la produzione non “autosufficiente”  della singola nazione, che di conseguenza velocemente si indirizza verso la rovina, con relative reazioni sociali che ben si possono immaginare.   

Queste elementari basi economiche erano del tutto note ai capi bolscevichi e a Lenin, che infatti ripetutamente precisa “ciò non significa affatto riconoscere che l’attuale sistema economico è socialista».

In questa consapevolezza diventa perciò chiaro il perchè del “Comunismo possibile solo dopo rivoluzione internazionale” . La “Rivoluzione internazionale”  diventa quindi la necessità che permette al mercato di diventare così esteso da essere completamente autonomo nella produzione dei beni.

 

Stalin quando afferma “Oggi bisogna ammettere la possibilità di una tale vittoria” (cioè del “socialismo in un singolo paese”) tace volutamente cosa significhi realmente socialismo nelle sue basi economiche.

E naturalmente tace anche di proposito dell’esistenza di una “fase transitoria” inevitabile a “capitalismo di stato”, come ripetutamente afferma Lenin, come prima fase per poi proseguire verso la “Rivoluzione internazionale” e quindi al socialismo.

A questo punto diventa chiaro che Stalin approfitta del “capitalismo di stato”, cioè della statalizzazione dell’economia raggiunta dai bolscevichi  e dal proletariato russo attraverso la Rivoluzione, per elaborare la sua tesi che questa statalizzazione improvvisamente diventa “il Socialismo” ,  anche se tutte le leggi economiche operavano capitalisticamente.

Anche il fatto che il proletariato russo rivoluzionario fosse al potere viene astutamente usato da Stalin per sostenere che anche per questo motivo si era già in regime  di “socialismo”. Fondamentale per Stalin era tener nascosto che operavano ancora le leggi capitalistiche.

La “rivoluzione internazionale” perseguita dai bolscevichi e da Lenin diventa quindi, nel concetto staliniano, superflua, non più lo scopo finale. E sparisce di conseguenza anche l’obbiettivo di socialismo come suddivisione dei prodotti per il bene comune.

Stalin, per poter poi imporre queste sue tesi, questo suo inganno, dovrà arrivare ad eliminare, anche fisicamente, quasi tutti i capi bolscevichi, veri comunisti, che naturalmente erano a lui contrari. 

Si può quindi tranquillamente affermare, che se l’economia russa sotto Stalin non era socialista,( e non lo era,) ma capitalista, questa economia avrebbe subìto, come logica, tutte le contraddizioni di una qualsiasi altra economia capitalista.

E infatti questo è quello che è avvenuto. 

Stalin, nella lotta di concorrenza capitalistica per allargare la sua sfera di influenza, (come qualsiasi borghese imperialista) si alleerà nel 1938 con l’odiato  nemico nazista Hitler per conquistare e poi spartirsi la Polonia perpetrando massacri inauditi. Poi quando nel (‘41 ?) Hitler gli invade la Russia, Stalin si alleerà con gli odiati imperialisti occidentali Gran Bretagna e Usa, prima sempre ripudiati ed etichettati come briganti e banditi, per poi a guerra vinta, assieme a loro spartirsi imperialisticamente sia la Germania sconfitta, che il resto dell’est Europa.  In questa sua politica nazionalista imperialista, Stalin e la sua cricca continueranno a farsi chiamare “comunisti”, “compagni”, a mantenere la terminologia marxista, in modo da preservare la fiducia  dei lavoratori.

Altri partiti nazionalisti  più tardi, per cogliere la fiducia delle masse, si definiranno “comunisti”,  seguendo l’esempio stalinista del  capitalismo di stato nel cosiddetto “socialismo in singolo paese”. Stiamo parlando di Mao Ze Dong che in Cina nel (?) porterà a termine la rivoluzione borghese contadina.  L’economia borghese  condurrà la Cina  in uno sviluppo capitalistico vertiginoso di durata più che decennale, portando  il paese a diventare una delle potenze imperialistiche più forti al mondo qual è attualmente. Anche la rivoluzione a Cuba sarà di marchio stalinista con nulla a che vedere  con il comunismo.

 

Subito dopo la rivoluzione del ’17 Lenin afferma che “o la rivoluzione [ negli altri paesi - n.d.r.] scoppierà subito (…) oppure nel caso contrario dovremmo soccombere”. Certo Lenin non poteva sapere, ne immaginare, che proprio lo stalinismo sarà la forma politica controrivoluzionaria che farà “soccombere” la rivoluzione russa. Sarà proprio lo stalinismo l’agente controrivoluzionario che farà scomparire l’obbiettivo della “rivoluzione internazionale” come mezzo per arrivare al socialismo e dichiarerà la statalizzazione  delle imprese in regime capitalistico come “socialismo”.  Sarà proprio lo stalinismo che trasformerà la politica internazionalista rivoluzionaria in politica borghese nazionalista, con l’ unico scopo di portare profitti alle imprese statali russe.

 

(“Der kommunistische Kampf” aprile 2017)


 

_______________________________________________________________________________________________________________________

 

 

 

ALLEGATO

 

CHE COS’E’ IL SOCIALISMO?

 

 

 

 

Moltissimi giovani sono interessati e ci pongono in continuazione questa domanda.

La nuova società socialista è il punto fondamentale che muove le aspirazioni delle persone che vivono in questa  società tormentata da mille contraddizioni, crisi e guerre.

E’ normale quindi cercare di capire bene.

 

 

Definizione di socialismo: Il socialismo non è la statalizzazione dei beni di produzione come gli stalinisti, i maoisti e alcune correnti trotzkiste affermano. E’ certamente la statalizzazione dei beni di produzione, ma in un mercato dove i prodotti non vengono più venduti, ma suddivisi tra la popolazione per il benessere comune.

 

Quando si afferma che il socialismo è da ogn’uno secondo le sue capacità, ad ogn’uno secondo i suoi bisogni” ovviamente si intende, ed è universalmente riconosciuto, che questo avviene in un mercato dove le merci non vengono più vendute, commercializzate per trarne un guadagno, dove esistono ancora i lavoratori dipendenti  sfruttati dallo stato nazionalista, il quale per trarre un guadagno vende i prodotti in un mondo pieno di concorrenza, con crisi e guerre, sfruttamento, fame e povertà, ma in mercato dove i prodotti sono suddivisi tra la popolazione per il bene comune.

 

ED E’ POSSIBILE ARRIVARE A QUESTO!

 

Riportiamo al lettore anche una citazione di Engels che ci chiarisce egregiamente il falso socialismo statale nazionalista

(o stalinismo).

 

F. Engels

 

“Di recente però, da quando Bismarck si è dato a statizzare, ha fatto la sua comparsa un certo socialismo falso, e qua e la è persino degenerato in una forma di compiaciuto servilismo, che dichiara senz’altro socialista ogni forma di statizzazione”.

 

 

                                                                                                                                                                                       ”Antidühring” 1878

 

(da “Der kommunistische Kampf”   November 2016)


Email

Visits

Social

Blog

Home